di Carlo Ambrosini e Emiliano Mammucari
Sergio Bonelli Editore, gen. 2008 – 130 pagg. b/n. bros. – 3,50euro
Quando ho quasi deciso di abbandonare la serie, deluso da una narrazione piatta e prevedibile, ecco che il talento di Ambrosini viene fuori con una storia per molti versi sorprendente, senza dubbio efficace. Grazie anche ai disegni di un Mammucari in continua, vistosa crescita, dal tratto pulito e splendidamente noir, il nuovo numero di Dix è un meccanismo meta-narrativo coinvolgente che celebra un processo creativo che ogni amante dell’arte prima o dopo si è ritrovato a fare: inventare una storia a partire dalla “staticità” di un dipinto. Se questa è, in sostanza, la premessa alla base di tutta la serie, sorprende vedere Dix e compagna impegnati loro stessi, personaggi di fantasia, nell’esercizio narrativo, fino a finirne coinvolti direttamente. Un gioco di specchi che, lungi dall’essere mero esercizio di stile, si sviluppa con un ritmo eccellente e con modalità appassionanti. Fino alla fine ci si chiede dove gli autori vogliano andare a parare e il finale, a dirla tutta, rimane aperto e sembra presupporre ulteriori sviluppi. La storia evidenzia anche un paradosso ontologico: la sequenza di immagini fisse e statiche che compongono il fumetto narrano della staticità di un quadro e delle vicende che lo riguardano. Il paradosso sta nell’essenza stessa del fumetto laddove è il lettore, con la sua fantasia, a dare forma e sostanza a una storia, a restituire dinamismo all’immobilità. Da far venire il mal di testa. (Guglielmo Nigro)