David Rubìn: il fuoco dentro

David Rubìn: il fuoco dentro

A Lucca C&G 2023 abbiamo avuto l'occasione di parlare con l’autore spagnolo David Rubìn della sua ultima opera, Il fuoco, e della passione per il suo lavoro.

David Rubìn è una delle punte di diamante della “Spanish Invasion” che da qualche anno vede gli autori iberici affermarsi a livello internazionale sui mercati fumettistici europeo e americano. Grande appassionato di mitologia e supereroi, Rubìn nel corso della sua carriera professionale ha reinterpretato eroi come Ercole e Beowulf e creato universi supereroistici insieme ad autori del calibro di Jeff Lemire e Matt Kindt.
A Lucca Comics & Games 2023 il fumettista spagnolo era ospite di Tunuè, editore italiano di molte sue opere, che per l’occasione ha presentato
Il fuoco, graphic novel che vede Rubìn nelle vesti di autore unico. Proprio dei temi difficili e complessi trattati in questa sua più recente opera e della sua passione per il mito abbiamo parlato con l’autore.

Rubin Lucca Cg2023
David Rubin durante l’intervista a Lucca C&G 2023

Ciao David e bentrovato su Lo Spazio Bianco.
Considerando la tua profonda conoscenza della figura dell’eroe classico e l’altrettanto profonda competenza e passione verso il fumetto supereroistico, come definiresti Alexander Yorba, il protagonista de Il fuoco? Eroe, antieroe, supereroe o forse un mix dei tre?
Alexander Yorba non è un eroe, è qualcuno che sogna di esserlo ma non lo è affatto. È un diavolo maledetto che mente a sé stesso e agli altri, principalmente per salvarsi. E quando capisce che le bugie sono troppe e stanno per cadergli addosso, si rifugia nell’idea che sia possibile salvare il mondo, nella convinzione di essere un eroe tragico.

È chiaro che, nella creazione di un personaggio, un autore intervenga anche con il proprio vissuto. Ci sono eventi, domande che ti sei posto o esperienze della tua vita che hai trasferito nella personalità di Alexander o hanno influenzato la sua nascita e la trama che ne deriva?
Sicuramente ci sono molte affinità ed eventi che derivano dall’esperienza personale, nonostante si tratti comunque di finzione. Il fatto ad esempio che Alexander beva molto, ritrae quella che è stata un’esperienza personale. Per fare questo ho dovuto scavare nei cassetti del passato, ed è stata sicuramente dura, però allo stesso tempo è diventata un’esperienza liberatoria che mi ha permesso di capire i miei errori con naturalezza, senza soffermarmi troppo sul senso di colpa. Un sentimento questo che tutti conosciamo (soprattutto se si riceve un’educazione cattolica, non si fa in tempo a nascere che già dobbiamo sentirci in colpa per il dolore che abbiamo causato col parto), e che probabilmente rappresenta una delle vie attraverso cui diventa facile per il lettore simpatizzare con un personaggio.

Ne Il fuoco approcci argomenti attuali e difficili come il fine vita e il cambiamento climatico, senza mai esprimere una posizione unica o individuare una verità inconfutabile ma lasciando al lettore la possibilità di costruirsi le proprie idee. Qual è il pensiero di David Rubìn rispetto a queste due tematiche?
Per me era importante essere onesto con me stesso e con i lettori, e farlo nel modo più diretto possibile. Parlare di problemi, che sono stati anche miei, mi ha fatto rischiare di creare attriti con la mia stessa famiglia, perché si trattava di narrare cose molto personali e intime, di cui magari non tutti erano a conoscenza. Volevo dare vita a un lavoro fatto non per divertire o piacere per forza, ma far riflettere sui lati oscuri di noi stessi.
Non volevo che fosse un’opera piena di moralismi e quindi non c’è una morale sostanzialmente, ma mi interessava fare in modo che il lettore si rispondesse da solo riguardo ai quesiti che scaturiscono dalla lettura. Quest’opera ha un messaggio profondamente anticapitalista ed ecologista. Il meteorite alla fine è come se fosse il male minore della vicenda, nella quale non a caso rimane marginale. Non è sicuramente un elemento originale da inserire in un lavoro simile, ma è piuttosto una metafora per parlare di noi. Yorba è il riflesso della società nella quale vive, l’esempio di fino a dove questa società può spingersi.
Sono padre da poco e quindi mi preoccupo di cose di cui non mi preoccupavo tempo fa, e devo dire di non sentirmi molto ottimista. Tutto è molto difficile, se non addirittura terribile. L’empatia delle persone sembra essere diminuita, forse anche per il tipo di informazione a con cui siamo esposti. Credo che ci sia in atto un processo di disumanizzazione, in televisione vediamo immagini di uccisioni reali che sembrano il trailer di un blockbuster cinematografico. Invece che di persone si parla di cifre o di statistiche, sembra di essere in un videogioco. Si trattano temi complessi con superficialità. E Yorba è proprio il sintomo di questo, di una superficialità da cui deve riemergere e quindi, dopo aver costruito un impero sulla menzogna, si trova costretto a vivere con sé stesso perché è l’unica persona che gli è rimasta.

Il Fuoco CoverUna scena molto intima è ambientata a Roma. Hai scelto la “nostra” capitale solo per le sue indiscusse caratteristiche iconiche o sei legato in altri modi alla città eterna?
Roma significa molte cose. Innanzitutto è “la città” per antonomasia, ma non solo. Ho ritenuto che fosse molto potente, da un punto visivo, mostrare una città così piena di vita totalmente vuota, come se fosse il fantasma di sé stessa. Quella ambientata a Roma è una sequenza particolare, in cui Yorba immagina cose e dialoga con persone da lui immaginate, mentre vaga da solo per la città, cercando di rispondere a domande a cui non ha potuto rispondere quando era il momento. Ora è tardi, il cancro è già a uno stadio molto avanzato e quindi percorre un viaggio nei ricordi. È una situazione certamente molto triste, ma allo stesso tempo un momento necessario in cui abbassare il ritmo dopo il finale, molto violento, del capitolo precedente. È stato il capitolo più difficile da realizzare, perché ha reso necessario scavare in ricordi molto dolorosi.

Dopo il climax, Il fuoco si conclude con un buio che è al tempo steso interiore e cosmico. Qual è il significato che vuoi trasmettere con questo finale senza possibilità di appello?
Il significato è che non c’è via d’uscita. Ciò che ci aspetta, come unica soluzione, è l’estinzione, che sia per colpa degli alieni o, come credo, per autodistruzione. Parlare del futuro è certamente un modo molto utile per riflettere sulle condizioni del presente, ma quello che ci aspetta, se continuiamo a trattare in questo modo il presente, è soltanto tristezza e disperazione. Per non arrivare a questo punto occorre un cambiamento, ma una grande opportunità di cambiamento che è stata la pandemia ci ha mostrato come cambiare una società sia molto complesso perché si tende a diventare più chiusi. Come dice la professoressa di Yorba nel fumetto, siamo un’anomalia nell’universo, siamo un cancro che non fa altro che espandersi.

L’Eroe e Beowulf dimostrano la tua fascinazione per il mito e anche la tua passione per il supereroico – da molti definito epica moderna – si lega a questa tua attenzione per la mitologia. Che cosa significa per te rinarrare con il fumetto le gesta di personaggi come Eracle e Beowulf, archetipi fondamentali per la cultura occidentale?
Sono sempre stato affascinato fin da bambino a miti e leggende, e come autore devo dire che sono un materiale sicuramente molto malleabile, perché ti permette di giocare e scambiare ruoli senza e perdere la sua essenza. Questo mi consente di raccontare essenzialmente di tutto. Nel Il fuoco accade il contrario, c’è una sorta di demitizzazione. La figura del maschio eroe lascia il posto alla mascolinità tossica. Credo che ci siano molti Yorba nel nostro mondo, persone che si credono e sono considerate degli esempi e in realtà non lo sono affatto. Del resto non siamo perfetti. Arrivato a 46 anni comincio ad abbracciare le mie mancanze e i miei difetti, ma la cosa positiva è che posso sempre provare a porvi rimedio, interrogandomi. La mia intenzione era quindi anche quella di giocare con le aspettative del lettore, convinto magari di trovarsi davanti a un personaggio eroico alle prese con una grande sfida e fargli scoprire che le cose non stanno così.

Beowulf CoverNei tuoi lavori per il mercato dei comics americani spesso disegni su testi di altri, senza tuttavia che la tua cifra stilistica venga modificata rispetto ai tuoi fumetti come autore unico, anzi arricchendo con la tua estetica alcuni dei canoni del fumetto americano mainstream. Quanto libertà hai avuto e chiedi di avere in queste tue collaborazioni?
Mi è sempre stata lasciata piena libertà e ho avuto la fortuna di lavorare con autori che ammiro moltissimo. La cosa più bella avviene quando gli autori mi presentano il progetto e poi mi chiedono un parere: si innesca così uno scambio che dà vita alla mia immaginazione, idee e proposte si mescolano e alla fine, soltanto dopo questo processo, c’è la scrittura della sceneggiatura. È un modo di lavorare che mi affascina molto. Sicuramente mi piace scrivere le mie storie, ma anche collaborare, perché questo mi obbliga a confrontarsi con modalità di fumetto diverse e uscire dalla mia zona di comfort, abbandonando le comodità e non dando nulla per scontato. Sono convinto che sarebbe la morte della mia professione se, a un certo punto, sopraggiungesse la noia. Preferisco incontrare problemi e risolverli. Il fuoco, per esempio, doveva avere un finale totalmente diverso, ma il problema principale era che era molto ancorato al reale e non mi convinceva. Ho abbandonato il finale per concentrarmi su altro e poi quello è venuto da sé ed è stato sicuramente meno tragico, ma più forte. La sceneggiatura per me non è qualcosa di sacro e inviolabile ma una mappa utile a raggiungere il punto B partendo dal punto A, i sentieri per farlo però sono infiniti e possono cambiare di continuo.

Grazie per il tuo tempo, David.

Intervista realizzata dal vivo a Lucca Comics & Games 2023
Traduzione di Aurora Galbero

David Rubìn

David Rubin Ritratto2Nato a Ourense in Spagna nel 1977, è uno scrittore e fumettista dal tratto dinamico ed esplosivo. Autori di innumerevoli libri, della sua opera Tunué ha pubblicato in Italia: Dove nessuno può arrivare, La sala da tè dell’orso malese, L’Eroe, Beowulf, Grand Hotel Abisso e nel 2023 Il fuoco. Il suo stile di disegno fortemente influenzato dai maestri americani, Jack Kirby in particolare, gli ha permesso di iniziare proficue collaborazioni con case editrici statunitensi, tra cui Dark Horse Comics con la quale ha pubblicato la miniserie dell’universo supereroistico di Black Hammer, Sherlock Frankenstein e la Legione del male su testi di Jeff Lemire, portato in Italia da Bao Publishing. Rubìn ha anche disegnato una delle storie contenute nel primo volume di Miti del nord di Neil Gaiman, anch’esso pubblicato in Italia da Tunué nel 2023.

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