Nel primo volume della sua gestione dedicata a Darth Vader, Charles Soule (sceneggiatore) ha creato da zero Kirak Infil’a, uno Jedi, per contrapporlo al protagonista con il duplice intento di arricchire la mitologia di Star Wars e di offrire un valido banco di prova all’uomo precedentemente conosciuto come Anakin Skywalker. Nei sei capitoli raccolti nel brossurato La luce morente il cammino, che costruirà il Darth Vader capace di imprimersi nell’immaginario collettivo già dalla sua prima apparizione in Una nuova speranza, prevede il difficile superamento di due ostacoli di diversa natura.
Infatti, il Signore Oscuro non deve soltanto catturare la Jedi Jocasta, ex archivista del tempio sopravvissuta alla strage dei guerrieri del Lato Chiaro della Forza, ma è costretto a far fronte a un complotto ai suoi danni, figlio di una spaccatura interna all’Impero Galattico.
Soule, quindi, dapprima riutilizza la formula inaugurata nel primo arco narrativo – la contrapposizione tra il Sith e un avversario di cui leggiamo il modus operandi – successivamente varia e complica la vicenda, calando l’iconico villain nel contesto più ampio di una politica che è semplicemente il termine nobile usato per nascondere becere rivalità e invidie striscianti, paura e brama di potere.
In questo meccanismo, di Vader non risaltano solo le qualità nel combattimento, ma anche l’egoismo e l’egocentrismo, due suoi difetti già presenti quando egli era un ragazzino desideroso di vivere libero, al fianco dei campioni del Bene. Che impugni una spada laser verde o una rossa, Anakin rimane un uomo che ha bisogno di avere l’esclusiva, che non può essere messo in secondo piano. Non tollera che il suo capo, Darth Sidious, affidi incarichi ad altri combattenti, in questo caso agli Inquisitori (personaggi di rilievo nella serie televisiva Star Wars: Rebels); non accetta supinamente gli ordini; esclude categoricamente di limitarsi a svolgere il ruolo di esecutore.
Mentre persegue l’interesse personale, tirando dritto per la propria strada, l’implacabile apprendista rischia di diventare preda delle passioni. Per i Sith esse sono fondamentali: non vanno bandite come vogliono gli Jedi, bensì attizzate e sfruttate, sempre evitando che prendano il sopravvento, perché sono strumenti, non padroni.
Nell’approfondimento psicologico, nel tentativo di rimuovere l’armatura per conoscere l’interiorità del protagonista, che passa proprio dallo scontro fisico e ideologico con nemici e supposti alleati, risiedono i punti di forza della storia. Soule non scrive un trattato di psicologia né riversa fiumi di inchiostro per caratterizzare il Sith: preferisce sceneggiare una serie di scene d’azione, intervallate da brevi istantanee nelle quali le emozioni e le intenzioni traspaiono senza filtri. È sufficiente osservare la postura che di volta in volta Vader assume e leggere le poche battute di dialogo che pronuncia, per rendersi conto di che cos’abbia in mente, che cosa lo muova e quali obiettivi stia cercando di raggiungere.
A questi elementi si sommano tre rapide sequenze che mostrano il Signore Oscuro intento nella meditazione. Il disegnatore Giuseppe Camuncoli, che di solito arricchisce gli sfondi con molti dettagli, collabora con il colorista David Curiel affinché il risultato sia affascinante e di forte impatto: su un fondale rosso e nero, nel quale cielo e mare si fondono, si staglia una sagoma nera e bianca con venature scarlatte. Il richiamo agli ultimi minuti del film La vendetta dei Sith è tanto palese quanto potente.
Al di fuori di queste specifiche occasioni, il braccio destro dell’Imperatore appare sempre ben definito, avendo guadagnato un certo spessore scenico rispetto al primo volume. In generale, se i tratti somatici dei personaggi principali sono curati con attenzione, con occhio di particolare riguardo per le espressioni facciali tese e crudeli, risultano abbozzati quelli delle comparse.
Oltre ai volti, anche la recitazione corporea degli spadaccini è degna di apprezzamento, visto che le coreografie degli scontri godono di una buona differenziazione e i movimenti sono dinamici, assecondati dall’impostazione data alla griglia.
Dei pochi momenti rilassati, colpiscono la varietà e la profondità delle inquadrature: tra tutte si menziona l’iconica genuflessione dell’apprendista di fronte al maestro con la finestra di sfondo che affaccia sul paesaggio notturno di Coruscant.
Nella conclusione della recensione del volume Macchina imperiale si scriveva che per un fruitore occasionale la lettura probabilmente non sarebbe stata soddisfacente, poiché nella storia non si dipanavano eventi eclatanti. Con il secondo arco narrativo la serie Darth Vader continua a prestare il fianco a questa critica, ma risolve parzialmente il problema relativo al pubblico di riferimento. Anche se le strizzatine d’occhio e le citazioni rimangono terreno di caccia per gli appassionati della prima o della seconda ora – ai quali fa piacere conoscere nuove informazioni sull’Inquisitorio e notare un collegamento con il fumetto Lando, sceneggiato dallo stesso Soule -, tuttavia La luce morente si rende appetibile anche per coloro che, non del tutto informati sull’universo di Guerre Stellari, desiderino scoprire di più sul celebre Sith, grazie al lavoro svolto per cesellare il carattere del personaggio.
Abbiamo parlato di:
Darth Vader #2 – La luce morente
Charles Soule, Giuseppe Camuncoli, David Curiel
Traduzione di Luigi Mutti
Panini Comics, dicembre 2018
136 pagine, brossurato, colori – 14,00 €
ISBN: 9788891243867