Il lavoro di adattamento delle storie di Mondo Piccolo avviato da ReNoir sotto l’egida dello sceneggiatore Davide Barzi è giunto ormai a una fase mediamente avanzata, quella corrispondente alle storie del 1951.
Un periodo interessante, perché il lettore generico identifica solitamente Don Camillo con la fase di scontro acuto di quella battaglia campale che fu il 1948. Invece le sue vicende proseguono ben oltre la fine dell’”Italia provvisoria”, in un mondo ormai sotto lo scudo protettivo di una Democrazia Cristiana all’apice della sua potenza.
Nel mondo cattolico – superata la battaglia decisiva – iniziano le prime timide svolte a sinistra e Guareschi e Don Camillo iniziano a trovarsi a disagio davanti alle aperture perfino di alcuni – illuminati – conservatori come il cruciale arcivescovo milanese Schuster.
La closure con cui si apre il volume è molto simbolica al riguardo: la pioggia lava via i vecchi manifesti della DC del 1948, una nuova era ha il suo inizio.
I film – poco amati dai cultori guareschiani – da un lato annacquavano certi passaggi viscerali di Guareschi e dei suoi personaggi, ma dall’altro mantenevano costante la schematica contrapposizione iniziale, non cogliendo del tutto la matrice di uomo del popolo del prete. In un racconto, pur di non pagare una modesta tassa sostitutiva, un borghese si reca e fare i lavori pubblici obbligatori in prima persona a fianco dei braccianti più poveri. In un’ottica puramente “padronale”, sarebbe un eroe del duro lavoro che gabba i comunisti: nella storia di Guareschi, invece, ne esce decisamente male come figura. Barzi e Tommaso Arzeno, il disegnatore che regge quasi tutte le storie, mettono il loro nome tra i braccianti convocati: un piccolo easter egg, ma anche una sottile scelta di campo.
Molto ben colto è anche il conflitto che Guareschi coraggiosamente pone tra viscerale devozione popolare (per lui, il vero caposaldo della fede) e sviluppo economico (teoricamente il tema dei “rossi” o, più ampiamente dei laici): bisognerebbe abbattere una Madonnina per creare un nuovo palazzo che porta lavoro edile e poi, commerciale. Il Guareschi puro conservatore che molti immaginano farebbe fallire con gusto l’impresa speculativa: qui la soluzione è molto più problematica, mostrando che il tema concreto del lavoro non è una fisima dei rossi e che possono pensarla così solo i conservatori religiosi altoborghesi, dalla pancia piena.
E quando la crisi mette in difficoltà Peppone alle elezioni comunali – e cioè, per lui, anche nel suo ruolo umano – è evidente che gli autori simpatizzano per questo personaggio e non per il suo avversario alle votazioni, il segretario DC cittadino spocchioso e arrogante, tratteggiato con fattezze vagamente alla Alcide De Gasperi (detestato da Guareschi, anche prima del noto scontro giudiziario che causò il carcere allo scrittore).
Anzi, ancor più, è lo stesso Cristo parlante che sembra dimostrare questa simpatia, tra un Peppone “peccatore” ma onesto e chi usa il suo nome per l’interesse delle classi dominanti. La sostanziale passeggiata amichevole dei due nella loro visita “fuori porta” alla Fiera di Milano sembra prefigurare l’uscita dalla miseria nel segno dello sviluppo del boom industriale, in una tregua momentanea che, nelle sanguigne storie, non sarà mai definitiva.
I disegni sono sempre di Tommaso Arzeno, con l’eccezione de Il bianco, una storia illustrata da Adriano Fruch in una prova valida ma su una storia più puramente patetica, meno significativa in questo “ciclo sociale” del 1951. Arzeno invece ha modo di mostrare un buon piglio nel seguire un Barzi che pare particolarmente compiaciuto di mettere in scena un Guareschi più sociale, pur senza mai forzargli del tutto la mano. Un grosso aiuto arriva infatti dal buono studio di espressioni di Arzeno, che accompagna il testo efficacemente adattato, senza eccessi ma con un idoneo gusto neorealista del segno.
L’impostazione di tavola è, come di consueto, una griglia a quattro strisce alla francese, gestita con mestiere sicuro ma senza azzardare alcun guizzo particolare, anche probabilmente nella consapevolezza di un pubblico di fasce d’età anche anziane, meno propenso a seguire voli sperimentali nel montaggio.
Completa il volume l’adattamento di storie dal Gazzettino di Roccapezza (1946), per i disegni di Francesco Bisaro, un primo microcosmo guareschiano molto simile al Mondo Piccolo di Don Camillo. Le storie sono gustose, ma pendono più verso la polemica politica – pur ai livelli della penna sempre aguzza di Guareschi – che verso le ben più sfumate psicologie umane approfondite in seguito, e il confronto è interessante soprattutto per cogliere la ben maggiore raffinatezza del Mondo Piccolo.
In chiave di polemica politica, sono pezzi gustosi: il San Giuseppe che si rivela Garibaldi sarà ripreso da Stefano Benni per l’esordio del suo La compagnia dei Celestini; interessante la storia sull’esarchia (dove si manifesta anche l’insofferenza di Guareschi per il Partito d’Azione, per lui velleitari e irrilevanti liberali di sinistra).
Insomma, il consueto lavoro di adattamento minuzioso, fedele, che cerca al contempo anche di lasciare una minima impronta autoriale nella rilettura dei testi, pur senza stravolgerli. Un lavoro particolarmente indicato, quindi, per la vasta schiera di appassionati guareschiani.
Abbiamo parlato di:
Don Camillo a fumetti #15 – Alla Fiera di Milano
Davide Barzi, Tommaso Arzeno, Adriano Fruch, Francesco Bisaro
ReNoir, 2018
112 pagine, brossurato, bianco e nero – 12,90 €
ISBN: 9788865671979