Dopo che, nel 2020, Gene Luen Yang si era aggiudicato con Dragon Hoops l'Harvey Award come Miglior libro dell'anno, l'autore ha fatto il bis agli Eisner Awards nel 2021 portandosi a casa il premio nella categoria Miglior libro per adolescenti con questa graphic novel che è insieme romanzo di sport e di vita.
Il passo più importante, ma anche il più complicato da muovere, è sempre il primo. Quel movimento che dopo qualche secondo di sbilanciamento può portare ad una nuova e rinnovata stabilità, tanto nella vita – un nuovo lavoro, una nuova situazione famigliare – quanto nello sport, dove è il primo passo a portare, tra un misto di eccitazione e paura, i giocatori in campo ed è il primo movimento di un terzo tempo che può determinare il punto decisivo per la vittoria.
Dragon Hoops è, prima di ogni altra cosa, una storia di primi passi.
Dopo il tempo e l'impegno riversato nei suoi ultimi lavori, Gene Luen Yang viene colto da un improvviso blocco dello scrittore, ritrovandosi intrappolato in un loop di indecisione ed impotenza che va ad intaccare ogni sfera della sua vita: il suo lavoro da insegnante/fumettista part-time (ma è pronto per il grande salto in una major?) e la famiglia, dove moglie e quattro figli sembrano subire questi suoi tentennamenti, sono solo i principali nodi di una intricata matassa che inizia a sbrogliarsi grazie all'incontro con Lou, ex compagno di college e ora coach della squadra di basket dello stesso.
La proposta del vecchio amico di mettere su carta il viaggio degli O'Dowd Dragons verso l'auspicata vittoria del campionato, trofeo che da tempo manca nell'istituto di Oakland, in California, è la scintilla che accende pian piano l'animo dell'autore, portandolo a scrivere e disegnare un'opera mastodontica – stiamo parlando di un volume di oltre 450 pagine – che si muove liberamente nel tempo, nello spazio e nelle tematiche trattate, così che quella che doveva semplicemente essere la “last dance” dei ragazzi della Bishop O'Dowd, l'ultimo tentativo degli studenti dell'ultimo anni di aggiungere una coppa in bacheca, lentamente cangia, diventando uno dei più fulgidi esempi di giornalismo grafico degli ultimi anni.
Come Forrest Gump raccontava la storia degli Stati Uniti usando come espediente narrativo la vita del protagonista, lo stesso fa Dragon Hoops: i Dragons, attraverso le interviste di Gene Luen Yang, si trasformano involontariamente in dei ciceroni che fanno da guida al lettore illustrando le possibilità e le varie contraddizioni che animano una società multietnica e multiculturale come quella americana, della quale il melting-pot della squadra liceale è a tutti gli effetti una sorta di rappresentazione in scala.
Dalla nascita del basket a Springfield per mano di James Naismith ai problemi di integrazione – tanto a scuola quanto in squadra – di un ragazzo di origini asiatiche, dall'ascesa e declino della pallacanestro in Cina all'evoluzione e prosperare dello sport femminile, qualsiasi argomento viene trattato senza soluzione di continuità con il passare dei capitoli, in un racconto complesso ma sempre in grado di stemperare la possibile pesantezza di argomenti più impegnati alternandoli con partite di basket, scene più leggere e sempre permeando l'intera narrazione di un sottile filo di ironia e comicità.
La capacità di questa storia sta nel far compiere nel lettore meno informato, o in quello più curioso, lo stesso percorso dell'autore/protagonista: se nelle prime pagine Yang si presenta come disilluso e accetta di scrivere della squadra quasi controvoglia, sapendo oltretutto poco o nulla del basket, e un passo per volta si appassiona alle storie di quelli che ormai sono anche i “suoi” ragazzi, approfondendo le loro origini e ascoltando le partite per radio, allo stesso modo chi stringe tra le mani il volume (la cui copertina richiama al tatto la texture di una palla da basket, per aumentare l'immersione anche a livello sensoriale) si scopre desideroso di indagare sulla figura controversa di Gandhi o di cercare su YouTube la prima schiacciata di Georgeann Wells.
Questa sapiente e ben dosata commistione di graphic journalism e romanzo di formazione viene accompagnata da disegni freschi e moderni, pop come solo le recenti produzioni di Cartoon Network e i personaggi nati dalla matita di Brian Lee O'Malley sanno essere. Dragon Hoops è ben lontano come stile dalle rappresentazioni dello sport su carta più famose, distante dalle figure slanciate e iperrealistiche dello Slam Dunk di Takehiko Inoue e dal fitto tratteggio e linee cinetiche di Haruichi Furudate in Haikyuu!, eppure le figure di Luen Yang, nonostante sembrino uscite dalle pagine di Scott Pilgrim, riescono a rendere tanto avvincenti e dinamiche le azioni all'ultimo canestro sul parquet quanto seri e profondi i molti momenti introspettivi che popolano il volume – in questo una nota di merito va data al lavoro ai colori svolto dalla colorista Lark Pein, in grado di esaltare e rendere vivo e vivido anche uno stile apparentemente semplice ed essenziale come quello di Yang.
Dragon Hoops arriva in un momento fortunato – per quanto fortunato possa essere un momento come questo – per il basket, con la riedizione in fumetteria del sopracitato Slam Dunk e con la docuserie The Last Dance tra le più viste su Netflix, e si inserisce proprio nel solco tracciato da queste due opere, usando il basket come cornice per raccontare un messaggio universale più grande, entrando di diritto in quel novero di opere da avere, e avere letto, indipendentemente dal fatto che si sappia o meno cosa sia un alley-oop.
Abbiamo parlato di:
Dragon Hoops
Gene Luen Yang, Lark Pein
Traduzione di Annalisa Zignani
Tunuè, ottobre 2020
448 pagine, brossurato, colore – 24,90 €
ISBN: 978-8867904013