Daredevil e la svolta di Disney+
Tra i progetti più attesi annunciati al San Diego Comic-Con, la nuova serie con protagonista il Diavolo Rosso interpretato da Charlie Cox è stato certamente tra quelli più emozionanti. Nella precedente puntata di Nuvole di Celluloide abbiamo brevemente accennato a questo show, senza però affrontare l’argomento in maniera più ampia, a partire dal format deciso dai Marvel Studios.
Daredevil: Born Again segna infatti un deciso passo in avanti rispetto al modo in cui, fino ad ora, Kevin Feige e Co. hanno utilizzato la piattaforma Disney+ per la presentazione di nuovi show basati sui fumetti Marvel, optando per progetti che fossero comunque contraddistinti da una gamma di episodi breve e non eccessiva.
Lo sbarco del Marvel Cinematic Universe su Disney+ ha infatti visto dominare la definizione di miniserie, o comunque di show che continuano per altre stagioni (ad esempio Loki, la cui seconda è attualmente in lavorazione) ma sempre con una numerazione di episodi molto ridotta, elemento che per molti è stato sia un pregio che un difetto per alcuni di questi prodotti, a livello narrativo.
È ovvio che la decisione di strutturare Daredevil: Born Again in ben 18 episodi modifica pesantemente la percezione della serie, non solo per la durata, ma anche per le vicende che saranno raccontate al suo interno. La scelta del titolo, comunque, non indica necessariamente che vedremo una riedizione della famosa saga di Frank Miller, anche perché trattata in parte nella terza stagione della precedente serie targata Netflix. È più che legittimo pensare che il titolo sia una sorta di brand promozionale per evidenziare una rinascita creativa del personaggio, qualcosa di molto simile a quello che i Marvel Studios già fecero con Spider-Man: Homecoming, un titolo che era soprattutto un richiamo a un “ritorno a casa” del personaggio, e non solo a un elemento narrativo del film che, tra l’altro, era ridotto a una singola sequenza.
Partendo da questo presupposto, è possibile pensare che i Marvel Studios cambino del tutto approccio nei confronti del personaggio, magari cercando di amalgamare vari cicli narrativi visti negli albi a fumetti, tra cui possibilmente quello di Mark Waid, che potrebbe essere quello che più si adatterebbe a un rilancio sul piccolo schermo dell’avvocato cieco, anche se non è da escludere uno sguardo a periodi più recenti, come la run scritta da Chip Zdasrsy, fino a pochissimo tempo fa.
Warner e l’occasione mancata di Superman
Mentre viene confermata la partecipazione di Ben Affleck come Batman nel sequel di Aquaman, giorni dopo il San Diego Comic-Con è legittimo pensare come un annuncio del genere, se fatto proprio durante l’evento e riguardante invece il Superman di Henry Cavill, avrebbe potuto sparigliare le carte e dare più luce al panel Warner, interessante ma privo di qualsiasi novità per il futuro del DCEU.
Tempo fa avevamo parlato dell’attuale nuova dirigenza della Warner guidata da David Zaslav e di come il nuovo CEO punti a rilanciare l’universo cinematografico DC soprattutto puntando nel ridare un ruolo di rilievo a Superman.
Le indiscrezioni circolate pochi giorni prima del Comic-Con, secondo le quali vi sarebbe stata una speciale apparizione di Cavill legata a un suo ritorno come l’uomo d’acciaio, si sono infrante di fronte alle realtà lavorative che lo vedono sempre più coinvolto con la serie The Wicther, ma al tempo stesso con il fatto che la major abbia sprecato l’occasione di fare percepire al pubblico quelle che sono le intenzioni della nuova leadership aziendale nei confronti dei progetti DC Comics.
In un esplicativo articolo pubblicato da Forbes, dal titolo “DC Films ancora non sa cosa fare con Superman” e firmato da Dani Di Placido, in cui tra l’altro vengono rivelate indiscrezioni secondo cui la Warner non è ancora sicura sul come rendere il personaggio “rilevante per il pubblico moderno”, viene evidenziata la forte contraddizione che vede il capostipite dei supereroi come il più difficile da adattare per il grande schermo.
È interessante notare che Superman, un personaggio istintivamente associato alla parola “supereroe”, si stia rivelando difficile da adattare come film nell’era della saturazione dei supereroi. I poteri divini e l’atteggiamento retto del personaggio sono davvero troppo alienanti per il pubblico moderno?
Di solito questo è l’argomento contro Superman, ma non spiega davvero la sua improvvisa assenza dal grande schermo. Dopotutto, Wonder Woman, Shazam e Capitan America sono incredibilmente popolari e condividono tutti quella serietà infantile e l’ottimismo sconfinato che definiscono Superman. Allora, perché l’Uomo d’Acciaio non prospera tra i suoi colleghi benefattori?
Secondo il giornalista, quella semplicità che ha resistito immutabile al corso degli anni, in questa epoca si sta rivelando un ostacolo per quanto riguarda il suo successo cinematografico., evidenziando che Superman potrebbe non riuscire a condividere quella malleabilità di altri personaggi (quali ad esempio Batman), che negli ultimi 30 anni ha visto su di esso concentrarsi la realizzazione di numerosi film, un paio non così fedeli alle atmosfere dell’uomo pipistrello viste nei fumetti, ma comunque segno di una adattabilità che forse Superman non possiede.
Detto questo, è compito della Warner riuscire a trovare quel fattore per il quale Superman possa riuscire a distinguersi tra la folla di suoi illustri colleghi, ma il tempo (e l’assenza alla Comic-Con di Cavill lo conferma) sta decisamente scadendo, almeno per quanto riguarda la versione più recente del personaggio.