Qualche giorno fa, per preparare un incontro di meditazione, ho letto alcune pagine di un libro del maestro indiano Osho, Liberi di Essere (ed. Mondadori), in cui viene acutamente descritta la differenza tra reazione e risposta alle tante situazioni che ci si presentano giornalmente.
In sintesi, la reazione è inconsapevole, meccanica, non creativa, basata quasi esclusivamente sulle conoscenze passate e sulle abitudini. La risposta è creativa, intuitiva e libera, non-condizionata, realizzata da una persona “risvegliata”, in altre parole pienamente consapevole nel qui e ora, secondo la tipica concezione zen.
Osho racconta anche una storiella divertente, di come un uomo molto scaltro trovi il modo di vendere un’assicurazione sulla vita a una ricchissima signora che non si faceva avvicinare da alcun assicuratore. L’uomo ci riesce grazie alla sua intelligenza e lavorando esclusivamente sulle reazioni stereotipate e prevedibili della ricca signora. Se le persone si muovono attraverso processi non innovativi ma prevedibili, basta trovarne la chiave di lettura per controllarle. Esponenzialmente, per controllare il mondo.
Roberto Recchioni, in Dylan Dog #341, parte dallo stesso presupposto per mettere in scena il nuovo arcinemico dell’Indagatore dell’incubo, John Ghost. Costui potrebbe essere l’astuto uomo che vende l’assicurazione sulla vita alla ricca signora, ma il cui campo da gioco è l’intero pianeta. Tutto ciò facendo leva, inutile dirlo, sulla stupidità umana o, con più accortezza, su uno dei meccanismi più potenti che regolano la nostra vita e la nostra presunta libertà individuale: l’abitudine.
È ormai noto che da qualche mese su Dylan Dog è in atto un rilancio editoriale molto pubblicizzato che ha l’ambizione di rinnovare il personaggio, attualizzarlo e superare un’impasse creativa ormai decennale. Le prime storie di questo progetto sono state assai deludenti, perché non hanno mostrato alcun reale cambio di direzione e si sono appoggiate su idee e, soprattutto, sviluppi narrativi imbalsamati e meccanici.
Posso dire senza ripensamenti che il numero 341 mostra invece elementi decisamente diversi che, senza gridare al miracolo, permettono al lettore di tirare un sospiro di sollievo.
La sceneggiatura di Recchioni è lineare, dinamica e misurata. L’autore romano, pur mostrando i segni tipici del suo stile iperbolico e anti-verosimile, conduce la storia alla sua conclusione con alcuni passaggi divertenti e coinvolgenti, in grado di porre solide basi per gli scenari futuri della serie.
Sorretto dagli ottimi disegni di Angelo Stano e Daniele Bigliardo, Recchioni si arrischia in territori non certo facili, intanto perché mette Dylan Dog direttamente a confronto con le contraddizioni della tecnologia, che sono proprie del protagonista (Dylan è stato fin qui ideologicamente contrario a ogni forma di innovazione tecnologica recente) e socio-economiche (lo sfruttamento di manodopera a basso costo per il ricco mondo occidentale), e poi perché gioca al rialzo sul piano del contesto in cui si muovono le storie della serie.
Il secondo punto è decisamente il più interessante: John Ghost è l’attore principale di uno scenario reazionario in pieno stile dietrologista, dove il nemico vero è il sistema socio-politico occidentale, qui incarnato da una monarchia anglosassone decisamente disturbante e aliena.
Divertente e pienamente riuscito anche il riferimento metafumettistico all’autore britannico Alan Moore, coerentemente rappresentato come una sorta di santone della creatività, in grado di fondere innovazione ed esoterismo.
Per queste ragioni, e per il ritmo generale della sceneggiatura, che rimane sempre godibile e condotto con giocosa ironia, la lettura risulta piacevole e sopra la media delle storie dell’Indagatore dell’incubo degli ultimi anni.
Lo stesso giocoso divertimento sembra trasparire dai disegni di Stano e Bigliardo, che curano ogni tavola con equilibrio, con espressività e con un ottimo bilanciamento tra realismo e sintesi, dove a dominare è l’attenzione alle “inquadrature” di ogni vignetta. La messa in scena dei personaggi, grazie allo stile dell’inedita coppia, media scena dopo scena tra la necessità di una resa spettacolare tipica delle narrazioni complottistiche, e la semplicità dei siparietti comici propri della commedia brillante.
Nonostante questi semi narrativi decisamente ricchi, Al servizio del caos mostra anche alcuni limiti.
In particolare, il soggetto alla base della vicenda è troppo esile e inconsistente. L’indagine da cui tutto ha origine è risolta in modo troppo sbrigativo e “sospetto”. Nuovamente, come nei precedenti numeri, si avverte uno squilibrio eccessivo tra i motivi esterni alla storia (volontà e progettualità editoriali) e le dinamiche interne. La credibilità della vicenda e il suo senso vengono parzialmente inficiati da tali semplificazioni, al punto che viene in parte messa in dubbio la stessa intelligenza dei personaggi, in particolare quella del protagonista.
Anche le riflessioni e gli “assiomi” sociologici che fanno da impalcatura alla storia, per quanto possano risultare stimolanti e innovativi rispetto a quanto abituati a leggere sul Dylan Dog degli ultimi anni, appaiono in definitiva fin troppo semplicistici e riduzionisti.
Chiedendo venia per l’analogia fin troppo facile, l’impressione è che Recchioni voglia assumersi il rischio di giocare al Grant Morrison più mainstream all’interno di una delle testate italiane più celebri, e immobili, degli ultimi anni. L’approccio iconoclasta ma rispettoso del senso originario del personaggio; la volontaria ambiguità tra sospensione dell’incredulità e sua rottura in chiave metanarrativa; lo scenario britannico che si affaccia al mondo intero, con derive fantapolitiche in chiave complottistiche, ecc.
Recchioni sembra voler attingere ad anni di letture di questo tipo prodotte negli Stati Uniti grazie alla cosiddetta British invasion, di cui appunto Morrison rappresenta uno dei suoi massimi esponenti.
Non sarà facile essere all’altezza di questo ruolo, per quanto la retorica autoriale propria del fumetto seriale possa sempre risolvere la questione in un semplice “abbiamo scherzato”. Personalmente spero nel processo inverso, e quindi in un progetto strutturato che costringa autori, editore e personaggi a un progressivo innalzamento della posta in gioco e del rischio. I semi questa volta potrebbero essere buoni.
Sperando che sempre più lettori consapevoli si preparino a generare risposte creative piuttosto che reazioni stereotipate a queste storie.
Abbiamo parlato di:
Dylan Dog #341 – Al servizio del caos
Roberto Recchioni, Angelo Stano, Daniele Bigliardo
Sergio Bonelli Editore, febbraio 2015
98 pagine, brossurato, bianco e nero – € 3,20