Dorohedoro, la visionaria opera dell’autrice Kyu (Q) Hayashida, è finalmente arrivata alla sua agognata conclusione, non senza qualche intoppo dell’ultimo momento che ha portato l’intera trama a prendere in alcuni frangenti una direzione a tratti imprevista ma non per questo meno coinvolgente.
La stessa autrice ha infatti dichiarato, verso la fine dell’opera, di essersi trovata davanti a una sorta di blocco creativo che l’ha portata ad annunciare una repentina chiusura della serie – che doveva coincidere con la pubblicazione del diciannovesimo volume – per tirare le fila della storia nel migliore dei modi in tempi tutto sommato brevi.
In effetti, gli ultimi volumi della serie risultano quasi come un blocco a sé stante rispetto a tutto il resto, pur rimanendo ancorati a molti degli aspetti caratteristici dell’opera.
Tra le difficoltà maggiori affrontate da Hayashida vi è sicuramente quella legata alla gestione del protagonista Cayman (e del mistero dietro la sua identità); una volta infatti svelato almeno una parte dell’arcano – lasciando comunque dei buchi in vista del finale – l’opera ha inevitabilmente perso parecchio del suo potenziale, soprattutto negli albi che vanno dal 19 al 22, per via di uno sviluppo narrativo eccessivamente confusionario e tortuoso.
Con il ventitreesimo e conclusivo volume l’autrice è però riuscita a spogliare la trama di qualsiasi elemento superfluo ponendo l’attenzione sul protagonista del manga, lasciando sempre più da parte la struttura corale vista soprattutto durante la prima metà dell’opera, pur senza dimenticarsi di tutti i personaggi secondari.
Questo ultimo numero vede quindi Cayman confrontarsi con Hole, un’entità mostruosa (che si chiama in modo analogo alla città principale vista nel manga) generata dall’odio viscerale degli abitanti del luogo verso gli stregoni, quest’ultimi colpevoli di aver compiuto innumerevoli massacri indiscriminati fin dall’antichità.
Il ritmo narrativo si attesta su ottimi livelli grazie a uno scontro suddiviso in più fasi caratterizzato dal punto di vista originale di Hayashida, capace di ammantare anche le sequenze più semplici di un tocco weird, inquietante ma anche spiritoso.
Cayman, disposto a tutto per salvare la sua migliore amica Nikaido, arriva dunque a rinnegare addirittura se stesso e le sue convinzioni, attraverso una scelta a tratti spiazzante (presa in realtà nel numero precedente) che proprio in questo volume trova la sua massima evoluzione.
Il tema legato alla ricerca spasmodica della propria identità, colonna portante dell’intero manga, in questo volume conclusivo si sviluppa in modo inaspettato, venendo in qualche modo depotenziato in favore di un tema ancora più importante, cioè quello dell’amicizia; nei volumi precedenti, infatti, la stessa Nikaido si pone varie domande su chi si nasconda davvero dietro Cayman, arrivando alla conclusione di non farsi sommergere dalle paranoie, accettandolo semplicemente per quello che è.
Il variegato mix di generi diversi, marchio di fabbrica dell’opera ma non sfruttato appieno nei capitoli precedenti, trova nuova linfa vitale proprio in questo ultimo numero, in cui si passa in maniera fluida e naturale da sequenze maggiormente cupe e orrorifiche ad altre molto più leggere e scanzonate.
Nonostante il sempre maggior focus su Cayman, l’autrice è riuscita anche a gestire bene tutti gli altri personaggi presenti, a partire da En e i suoi discepoli, intrappolati all’interno di una dimensione oscura da cui sembra impossibile uscire.
Il sapiente alternarsi di situazioni all’apparenza agli antipodi (ma in realtà accomunate tutte dallo scontro tra Cayman e Hole), non fa che confermare la grande abilità dell’autrice nel dare il giusto spazio a ogni singolo personaggio, seppur con qualche sbavatura; peccato infatti per la gestione non perfetta del professor Kasukabe, lasciato forse un po’ troppo in disparte in alcuni momenti chiave e per l’abuso del potere speciale di Kikurage (una strana creatura simile a una cane con il potere di riportare in vita i defunti).
I disegni rispecchiano quanto di buono visto in precedenza, grazie a un tratto che risulta anche più dettagliato rispetto al passato.
Notevole come sempre il concept desig n dei numerosi personaggi, sgraziato ma al tempo stesso iconico, sia per quanto riguarda il protagonista – dotato della sua immancabile testa da rettile – che per tutti gli altri comprimari, soprattutto gli stregoni, riconoscibili per merito delle immancabili maschere stravaganti.
Ricchi di dettagli anche gli ambienti, caratterizzati da un design claustrofobico e tortuoso, soprattutto per quanto riguarda le strutture urbane.
L’autrice ha comunque voluto puntare su un registro a tratti solare per la conclusione del volume, scelta che forse potrebbe risultare a tratti spiazzante per qualcuno, vista l’inclinazione dell’opera a puntare spesso nel sorprendere il lettore con trovate fuori dagli schemi e/o imprevedibili.
Nonostante questo però, la scelta di focalizzarsi su un finale a tratti rassicurante si è rivelata probabilmente una scelta azzeccata per un’opera del genere, a volte impacciata, folle e imperfetta ma capace in qualsiasi momento di ribaltare le carte in tavola per stupire ancora una volta, l’ultima, il lettore.
Abbiamo parlato di:
Dorohedoro – Caccia allo stregone #23
Q Hayashida
Tradotto da Gianluca Bevere
Panini Comics, giugno 2019
360 pagine, brossurato, bianco e nero – 8,50€
ISBN: 9788891288448