Doomsday Clock ovvero la versione Rebirth di Watchmen

Doomsday Clock ovvero la versione Rebirth di Watchmen

Il debutto di Doomsday Clock ci offre l’opportunità di esplorare le strutture e le trasformazioni degli universi supereroici.

Il 22 novembre 2017 DC Comics ha pubblicato il primo albo di Doomsday Clock, maxiserie in dodici numeri – firmata da Geoff Johns e Gary Frank – che fonde l’universo del Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons con quello attuale DC, come delineato dall’iniziativa Rebirth, nella cui dichiarazione di intenti era stato uno dei punti forti. Un punto talmente invadente da focalizzare da subito le aspettative degli appassionati e da guidare anche le numerose analisi e recensioni che hanno accolto il debutto della serie (qui la puntuale lettura proposta da Marco Marotta).

Il dialogo con il racconto di Moore e Gibbons si svolge su almeno due livelli: quello formale e quello assiologico. Sul primo, Johns e Frank svolgono un’operazione mimetica: riprendono i modi narrativi di Watchmen, architettura generale, struttura delle tavole, scelta delle inquadrature e dei cromatismi, ritmo delle scene e costruzione delle sequenze.

Possiamo vederla senz’altro come una tecnica di aggancio all’opera matrice, che consente al nuovo racconto di innestarsi su di essa – ricordiamo che Doomsday Clock è anche un seguito di Watchmen, poiché racconta ciò che accade dopo. In questo modo, Johns e Frank stabiliscono una relazione di continuità sulla quale fondare la loro versione dell’universo Watchmen. Una versione, quella che scorgiamo nel primo numero di Doomsday Clock, profondamente diversa dall’opera matrice, poiché al mimetismo formale corrisponde una discontinuità dei valori fondanti del racconto (su questo punto concordo con la sintesi di Andrea Fornasiero).

La tensione profonda che innervava Watchmen scaturiva infatti dalla dialettica umano-superumano, acuita dall’immaginare l’esistenza di un solo essere supermano, ma dotato di poteri sostanzialmente illimitati. Detto altrimenti: Watchmen – in continuità con Miracleman – si confrontava con/esplorava la sostenibilità narrativa e le potenzialità di metafora – soprattutto delle relazioni di potere – del genere supereroico.

In particolare, il programma di ricerca di Moore e Gibbon aveva al proprio nucleo l’idea che il racconto supereroico non consente di approfondire quelle tematiche, perché la presenza di esseri dotati di superpoteri conduce il discorso a un punto morto. In Watchmen, questa idea forte è rappresentata dall’esilio autoimposto del Dottor Manhattan, che lascia la Terra – così priva di esseri superumani – alle ordinarie dinamiche di potere umane.

Doomsday Clock, sempre a giudicare dal primo numero, da una parte rimuove la dialettica umano-superumano, lasciando all’elemento umano le scene di protesta di massa, cioè un ruolo scenografico; dall’altro cancella l’unicità del Dottor Manhattan, poiché l’universo nel quale Johns e Frank proiettano Watchmen è strabordante di esseri superumani. Per questo, al momento il rischio maggiore sembra essere che Doomsday Clock evolva in un ordinario racconto di lotta fra supereroi e supervillain.

D’altra parte, l’universo Rebirth è animato da un principio forte, che a suo tempo sintetizzammo nel ritrovato ruolo dell’amore. Rebirth intende essere un rinnovamento di ideali positivi di speranza e allora è anche su questa ovvia dissonanza con i valori di Watchmen che si gioca l’esperimento di Johns e Frank e che ci lascia profondamente curiosi sul risultato. Lo stravolgimento delle fondazioni di Watchmen appare quindi capillare: la presa in carico di Johns stesso della gestione di questa operazione ci dà l’idea della sua centralità nella visione che guida Rebirth.

Dal punto di vista delle relazioni all’interno dell’universo narrativo supereroico, quello che Johns e Frank costruiscono è la versione Rebirth dell’universo di Watchmen. Usiamo questa espressione per marcare sia la discontinuità concettuale sopra descritta sia il legame con uno specifico ciclo dell’universo narrativo DC.

Il punto da sottolineare è che, nella nostra prospettiva, l’universo di Watchmen e quello di Doomsday Clock non sono lo stesso universo. Per questo denotiamo quello di Doomsday Clock come proiezione dell’universo di Watchmen. Dato uno spazio narrativo la sua proiezione in un altro spazio narrativo è il suo adattamento alle strutture di base di questo. In generale uno spazio narrativo è uno scenario, un universo, un contesto e così via; chiamiamo “matrice” o “origine” lo spazio proiettato e “destinazione” quello sul quale è proiettato.

Questo adattamento avviene tramite la modifica delle relazioni fra gli elementi della matrice e il risultato dipende naturalmente dall’impedenza fra le strutture fondamentali di matrice e destinazione. Vale la pena sottolineare che Watchmen può essere visto come una proiezione dell’universo narrativo Charlton Comics in un universo senza supereroi. In entrambi i casi quello che notiamo è che l’impedenza fra matrice e destinazione è tale da distruggere le relazioni originarie della matrice, così che possiamo dire che Doomsday Clock è tanto lontano da Watchmen quanto questi lo era dall’universo Charlton Comics.

Ma che cosa resta da questa cascata di paroloni?
Resta un punto fondamentale: tutti i racconti posseggono un’energia narrativa, che stimola la creazione di altri racconti a essi legati. Un racconto che non ne genera altri o è un racconto sterile o, per così dire, nasconde un segreto che gli impedisce di nutrire altri racconti. Nel nostro mondo moderno quella sterilizzazione è legata al diritto d’autore, che può impedire lo sfruttamento diretto di un racconto.

D’altra parte, come scrivemmo per Miracleman, anche per Watchmen possiamo dire che finora aveva nutrito la narrativa supereroica spingendo gli autori a confrontarsi con il suo programma di ricerca. Da Astro City di Kurt Busiek a The Authority di Warren Ellis, molta produzione post Watchmen può essere letta nella prospettiva del confronto con l’opera di Moore e Gibbons. Doomsday Clock ne sperimenta l’innesto nell’universo Rebirth, secondo una proiezione che mantiene la linea degli eventi, modificando  profondamente le relazioni fondamentali.

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