La DC guarda alla New Line, la politica di Black Panther

La DC guarda alla New Line, la politica di Black Panther

In questa puntata di Nuvole di Celluloide, i nostri riflettori sul dietro le quinte dei cinecomics sono puntati sulla politica in Black Panther, la New Line e i progetti DC Comics/Vertigo.

DC Comics, New Line e The Kitchen

Una delle notizie più interessanti dei giorni scorsi, passata sotto traccia nella maggior parte dei casi, è stato l’annuncio dell’adattamento cinematografico di The Kitchen, serie a fumetti targata Vertigo realizzata da Ollie Masters e Ming Doyle, da parte della New Line Cinema.

Il progetto in sé è molto interessante per alcune ragioni fondamentali. La prima è che la major cinematografica legata alla Warner Bros. conferma ancora una volta la sua centralità nello sviluppo di pellicole targate DC Comics dai tratti molto particolari. Dopo Shazam, che sta accentrando su di sé una ovvia attenzione ancora di più nel corso della lavorazione, The Kitchen si presenta come un’altra scommessa affascinante per la major, soprattutto grazie ai nomi coinvolti.

La presenza come protagonista dell’attrice Melissa McCarthy è infatti un altro degli aspetti più interessanti di questo adattamento che racconta la vicenda di alcune donne, mogli di boss della mafia irlandese, che prendono il comando delle gang in maniera dura e spietata dopo che i mariti sono finiti in carcere in seguito a una retata dell’FBI.
Partendo da questo incipit narrativo, la scelta della McCarthy è di per sé inedita e certamente affascinante, in quanto l’attrice è da anni una delle maggiori star della commedia americana, capace di sbancare il box office solo grazie alla sua presenza, e vederla in un ruolo drammatico, tra l’altro in un crime-drama, già di per sé gioca come un richiamo nei confronti dello spettatore, il quale si troverà davanti qualcosa di nettamente diverso dal solito, se correlato ai soliti film che la vedono protagonista.

The Kitchen comunque, fa già parte di una parziale inversione di tendenza da parte della star, che quest’anno sarà la protagonista di Can You Ever Forgive Me?, un’altra pellicola di genere drammatico con alcune tinte di commedia, in cui interpreterà il ruolo di una biografa che diventa una falsaria.
Sarà quel film lo snodo cruciale per capire se la McCarthy è la persona più adatta per un progetto come The Kitchen, anche se il coinvolgimento in quest’ultimo della sceneggiatrice Andrea Benioff, candidata all’Oscar nel 2015 per lo script di Straight Outta Compton e che proprio con l’adattamento Vertigo debutterà in veste di regista, fa ben sperare per una direzione che porti la McCarthy ad abbracciare pienamente la sua verve drammatica.

Black Panther

Uscito pochi giorni fa, Black Panther negli USA è proiettato, mentre vi scriviamo, verso un debutto al box office americano davvero spettacolare e di gran lunga molto superiore non solo ad altri film recenti su personaggi minori della Casa delle Idee, ma anche e soprattutto verso le produzioni di punta del Marvel Cinematic Universe, come le pellicole legate ai membri principali degli Avengers.
L’adattamento cinematografico sul sovrano del Wakanda diretto da Ryan Coogler ha certamente spinto a muoversi una fetta di pubblico, ovvero quella afro-americana, anche grazie alle forti tematiche politiche e ai forti riferimenti culturali presentati nel film con protagonista Chadwick Boseman. A differenza di film quali Captain America: Civil War, anch’esso un lungometraggio dalle sfumature politiche molto forti ma legate comunque al genere supereroistico, Black Panther si è spinto oltre, facendo sue argomentazioni quali la schiavitù e l’eredità delle popolazioni di colore in America e in altri paesi, a seguito di fattori quali il colonialismo.

Black Panther fonde il regno immaginario dei personaggi Marvel con la storia del mondo, la politica contemporanea e in particolare l’esperienza dei neri negli Stati Uniti. Molti film della Marvel riflettono il tumulto politico americano del momento, ma gli scontri di questo film con le agonie dei giorni d’oggi sono insolitamente complessi e risonanti – ha sottolineato Richard Brody sul The New Yorker.

E’ soprattutto la figura di Michael B. Jordan nel ruolo di Killmonger, forse uno dei villain Marvel recenti meglio strutturati in quanto a caratterizzazione e motivazioni principali, a dare una spinta propulsiva alla pellicola e alla trama, portando nell’Universo Marvel un angolo di umanità mai pienamente affrontata, nemmeno in progetti quali il Luke Cage targato Netflix. In quest’ultimo, eventi come le uccisioni di persone di colore da parte della polizia venivano certamente accennate, ma il discorso rimaneva in superficie senza andare mai nel profondo.

In Black Panther tutto è differente, in quanto il regista (anche sceneggiatore assieme a Robert Cole) costruisce un livello narrativo in cui al radicalismo di Killmonger si oppone una visione del mondo in cui “si costruiscono ponti anziché alzare barriere”, come viene accennato dal protagonista in una sequenza che sembra rispondere nettamente alla politica dell’attuale amministrazione americana guidata da Donald Trump.

Michael B. Jordan e Chadwick Boseman. Il personaggio di Killmonger colpisce per i riferimenti al radicalismo nero e alla schiavitù.

La tentazione del radicalismo nero di prendere le armi contro i poteri oppressivi della supremazia bianca, è presente in Black Panther. Ma i suoi eroi, benché del tutto solidali con i bisogni e le richieste degli oppressi, lo rifiutano, favorendo il miglioramento rispetto alla vendetta, una ricerca di giustizia per un nuovo ciclo di ingiustizie. Lo fanno non solo per la bontà dei loro cuori. Piuttosto, se gli eroi di Wakanda rifiutano il radicalismo rivoluzionario di Killmonger è perché lo considerano semplicemente l’equivalente del radicalismo bianco che è nel potere della vita reale ora.

Messaggi questi potentissimi in una pellicola targata Marvel Studios che si fa apprezzare anche perché segna una evoluzione narrativa nettamente opposta rispetto a produzioni recenti. Il film è uno standalone in tutto e per tutto, rifiuta la presenza continua degli easter egg (a eccezione delle sequenze nei titoli di coda) e gioca su un intrattenimento intelligente e più profondo, se confrontato a progetti più scanzonati come Spider-Man: Homecoming o il deludente e troppo demenziale Thor: Ragnarok. L’umorismo, un tratto distintivo di altri film Marvel Studios, è presente ma in piccolissime dosi, e non va ad inficiare la trama né a fare sì che questa possa rimanere prigioniera delle gag, come successo al franchise sul Dio del Tuono.

Black Panther è un progetto che segna un nuovo inizio per i Marvel Studios, e bisognerà vedere se questo interessante percorso sarà continuato nel prossimo futuro, o se ci troveremo davanti a una eccezione alla regola dal sapore temporaneo.

Cinebrevi

Immagini dal set di Shazam.

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