Camminando nella Buenos Aires più spettrale di sempre

L’Eternauta – 001 Edizioni – 2016

Parlare di un’opera più o meno unanimemente riconosciuta come capolavoro non è mai facile. Il rischio è sempre quello di ripetersi, di banalizzare, peggio ancora di inventare di sana pianta qualche sciocchezza. Parlare de L’Eternauta nel 2017 mi richiede dunque coraggio e una buona dose di faccia tosta, perché questo è davvero il caso di un fumetto – oltre che di un romanzo – che ha lasciato un solco sulla formazione e sul gusto di intere generazioni.

Sulle pagine de Lo Spazio Bianco, nel 2012, Pierluigi Pedretti scriveva così:

Cosa fare quando “Loro” arriveranno, togliendoci la libertà, depredando e uccidendo i nostri cari? Juan Salvo, L’Eternauta, è venuto ad avvisarci che i “mostri” possono giungere in qualsiasi momento.

Ripartirei esattamente da qui.

Quest’articolo nasce da un desiderio. Il desiderio che  – per una volta –  prima ancora di qualsiasi preziosa riflessione, prima di qualsiasi rigorosa analisi filologica, prima di discutere quale meraviglioso canone di influenze possa scorgersi tra le pagine di Oesterheld e Solano Lòpez, la priorità venga data alle suggestioni.

Mi piacerebbe condividere, con chi lo ha già letto, almeno un breve segmento della catena di impressioni che queste immagini non hanno ancora smesso di generare nel mio immaginario. Al contempo vorrei che queste poche righe fossero il mio personale ed estremo invito alla lettura de L’Eternauta per quanti ancora non si sono lasciati travolgere dalla sua potenza artistica e narrativa.

Partirei proprio dalla magia sinistra di quell’incombere, dalla minaccia di Los Ellos, i misteriosi invasori che pilotano – su una Buenos Aires trasfigurata da una nevicata letale e meravigliosa – un esercito di inquietanti marionette assoldate allo scopo della più grande calamità di cui l’umanità sia mai stata vittima: la distruzione di ogni speranza.

Un narratore d’eccezione, un viaggiatore del Tempo che direttamente dall’Eternità approda nello studio di uno sceneggiatore di fumetti. Sarà lui la voce fuori campo di un flashback vertiginoso, che partendo dall’intimità di una famiglia e un gruppo di amici riparati al tepore di casa, sprofonderà il lettore in un’odissea disperata.

La mostruosa distopia di un mondo improvvisamente in ginocchio a causa della minaccia aliena è restituita dalle tavole di Francisco Solano Lòpez con una precisione implacabile. Campi di straordinaria lunghezza da un lato restituiscono l’entità del disastro abbattutosi sul mondo intero, i celebri primi piani sui volti dei protagonisti dettagliano invece tutta la dimensione introspettiva del dramma che si consuma in queste pagine: un’umanità senza certezze che si ostina a vivere sorretta dal puro istinto di conservazione. Impossibile non restare coinvolti dallo sguardo terrorizzato di Juan Salvo che sotto la bufera mortale spalanca gli occhi sull’orrore profondo. Presto o tardi anche il lettore si troverà costretto ad assumere la stessa disperata ottica del protagonista.

La scansione ritmica degli eventi è estenuante, ma è proprio l’apparente lentezza della narrazione ad avvolgere il lettore nelle spire di una tensione crescente che va via via tingendosi di mistero, tristezza, a tratti follia.

Nella storia di Juan Salvo e dei suoi compagni di viaggio si compendia una tale quantità di elementi della grande tradizione letteraria(di genere e non solo, sudamericana ma non solo) da rendere impossibile un’analisi frettolosa della rete di contributi nascosti tra le tavole. Goffredo Fofi, nella preziosa prefazione all’ultima edizione, ne elenca alcuni: Borges, Piglia, Puig, Bioy Casares, Philip K. Dick.

Non mi dilungherò su questo, ma L’Eternauta è anche una gigantesca, precisa, labirintica allegoria politica sull’avvento di ogni dittatura. L’inevitabile sensibilità dei due autori argentini al tema ricopre ogni episodio della vicenda e non è stato difficile, nella mia ultima rilettura, riconoscere nel vagare dei protagonisti tra le strade e le piazze di una patria violata, il medesimo smarrimento dei due fratelli violentemente usurpati della propria abitazione nel racconto Casa Occupata di Julio Cortazar. Perfino Oesterheld, vent’anni dopo l’inizio della pubblicazione a puntate, finirà inghiottito nel nulla come tanti intellettuali suoi connazionali, quasi la nerissima magia dell’invenzione letteraria si fosse infine rivelata capace di introdurre i propri tentacoli nella vita reale dello sceneggiatore.

Quanto ho scritto finora forse riesce nell’intento di dare un’idea approssimativa del valore artistico del romanzo, ma continua a dire molto poco sul perché questa storia sia ancora capace – sessant’anni dopo – di emozionare lettori provenienti da ogni percorso fumettistico.

La verità è che dietro la straordinaria bellezza di questa storia c’è un mistero. Offuscato come l’identità degli invasori, triste come la vita desaparecida di Oesterheld. La verità è che come capita tutte le volte in cui ci si imbatte in una straordinaria opera di narrazione, raramente si ha davanti una trama perfetta, perfettamente credibile, perfettamente resistente alla crosta del tempo. Eppure tutto – compresi i tratti resi un po’ didascalici dallo scorrere di decenni di historietas – sembra offrire un contributo al fascino inestinguibile della vicenda.

Perché difficilmente vi imbatterete in una storia fantastica, anzi distopica, più squisitamente umana di questa. Difficilmente ci si imbatte in una fantascienza che oltre ad attingere dai grandi temi universali è capace di nutrirsi di apprensione, tenerezza, intimità come ha fatto L’Eternauta. La magia è nascosta nella capacità degli autori di riempire ogni ribaltamento, ogni twist della narrazione, di profonda e delicatissima umanità. Oesterheld e Solano Lopez hanno ribaltato i tratti rassicuranti di una nevicata facendone il principio di un incubo, hanno caratterizzato stupendamente il protagonista torturandolo di nostalgia per la moglie e la figlia lontane, hanno adornato con la luce fioca della pietà la morte dei nemici, che si abbandonano all’oblio nella dolcezza di un canto indecifrabile.

Molto di quanto ho elencato non sarà facilmente comprensibile a chi ancora non si è concesso il piacere di leggere dell’avventura di Juan Salvo. Tanto meglio, era nei miei intenti. Vorrei davvero che chi leggerà possa abbandonarsi allo stupore, come è accaduto a me, di una storia meravigliosa. Un romanzo a fumetti capace di fare sintesi in sé dell’atmosfera tipica della grande fantascienza come delle belle storie raccontate da un vecchio amico, davanti al camino.

C’è una vignetta che più di tutte mi è rimasta nel cuore. Quella in cui il furgone dei fuggitivi Juan e Favalli si ferma per ascoltare le note di Caminito, il famoso brano poplare argentino, emesse da una radio rimasta accesa, segno doloroso e superstite di un’umanità estinta. In quel piccolo riquadro di testo e disegno si cela – nella mia personalissima lettura – forse l’unica chiave al mistero della bellezza senza tempo de L’Eternauta: la poesia.

Caminito que el tiempo ha borrado, que juntos un día nos viste pasar…