È western, ma non è Tex: il ranger bonelliano secondo Dixon

È western, ma non è Tex: il ranger bonelliano secondo Dixon

È possibile per Tex, dopo settant’anni di vita editoriale, aprirsi a interpretazioni più lontane dal canone tradizionale? Proviamo a dare una risposta in questa lettura di “Cinnamon Wells”, l’ultimo cartonato alla francese di Tex scritto dall’americano Chuck Dixon.

Chuck Dixon è un autore che proprio a digiuno di western non è. Sono svariate le storie a fumetti di tal genere da lui scritte e pubblicate da Marvel Comics sulla collana Savage Tales nei primi anni della sua carriera. Più recentemente poi, per Dynamite Entertainment, ha scritto una miniserie intitolata The Good, the Bad and the Ugly dedicata all’Uomo senza nome, il protagonista della “trilogia del dollaro” di Sergio Leone.

Dixon è altresì un autore che ha già avuto a che fare con l’universo di Tex, avendo scritto una storia breve contenuta nel Tex Magazine #2 con protagonista Kit Willer.
In quella prova lo sceneggiatore statunitense si era ben distinto e dunque non stupisce che a lui sia stato affidato il nuovo cartonato alla francese di Tex in uscita nel mese che ha segnato ufficialmente l’avvio in casa Bonelli dei festeggiamenti per i settant’anni del personaggio.

Con i disegni di Mario Alberti e i colori di Matteo Vattani – entrambi già visti in precedenza sulle tavole di questa collana – Cinnamon Wells è una storia che ha per protagonista un solitario Tex che porta già appuntata sul petto la stella dei Ranger.
Dopo che i due precedenti cartonati, entrambi firmati da Mauro Boselli per soggetto e sceneggiatura, avevano avuto per protagonista un giovane Tex in storie che si ponevano cronologicamente prima della sua avventura d’esordio del 1948, Il totem misterioso, torniamo così a un racconto con protagonista il ranger nell’aspetto più conosciuto dai suoi lettori, quello di un uomo di circa 45 anni maturo ed esperto.

Ma qui si fermano le somiglianze del Tex di Dixon con il personaggio tradizionale e il protagonista di Cinnamon Wells è un Tex abbastanza distante dal canone bonelliano che vive – e questo è giusto segnalarlo da subito – una bella avventura di genere western.

Densità o diluizione?

La distanza alla quale lo sceneggiatore statunitense si pone rispetto alla “normalità” texiana si nota tanto da un punto di vista di approccio narrativo e di sceneggiatura, quanto di “riconoscibilità” del personaggio e in generale dell’uso di antagonisti e comprimari.
La storia è un tipico racconto di vendetta e giustizia (la seconda ovviamente appannaggio esclusivo di Tex) che si sviluppa in un inseguimento nel deserto dell’Arizona e che si conclude con la scontata vittoria del ranger sui suoi nemici.

Dalla sua Dixon ha l’abitudine e l’esperienza dello scrittore di comics statunitense che si materializza nella capacità di sviluppare un racconto completo e concluso in un numero di pagine limitato. Tale caratteristica si era già evidenziata nella storia breve del Magazine e questo nuovo cartonato conferma la capacità di sintesi dell’autore, che condensa in poco più di 40 pagine un racconto sviluppato in ogni sua parte e dunque tecnicamente riuscito.

Anche i dialoghi secchi, taglienti, precisi e ridotti all’osso fanno emergere l’estrema abilità dello sceneggiatore per le storie dure e realistiche, che già aveva dimostrato nelle sue gestioni di personaggi come Batman e il Punitore.

Queste caratteristiche fanno di Cinnamon Wells un bel racconto western, di quelli che racchiudono tutti gli elementi fondamentali del genere e necessari per una classica buona riuscita: un estremo realismo, un ritmo elevato, personaggi ben distinti tra buoni e cattivi, tanto piombo caldo, sole rovente del deserto e poca acqua. Ma il punto è che il protagonista della storia potrebbe essere Tex come un qualsiasi altro ranger esperto pescato nella letteratura di genere.

Prima di concentrarci sull’interpretazione dixionana di Tex, riflettiamo sulla suddetta distanza narrativa rispetto al canone.

Le pagine di Cinnamon Wells mancano di quella densità narrativa che ben conoscono i lettori texiani (e, più in generale, bonelliani), qualità  fondamentale – paritetica alla ricerca dell’estrema chiarezza di racconto –da sempre pretesa da Sergio Bonelli per le sue pubblicazioni e che come conseguenza ha un tempo di lettura importante.
Densità narrativa che Boselli ha saputo trasportare anche nel formato di Tex alla francese, attraverso tutta una serie di invenzioni ed espedienti con le quali ha ovviato al ridotto numero di pagine a disposizione rispetto a quella della serie mensile per fornire un’esperienza di lettura a essa analoga.

Accanto a questa densità, l’altra caratteristica presente fin dal 1948 nelle storie di Tex è la costante complicazione progressiva della trama, elemento riportato in primo piano in questi anni di gestione boselliana del personaggio e che spesso si accompagna a un intreccio complesso e variegato, fatto di sottotrame che si affiancano e si sovrappongono, per poi trovare un chiaro e coerente scioglimento nel finale delle storie.

Questi due fattori narrativi sono lontani dalle pagine scritte da Dixon che contengono un racconto in cui la fa da padrona un’estrema velocità di lettura dettata una trama estremamente lineare e da una densità narrativa estremamente diluita. Basti pensare che la storia è strutturata in circa quattro o cinque sequenze composte da una decina di scene connesse le une alle altre senza soluzione di continuità. Da parte sua, per esempio in Giustizia a Corpus Christi, Boselli era stato capace di comprimere nelle 44 pagine a disposizione una quantità di scene suddivise in sequenze quasi pari a quelle delle 128 pagine delle storie contenute nel mensile, senza perdere in chiarezza e in efficacia.

Questa differenza che non inficia assolutamente la qualità narrativa della storia di Dixon, certo la pone distante da un canone che, seppur declinato in nuove forme recentemente, resta sempre un tratto tradizionale e riconosciuto delle avventure di Tex.

Altro elemento che segna uno spazio tra Dixon e il canone è la sua interpretazione di Tex o, per essere più precisi, la scelta di privare il ranger di un aspetto fondamentale che ne determina la riconoscibilità.

Evitando anticipazioni che possono togliere il gusto della lettura, è evidente che in ben due passaggi della storia Tex appare fallibile agli occhi del lettore, senza la tipica padronanza dei vari aspetti della situazione e dunque incapace di anticipare quello che può accadere.
Questo è un aspetto assolutamente lontano dalle caratteristiche classiche del ranger che sempre di più, nel corso della sua carriera, è andato assumendo le caratteristiche di infallibilità e invulnerabilità tipiche del classico paradigma supereroico americano della Golden Age, che hanno portato in più di un’occasione a indicare Tex come il Superman del western.

Allo stesso modo l’uso e la scrittura di comprimari e antagonisti all’interno della sceneggiatura segnano uno scarto rispetto alla maggior parte della produzione texiana degli ultimi venti anni, quella di Mauro Boselli in special modo.
Cinnamon Wells è come detto un’avventura in solitaria di Tex, ma anche quando quest’ultimo non è affiancato da Kit Carson e dagli altri suoi pard, è solito vivere avventure nelle quali i comprimari giocano ruoli importanti nello sviluppo narrativo e godono di una sfaccettatura caratteriale approfondita, che Boselli utilizza in particolare per la valorizzazione degli antagonisti, da sempre fiore all’occhiello della sua scrittura.

I criminali che si trova a fronteggiare Tex, che agiscano da soli o in posse, sono connotati da una forte caratterizzazione psicologica, da un nutrito campionario di gesti, comportamenti e pensieri che li rendono tridimensionali, umani ed evitano loro il ruolo di malvagi monodimensionali atti unicamente a esaltare l’eroe. Spesso Boselli nelle sue storie è capace di dare vita a un bandito o un razziatore dedicando lui solo poche vignette, imprimendone la figura nella mente del lettore.

Dixon invece fa degli antagonisti di Tex in Cinnamon Wells delle semplici figure, anche chiamarli personaggi è eccessivo, il cui scopo è quello del mero ingranaggio narrativo.
Il pistolero criminale con cui Tex condivide buona parte della vicenda risulta un mero cliché di sceneggiatura, un’occasione persa se paragonato a molti dei personaggi che mensilmente riempiono le pagine texiane e che restano nella memoria degli appassionati anche se a loro è dedicato il solo spazio di una avventura.
Di contro, il vicesceriffo che innesca la vicenda ha i contorni di un personaggio meglio costruito, pur nella veloce parabola della sua presenza nelle pagine.

Chiaramente, questo aspetto fa parte di una precisa scelta narrativa di Dixon che, data la sua esperienza di scrittura, sicuramente ha deciso volontariamente per lasciare sullo sfondo i personaggi attorno al protagonista, per dare più spazio alle dinamica action della vicenda e, in parte, a Tex stesso.

Un segno esplosivo

Anche l’impostazione del lavoro grafico di Mario Alberti sulle tavole della storia è significativa se letta in rapporto all’approccio “apocrifo” di Dixon rispetto alla narrazione bonelliana.
A differenza di quanto avvenuto su Frontera – la prima avventura del Tex alla francese disegnata da Alberti nel 2015 – nella quale il disegnatore si era misurato con la ferrea sceneggiatura tipica di Boselli, qui si nota da subito una maggiore libertà di scelta dettata sicuramente da un modo di sceneggiare statunitense, in cui al disegnatore vengono lasciati ampi margini di interpretazione.

Laddove nella storia pubblicata nel 2015 la classica griglia bonelliana si leggeva in trasparenza nelle varie tavole, seppur modificata, spezzata ed esplosa in più di una occasione per adattarsi al nuovo formato editoriale (da ricordare che Boselli era solo all’inizio del suo percorso di adattamento della narrazione bonelliana e texiana al formato inedito alla francese e stava sperimentando varie soluzioni), in Cinnamon Wells l’impostazione delle pagine è assolutamente libera.

Alberti opta per una composizione delle tavole alla francese, cioè un gioco di incastri tra vignette orizzontali e verticali, di dimensioni varie, per modulare il ritmo del racconto e la velocità.
A questa struttura inframezza immagini a tutta pagina scontornate sulle quali giustappone vignette a gabbia libera, oltre alle sue tipiche pagine doppie nelle quali una grande immagine fa da sfondo a una sequenza di vignette da leggere tradizionalmente da sinistra a destra per ciascuna pagina (soluzione adottata anche in Frontera).

Il segno rimane quello tipico di Alberti, nervoso, esplosivo, schizzato anche più del solito. A differenza di Frontera in cui si era occupato anche della colorazione, il disegnatore pare optare per una scelta grafica che privilegia sfondi e figure definiti da pochi segni e linee, con ampie campiture a disposizione delle modulazioni cromatiche.

Come dimostrato in precedenti occasioni, il colorista Matteo Vattani è dotato di una notevole sensibilità cromatica nonché del talento di riuscire a rendere in modo altamente realistico i colori dei paesaggi naturali, in special modo del cielo, diurno o notturno che sei.
Il lavoro su Cinnamon Wells conferma l’abilità di Vattani che sceglie una palette cromatica quasi completamente virata ai colori dell’ocra, del giallo e del rosso per rendere i colori del deserto in cui si svolge la maggior parte della vicenda. Anche il colore della pelle dei visi e degli indumenti fa riferimento a questi toni, a rendere la patina di polvere che naturalmente si deposita su chi ha a che fare con tale scenario naturale.
Nelle scene in notturna il registro cromatico gira completamente verso la scala dei grigi e dei blu, trasmettendo la sensazione di freddo dettata dal calo di temperatura e la mancanza di luce che ammanta i colori di ogni oggetto. In queste sequenze tutto resta completamente riconoscibile – come ad esempio la camicia gialla di Tex – ma al contempo la luminosità e la cromia di ogni cosa si abbassano di grado.

Cinnamon Wells è, a conti fatti, un racconto di Tex atipico ma nonostante ciò riuscito. L’azzeccato finale contribuisce all’efficacia di una storia che calza benissimo al formato editoriale.
I cartonati alla francese di Tex servono anche a esplorare nuove strade narrative e autori atipici rispetto al canone tradizionale. Quella di Chuck Dixon è una prova più vicina a quella di Eleuteri Serpieri nel primo numero della collana, sebbene quel Tex resti davvero altro, quasi quello di una realtà parallela, rispetto al personaggio conosciuto dai lettori.

Il ranger di Dixon è il protagonista di un western tipicamente statunitense e per tale motivo potrebbe ben essere usato dalla Bonelli per esplorare nuovi orizzonti di mercato, dopo quello francese. Per esempio, gli USA (in parte già “esplorati” attraverso la pubblicazione in inglese del texone di Joe Kubert) dove il western italiano di Tex non ha mai trovato riscontro soddisfacente.
Il Tex dixoniano potrebbe provarci.

Abbiamo parlato di:
Tex – Cinnamon Wells  (Tex Stella D’Oro #28)
Chuck Dixon, Mario Alberti, Matteo Vattani
Sergio Bonelli Editore, settembre 2018
56 pagine, cartonato, colori – 8,90 €
ISBN: 977182509900580028

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