Ogni volta che leggo un fumetto di Marco Galli arriva un momento in cui provo la stessa sensazione, che non trovo in nessun’altrƏ fumettista. È difficile da spiegare, ma credo si tratti di paura. Man mano che diminuiscono le pagine che mi separano dal finale, questa sorta di ansia si fa più stringente, memore dei suoi libri precedenti: è il timore che il fumetto finisca senza che tutti gli elementi della storia si spieghino, che troppe domande rimangano senza risposta. Terminata la lettura si sente il bisogno quasi disperato che il cerchio si chiuda, ma in mano ci troviamo una matassa di fili che portano in varie direzioni e pochi indizi su come districarli.
Dentro una scatola di latta conferma questa sensazione. Chiuso il fumetto dobbiamo tornare indietro, sfogliare le pagine, cercare dettagli nelle tavole, rileggere i dialoghi. Pubblicato da Progetto Stigma, con la «complicità» di Eris Edizioni, l’ultimo lavoro di Marco Galli si inserisce perfettamente nella sua poetica surreale e metafisica, come del resto faceva il suo precedente Èpos, che apriva il catalogo del progetto. Con quell’opera, Dentro una scatola di latta condivide anche un certo senso profetico che ha dell’inquietante: se il primo sembrava prefigurare la malattia che avrebbe colpito l’autore, paralizzandolo completamente e costringendolo a una lunga riabilitazione, questo suo ultimo lavoro, scritto e disegnato nel 2012 e rieditato nel 2021, racconta un mondo colpito da un susseguirsi di epidemie, che costringono la popolazione a temere l’aria che respira, a indossare pesanti scafandri per uscire di casa e a seguire i costanti e confusi aggiornamenti dei notiziari. Vi ricorda qualcosa?
Non è un caso se il lavoro di Marco Galli viene paragonato più spesso ai film di David Lynch che a qualsiasi fumetto: in comune troviamo le atmosfere cupe, i dettagli inquietanti, i diversi livelli di lettura, quelle situazioni surreali che sfuggono alla comprensione immediata. E di conseguenza entrambi costringono alla riflessione e alla rilettura: ho letto Dentro una scatola di latta diverse volte e ancora ci sono aspetti del fumetto che mi sfuggono. Mi sono rotto la testa alla ricerca di risposte, ho elaborato un paio di ipotesi, forse un messaggio generale insieme alla contrapposizione tra le tappezzerie che decorano le pareti delle stanze in maniera quasi ossessiva (e che compaiono all’apertura di ogni capitolo) e il colore bianco della neve e di alcuni passaggi¸ se vogliamo chiamarli così.
In generale si ha una forte sensazione di claustrofobia, complici il cielo grigio, gli scafandri, i toni spenti delle pareti. Anche per come sono disegnati, per come si trascinano nel mondo, i personaggi sembrano già morti. E non è un caso se il commissario Marte, il protagonista, trova proprio in un cadavere un buon compagno di bevute. Una paura rassegnata e apatica domina gli sguardi dei personaggi, i quali, prigionieri di un mondo in cui persino gli spazi aperti sono claustrofobici, risultano senza prospettive:
– Lei crede che ci aspetti un futuro migliore?
– Cosa intendi?
– Sì, insomma, un futuro con meno paura di tutto, con meno paura… di vivere, per esempio.
L’assenza di futuro è un elemento che sia io che Ettore Gabrielli abbiamo ritrovato nel racconto della provincia italiana fatto da fumettistƏ anche molto diversƏ tra loro, cui si aggiunge ora la cupa e grigia provincia disegnata da Marco Galli. In questo caso l’autore sembra proporre un’alternativa, una vera fuga dalla realtà, salvo poi non dare spiegazioni per interpretarne la rappresentazione surreale.
Che fare a questo punto? Accettare che Marco Galli abbia scritto un fumetto in cui certe cose «non hanno senso»? O pensare che il problema sono io, che non sono in grado di capirle? Naturalmente nessuna delle due opzioni è sopportabile e, dato che voglio riuscire a dormire la notte, ho pensato che forse ho sbagliato la domanda. Certo, Dentro una scatola di latta è un fumetto noir metafisico, che racconta della caccia a un serial killer, di epidemie, di società, di dinamiche famigliari complesse, ma forse il vero messaggio sta nel come viene raccontato tutto questo.
Parto da una scelta narrativa chiarissima, cercando di non fare spoiler: per come entra in scena, per i gesti, per le inquadrature, tutto lascia pensare che il serial killer sia un altro. Marco Galli gioca letteralmente con le inquadrature, inganna lettori e lettrici a tal punto che quando poi l’assassino viene catturato, l’intera operazione non risulta credibile. E ancora: in più di un passaggio vengono esposte dai personaggi delle teorie del complotto, che spiegherebbero il continuo diffondersi delle epidemie, in contrasto con la versione ufficiale diffusa dai media. È proprio la ricerca di una spiegazione la cifra costante di Dentro una scatola di latta: il commissario Marte cerca il killer «così la gente può pensare che almeno la polizia abbia ancora un senso in questo mondo delirante». Ma il senso si nasconde in quello che vediamo, o in quello che viene raccontato? E soprattutto, tra i due, qual è la «realtà»?
Il punto di fuga di ogni coerenza è il figlio del commissario, Renatino: un diciassettenne problematico, o forse solo «creativo», che in casa veste i panni di Superfulmine, con tanto di costume, mascherina, mantello e pistola quantica. Questo sembra essere un omaggio al protagonista di un altro fumetto, Le mani di Z di Akab, autore e amico cui è dedicato il testo di Marco Galli. La sua figura in Dentro una scatola di latta è centrale e fa letteralmente crollare qualsiasi pretesa di sensatezza della storia. E si potrebbero proporre diverse interpretazioni attorno alla sua figura, ma forse non è questo il punto. Al di là del messaggio, anzi, dei messaggi, nascosti tra le pagine, Marco Galli ci costringe a fare i conti con il nostro bisogno di risposte, di narrazioni che si spieghino da sole, strutture che abbiano una funzione chiara. Come in un gioco di specchi, ci troviamo a prendere le distanze dal protagonista, che crede a quello che vede senza porsi troppe domande, salvo poi renderci conto che, come lui, abbiamo creduto alla realtà che l’autore ci ha messo davanti. È questa l’angoscia di cui parlavo, il disorientamento che viene dalla fiducia tradita rispetto a quello che abbiamo davanti: più che un cerchio, l’autore realizza storie che somigliano a una geometria impossibile, a un quadro di Escher che continuiamo a guardare da mille angolature diverse alla ricerca dell’agognata e rassicurante coerenza.
È frustrante, certo, ma è anche uno stimolo, un passo in territori in cui la nostra guida non è affidabile e non sappiamo più che cosa sia vero o che cosa sia possibile. Ed è anche una gioia per gli occhi: i disegni di Dentro una scatola di latta ritornano allo stile di quel capolavoro che è Oceania Boulevard, con pagine divise in vignette orizzontali e inquadrature cinematografiche su personaggi così umani da essere mostruosi, gli occhi gonfi di stanchezza e gli sguardi spenti, come spenti sono i colori del mondo che abitano. Marco Galli è uno di quegli autori che ha il coraggio di prendersi i tempi e gli spazi che gli servono, di mettere primi piani muti, dei cambi di scena sorprendenti, dei dialoghi che, anche per come sono resi graficamente, fanno girare la testa.
Naturalmente ciò che rende unico questo autore, rischia di essere anche la sua debolezza. A chi legge non piace sentirsi frustratƏ e più di una volta, come anche nel caso di Dentro una scatola di latta, ho avuto l’impressione che Marco Galli non desse abbastanza appigli per capire la storia. Sono stati versati fiumi di inchiostro sulla spinosa questione delle opere che necessitano di una spiegazione per essere capite. Penso proprio ai film di David Lynch, molti dei quali ti costringono a cercare un’interpretazione in Internet dopo averli visti. È giusto? È sbagliato? Non lo so, forse ancora una volta è la domanda a essere fuori luogo. Capisco bene che opere come questa possano risultare fastidiose, forse addirittura inutili. In fondo, se non si capiscono, a che servono?
Mi viene in mente un altro film, Io, robot, in cui l’ologramma del professore continua a invitare Will Smith a fargli le domande giuste, altrimenti non potrà rispondere. Forse non possiamo chiedere a Marco Galli di raccontarci una storia con un bel finale chiaro, che ci parli di noi attraverso una morale. Ad un altro livello, però, l’autore ci dice chiaramente quanto siamo legati alla ricerca di un senso, quanto siamo dipendenti da un certo tipo di racconti, vittime inconsapevoli dei binarismi giusto-sbagliato, possibile-impossibile, sensato-insensato. Non so di cosa parli Dentro una scatola di latta, non lo so davvero. Ma di sicuro prende a colpi di pistola quantica quella che chiamiamo «realtà», dritto nel petto. E tanto basta.
Abbiamo parlato di:
Dentro una scatola di latta
Marco Galli
Progetto Stigma – Eris Edizioni, 2021
160 pagine, brossurato, colore – 17,00 €
ISBN: 9791280495082