L’uomo che c’è dentro la mia bocca sono io? La mia vera forma? Perché su di me la magia non ha effetto? Non riesco a sopportare il fatto di non ricordare nulla.
Dorohedoro è l’opera più famosa di Kyu Hayashida. La serie, di cui deve ancora uscire il volume conclusivo, narra le vicende di Cayman, uno strano personaggio con la testa di rettile che non ricorda nulla del suo passato.
Il singolare protagonista del manga, che ospita all’interno della sua bocca un individuo sconosciuto, si muove per le strade di Hole, una città decadente dove le persone comuni sono usate dagli stregoni come semplici bersagli su cui fare pratica per affinare i propri poteri magici. Ad affiancare Cayman nella sua bizzarra avventura c’è Nikaido, giovane ragazza dal cuore d’oro abilissima come cuoca ma anche come lottatrice.
La trama, che a primo acchito può risultare abbastanza originale ma non eccessivamente profonda, in realtà nasconde molto di più.
L’autrice, che ama firmarsi Q Hayashida, decide di spiazzare tutti fin dalla prima vignetta, stravolgendo qualsiasi aspettativa del lettore per sorprenderlo in modo costante pagina dopo pagina; infatti Dorohedoro non appartiene a un genere preciso, semplicemente perché l’intera opera è un mix riuscito di vari generi e sottogeneri che spaziano dall’horror al fantascientifico, dal comico al mystery, dal cyberpunk al gotico. Anche fuori dal mondo dei manga, poche opere decidono di osare così tanto, dato che quasi sempre l’eccessiva varietà di situazioni e influenze regala al lettore un senso di spaesamento. Dorohedoro è l’eccezione che conferma la regola.
Nella testa di noi stregoni c’è un piccolo neoplasma. Ha la forma di un demone e rivela la nostra vita…
Il lavoro svolto dall’autrice è ricco di spunti interessanti, dato che ogni elemento, per quanto apparentemente inverosimile o semplicemente fuori contesto, trova invece il giusto spazio all’interno del manga; le vicende non si svolgono solo nella città di Hole, dato che anche il mondo degli stregoni gioca un ruolo fondamentale all’interno della storia.
Hayashida, oltre a trattare il tema del divario sociale tra ricchi e poveri tipico della fantascienza, si è anche sbizzarrita nel citare e rielaborare alcuni elementi tipici della demonologia cristiana, spaziando dal numero 666 alle croci rovesciate, per arrivare a mostrare l’Inferno e vari demoni in carne e ossa.
Il mondo degli stregoni, legato a doppio filo con l’aldilà infernale, è comunque un ambiente ricco di vita e di posti da visitare, la cui rappresentazione sorprende soprattutto per la cura maniacale riposta dall’autrice nella costruzione di questo folle universo popolato anche da vere e proprie celebrità come En, mago potentissimo capace di tramutare chiunque in funghi (un potere decisamente strano).
Il lettore si trova così davanti a un mondo estremamente complesso e ricco di sfaccettature, dove gli stregoni, oltre a visitare liberamente Hole quando lo desiderano grazie a varie porte magiche, organizzano periodicamente eventi di vario tipo come la Blue Night, una sorta di grande combattimento tutti contro tutti dove i vari maghi possono scegliere un partner per affrontare in futuro le missioni più pericolose.
Ma questa è solo la punta dell’iceberg, perché il visionario universo creato da Q Hayashida nasconde molto altro, a partire dai personaggi, caratterizzati in modo dettagliato.
Chissà se noi e gli stregoni condividiamo lo stesso cielo?
Nel manga, anche se il mistero del viso di Cayman è uno dei punti fondamentali su cui ruota l’intera opera, non esiste un solo e unico punto di vista, dato che l’autrice ha deciso di raccontare gli eventi focalizzandosi di volta in volta su personaggi diversi. In questo modo, antagonisti come Shin e Noi (i sicari di En) nel giro di pochi numeri si trasformano in protagonisti assoluti, per poi lasciare il posto a loro volta ad altri comprimari come la stralunata Ebisu o l’iperattivo Chota.
Questa struttura funziona molto bene, anche se in alcuni punti il manga sembra perdere di vista la storia principale per focalizzarsi eccessivamente sulle varie sottotrame, donando all’opera una progressione a tratti caotica.
Alla fine, comunque, il desiderio di Cayman di scoprire chi era in passato apre la strada a uno degli innumerevoli temi del manga: la ricerca del proprio io interiore.
Non mi importa più chi sono. Forse è meglio… se non me lo ricordo.
Cayman rappresenta letteralmente il binomio buono/malvagio, dato che sa essere cordiale con tutti ma anche estremamente spietato, senza sapere se sta uccidendo un colpevole o un innocente.
Questo macrotema viene affrontato su più livelli, a partire dalla contrapposizione tra Hole e il mondo degli stregoni, riassunto nelle vicende passate di Shin. Anche la stessa Nikaido, uno dei personaggi più positivi del manga, nasconde in realtà un segreto, portando continuamente il lettore a interrogarsi sulla vera natura di tutti i personaggi.
La ricerca spasmodica della propria identità è quindi una costante all’interno dell’opera e, progredendo nella lettura, si capisce che nel mondo di Dorohedoro non esistono buoni o cattivi, ma solo differenti punti di vista.
Il Dottor Kasukabe, raffigurato come un genio altruista e cordiale, incarna perfettamente questo concetto, dato che in più di un’occasione afferma di non agire per il bene collettivo, lasciando al lettore la libertà di interpretare le sue azioni in maniera positiva o negativa.
Altro tema fondamentale è quello dell’amicizia; profonda e sincera quella tra Cayman e Nikaido, più brutale ma comunque intensa quella tra Shin e Noi, scanzonata e divertente quella tra Ebisu e Fujita.
Ti prego… se devo morire… almeno fammi morire da stregone.
Q Hayashida sorprende anche dal lato tecnico, grazie a uno stile grafico capace di mescolare insieme varie influenze e in grado, da solo, di catturare l’attenzione del lettore.
La città di Hole, ricreata seguendo uno stile vicinissimo alla fantascienza post apocalittica dove il degrado assoluto è presente in ogni angolo, riesce a stupire grazie a un particolarissimo design delle strutture urbane quasi accartocciate su se stesse in maniera del tutto simile a quanto visto in varie opere del mangaka Tsutomu Nihei.
Il tratto sporco e sgraziato riesce a catturare ogni dettaglio in maniera impeccabile; a prima vista ogni disegno sembra poco più che un artwork in una fase intermedia, ma in realtà sia i personaggi che gli ambienti sono ricchi di particolari, con una nota di merito per tutte le maschere indossate dagli stregoni, elaborate e stravaganti.
Le scene d’azione contengono abbondanti dettagli splatter, presenti praticamente in ogni scontro, estremizzati in alcuni casi dai devastanti poteri magici dei vari personaggi.
Nel mondo degli stregoni, raffigurato in modo meno decadente rispetto a Hole, i demoni giocano un ruolo fondamentale anche dal punto di vista grafico; infatti nella prima parte della storia, quando il loro spirito a tratti goliardico è ancora avvolto dal mistero, risultano semplicemente inquietanti e pericolosi, quindi perfettamente integrati nell’atmosfera oscura e disturbante della città.
In definitiva, Q Hayashida è riuscita a gestire ogni particolare in modo quasi perfetto dimostrando una cura estrema per i dettagli, dato che in mani meno capaci un intreccio di influenze così diverse avrebbe generato un prodotto privo di personalità.
Dorohedoro è senza ombra di dubbio un manga strano, complesso, difficile da catalogare in schemi precisi. Un’opera unica. Un’opera visionaria.
Abbiamo parlato di:
Dorohedoro – Caccia allo stregone #1/19 (in corso)
Q Hayashida
Panini Comics, da Ottobre 2003
184 pagine, brossurato, bianco e nero – 5,90€ cada.