Se si parte dal titolo, pressoché intraducibile nella nostra lingua, si comprende immediatamente la natura geniale e innovativa dell’autore. Il rarebit, meglio conosciuto col nome di Welsh rarebit, è sostanzialmente un pezzo di pane con sopra del formaggio squagliato: una prelibatezza per i buongustai, ma al tempo stesso una cosa al limite della digeribilità per lo stomaco umano. Fiend letteralmente può essere tradotto come demone, ma può voler indicare anche una persona che ha un’abitudine o una dipendenza sconveniente, come il tabacco, l’oppio, ecc. A questo punto è chiara l’intenzione ironica di McCay che paragona un’abitudine alimentare a dei comportamenti pericolosi o comunque nocivi.
Al tempo stesso, il titolo è anche un modo per mettere in chiaro che i crostini gallesi rappresentano contemporaneamente, in un caso molto probabilmente unico nella storia dei fumetti, lo spunto per la narrazione, il protagonista e il colpo di scena finale. Anche se quest’ultimo alla lunga diventa sempre più telefonato.
Tuttavia va sottolineato che Winsor McCay è stato uno dei pionieri della nona arte, sperimentatore sia nelle tematiche che nelle tecniche, e l’importanza delle sue opere è fondamentale nella comprensione delle dinamiche che hanno portato allo sviluppo del fumetto. A furia di sperimentare è approdato con i suoi personaggi anche ad altre forme d’arte e di intrattenimento come il cinema. Dalla stessa saga dei mangiatori di crostini ha, infatti, realizzato quattro cartoni animati nel 1921. A tale proposito è interessante segnalare come Dream of the rarebit fiend è stato portato sul grande schermo già nel 1906 da Edwin S. Porter, una delle menti più brillanti del cinema delle origini, già regista di The Great Train Robbery.
McCay realizza questa opera a partire dal 1904 sull’Evening Telegram di New York, dove lavorava sotto lo pseudonimo di Silas. La striscia non ha personaggi fissi, ma segue uno schema ricorrente ben definito. Il protagonista si trova di volta in volta, per undici vignette, in una situazione drammatica, ridicola o in ogni caso strana, mentre nell’ultima si sveglia e si rende quindi conto che si è trattato solo di un sogno, la cui causa derivava dal fatto di aver mangiato in precedenza i famosi rarebit gallesi.
Le storie mirano ad avere una chiara matrice umoristica, mettendo in ridicolo o in imbarazzo tipologie di persone e abitudini proprie dell’inizio del secolo scorso. Per queste ragioni è quindi facile riscontrare anche una presa di posizione morale rispetto alle evoluzioni della società. Alcuni hanno voluto vedere anche una critica sociale, nei confronti di una classe media frivola e “viziosa”, ma questa è una tesi tutta da dimostrare o che quantomeno non è giustificabile per la totalità delle strisce.
Da un punto di vista tematico, più che stilistico, questo fumetto precorre il successivo e più famoso personaggio dell’autore, Little Nemo. In primo luogo, infatti, è già qui presente la dimensione del sogno e dell’onirico che verrà sviluppata successivamente in maniera esemplare. Tuttavia, alcune convenzioni formali che oggi diamo per assodate, ma che nel 1904 non lo erano affatto, come la frammentazione della storia e la consequenzialità delle vignette, nascono e prendono vita da opere coraggiose e innovative come questa.
Pero’, forse rispetto a Little Nemo le tematiche sono in qualche modo più adulte e la comicità si basa sulla sorpresa e sull’imbarazzo che colgono l’uomo medio di fronte a una situazione poco probabile. Le trasformazioni bizzarre che subiscono i corpi e gli oggetti, le scene grottesche e terrificanti e l’umorismo, talvolta cinico e talvolta amaro che chiude la tavole, non sarebbero altro che dei pretesti che l’uomo della strada trova per ridere di se stesso. Per questo la storia si chiude sempre col personaggio principale che risvegliandosi passa dalla paura al sollievo nello spazio di una sola vignetta.
Persone che guardando dentro se stesse, invece di cercare di comprendere e combattere i propri timori, vedono solamente, e anche fuor di metafora, i crostini gallesi.
La lettura di questo fumetto è gradevole ed esso esprime la fantasia e la versatilità di una delle menti artistiche più brillanti che si siano mai cimentate nel fumetto. Va quindi dato merito alla casa editrice Free Book che ripropone l’opera in una preziosa confezione cartonata dove le tavole sono in pratica identiche alla versione originale. L’unica nota stonata è il prezzo: da qualunque punto di vista la si guardi, cinquanta euro sono davvero tanti.
Riferimenti
Il sito della Free Book: www.free-books.it
Wikipedia su McCay: en.wikipedia.org/wiki/Winsor_McCay
Winsor McCay su YouTube: www.youtube.com/watch?v=kcSp2ej2S00