Discesa all’inferno: quando Dio ha fatto l’uomo doveva avere il diavolo accanto

Discesa all’inferno: quando Dio ha fatto l’uomo doveva avere il diavolo accanto

SaldaPress raccoglie in un unico volume i dodici capitoli della saga di Garth Ennis e Goran Sudzuka, accompagnandoci in un inferno dove l'America di Trump spaventa più dell'Anticristo.

Garth Ennis, eccezion fatta per le sue Storie di Guerra, ha fatto del grottesco, della provocazione e dell’irriverenza una sorta di marchio di fabbrica: dal dito medio di Satana in Abitudini pericolose fino agli eccessi di Crossed, nel continuo tentativo di alzare il livello della trasgressione scioccando il lettore all’interno di narrazioni genericamente lineari e facilmente decodificabili.
Discesa all’inferno, all’interno della bibliografia dell’autore, si smarca parzialmente da questa premessa proponendo un’architettura più complessa che va ad affiancarsi alle consuete sequenze disturbanti che caratterizzano l’ormai trentennale produzione dell’autore.

Discesa-all'inferno_omnibus_cover_sito-800x600L’opera sviluppa tre linee temporali con ripetuti flashback che si alternano alle vicende di due agenti dell’ F.B.I., Shaw e McGregor, impegnati nella ricerca di altrettanti colleghi scomparsi in un magazzino a Long Beach; l’ingresso nella struttura li conduce in una crescente spirale di orrore le cui radici affondano in un’indagine passata, ma ancora in sospeso, relativa al serial-killer Paul Carahan, delle cui perversioni i due protagonisti diventano cassa di risonanza.

Su tali premesse aleggiano tematiche legate alla fede che, come più volte accaduto in passato (True faith, Bloody Mary), si mischiano a questioni etico-politiche: in questo caso gli Stati Uniti di Trump. I dialoghi taglienti, fitti, spezzati e veloci, secondo lo stile proprio dell’autore, raccontano senza compromessi un’America omofoba, misogina e razzista.
Quando l’editore Aftershock pubblica Discesa all’inferno nel 2018, a un anno dal suo insediamento, il presidente americano aveva già annunciato di voler rifiutare gli Accordi di Parigi sul clima, aveva imposto il Muslim Plan e ritirato la partecipazione della nazione dal Global Compact On Migration, si era apertamente schierato contro la comunità LGBT, aveva riconosciuto Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele e abbandonato l’UNESCO. Il tutto dopo una campagna elettorale che aveva parlato al ventre di un’America reazionaria e individualista, lontana dalle posizioni dello scrittore irlandese.

Il nichilismo e il pessimismo, infatti, pervadono i dodici capitoli dell’opera, come se il lieto fine, che nei lavori giovanili di Ennis aveva ancora la possibilità di realizzarsi, ora, già dopo lo spartiacque che fu The Punisher: Born diventa qualcosa di impossibile da raggiungere e  concepire: non c’è alcun futuro, alcuna alternativa alla dannazione.
Non c’è spazio per l’amicizia che tante volte (Hitman) sembrava essere un’àncora nel naufragio del sistema etico di valori: il tradimento del proprio mentore si traduce per i protagonisti del racconto in rabbia, ma al tempo stesso definitiva resa. L’amore, che nei precedenti dell’autore è un’altra grande forza di speranza e riconciliazione col mondo, è totalmente assente. Permane invece l’idea di un cristianesimo non all’altezza delle aspettative, manipolato nei suoi stessi ingranaggi.
La costruzione dell’incubo che ne consegue non è soltanto psicologica, ma disturbante e reale. La razionalità dei due protagonisti vacilla nel tentativo di interiorizzare quello che sta loro succedendo, travolti da situazioni mai gratuite che attingono a piene mani dall’immaginario di Cronenberg (La zona morta) e dalla Trilogia dell’apocalisse di Carpenter. Un climax di angoscia e violenza che culmina nel più grande degli orrori: l’abitudine all’atrocità.
La tensione è sapientemente costruita da atmosfere e situazioni che dosano la violenza piuttosto che esplicitarla: un’inquietudine irrisolta che quando esplode raggiunge una maggior efficacia rispetto a quell’assuefazione che caratterizza buona parte degli antecedenti lavori dell’autore.

Garth Ennis, eccezionalmente per i suoi standard, sceglie di muoversi lungo la linea del tempo spezzando in continuazione l’affresco degli eventi: il puzzle risulta tuttavia a tratti complesso da ricomporre, alcuni snodi rimangono parzialmente sospesi, la piena comprensione delle connessioni arriva soltanto a una seconda lettura. Alla fine risulta più immediato ed efficace il messaggio politico e sociale del racconto stesso.

Tali limiti sono parzialmente superati dal tratto pulito di Goran Sudzuka, a cui è affidato il compito di rappresentare visivamente gli incubi di Ennis: notevole il lavoro sul grottesco di personaggi e situazioni, sulla rappresentazione delle loro deformità, ma soprattutto sull’espressività dei lineamenti del viso. La caratterizzazione di Paul Carahan risulta particolarmente efficace, tratteggiando il corpo e il volto in disturbante antitesi con la sua natura di pluriomicida. Il disegnatore, inoltre, riesce a essere sorprendentemente misurato, dunque credibile, anche nelle situazioni concettualmente più estreme. Più deboli gli sfondi, ma compensati dalle scelte cromatiche minimaliste di Ive Svorcina che predilige colori tenui, nel complesso uniformi, con rare e mirate eccezioni e un uso suggestivo dei neri nelle ambientazioni più claustrofobiche.

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SaldaPress ristampa in un unico volume l’intera serie in un’edizione “omnibus”, cartonata, con il pregio di alcune grafiche in leggero rilievo. La traduzione è affidata a Leonardo Rizzi che, opportunamente, preferisce un titolo leggermente smarcato dalla traduzione letterale (“Una passeggiata attraverso l’inferno”), scegliendo un significante di maggior efficacia a parità di significato. In appendice troviamo qualche pagina della sceneggiatura di Ennis con i relativi storyboard, due interviste al comparto grafico e le dodici cover della miniserie originale.

Valutare complessivamente i contenuti di Discesa all’inferno non può prescindere dal disincanto che la pervade: un autore irlandese, ormai cinquantenne, trapiantato in America, che vuole urlarci che tutto è perduto e non c’è alcuna possibilità di riscatto. La politica, i social media, il decadimento delle relazioni umane raccontano l’imminente Apocalisse: può essere un’epidemia che contagia gli esseri viventi trasformandoli nelle loro perversioni, come descritto in Crossed, può essere una clandestina morta di parto, con il feto ancora attaccato, in un magazzino di Long Beach.

Abbiamo parlato di:
Discesa all’inferno Omnibus
Garth Ennis, Goran Sudzuka, Ive Svorcina
Traduzione di Leonardo Rizzi
saldaPress, 2021
288 pagine, cartonato, colori – 29,90 €
ISBN: 978-886919828

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