Da Topolino a MM: Tito Faraci e l’hard-boiled disneyano

Da Topolino a MM: Tito Faraci e l’hard-boiled disneyano

Analizziamo la testata "MM - Mickey Mouse Mystery Magazine", massimo esempio del Topolino hard-boiled particolarmente caro a Tito Faraci, principale fautore della serie insieme a Francesco Artibani: dai legami con la tradizione disneyana fino alla chiusura del progetto.

1. Mickey Mouse Mystery Magazine: sulle spalle dei giganti

La stagione di Paolo Cavaglione come direttore di Topolino fu proficua in particolare per i progetti collaterali che la redazione, grazie alla spinta creativa di Ezio Sisto, propose in edicola. Su tutti spiccavano gli albi spillati nel formato dei supereroi, il cui apripista fu Paperinik New Adventures (PKNA). La rivista rinnovava il mondo del papero mascherato, improvvisamente catapultato nelle dinamiche dei supereroi propriamente detti grazie ad alieni cattivi e razziatori provenienti dal futuro ed ebbe un grande successo, grazie all’originalità rispetto sia alle storie classiche disneyane, sia a buona parte delle proposte da edicola presenti in quel periodo (stiamo parlando di una ventina di anni fa).
Sull’onda del successo della formula, Disney Italia provò a ripetere l’operazione anche con Topolino, varando Mickey Mouse Mystery Magazine (MM), che purtroppo ebbe una poco brillante carriera in edicola. Il progetto, però, ha goduto di nuova attenzione qualche anno fa grazie a una riedizione nel formato Omnibus, che proponeva gli albi della serie originale in due volumi di grande foliazione.
Risulta interessante esaminare alcuni elementi distintivi della serie, contestualizzando il suo rapporto con la tradizione disneyana di genere mystery e thriller.
In questa prima parte dell’analisi, ci concentreremo sui legami con la tradizione e su come questa si sia evoluta fino a creare il terreno fertile per la nascita della rivista.

Nel segno di Floyd Gottfredson

Potrebbe sembrare strano, soprattutto per chi non ha mai avuto modo di leggere le strisce di Floyd Gottfredson, affermare che MM fosse ben piantata nella tradizione del personaggio, attualizzandola, però, allo spirito moderno dell’epoca.
Gottfredson, aiutato nel corso della sua carriera da vari collaboratori – all’inizio soprattutto Ted Osborne e successivamente Bill Walsh – aveva trasformato il Topolino scavezzacollo delle origini in un avventuriero a tutto tondo, in grado di muoversi nelle ambientazioni esotiche e in quelle urbane con lo stesso piglio ed entusiasmo. Una delle caratteristiche di queste storie era il contributo degli avversari al tono dominante: quelle più tranquille sfruttavano personaggi “semplicemente” avidi, generalmente degli imbroglioni e truffatori; quelle a più alta tensione contavano su figure violente e sopra le righe, come l’arcinemico Gambadilegno o l’enigmatico Macchia Nera1.

Entrambi questi avversari, come in seguito molti altri, tentarono di uccidere Topolino, mettendo in atto i loro piani senza preoccuparsi della sensibilità del lettore. L’accettabilità di questo stile molto realistico per le strisce ideate da Gottfredson e collaboratori stava proprio nel lettore cui erano rivolti: lavoratori e professionisti che compravano e leggevano i quotidiani, e quindi molto meno impressionabili dalle situazioni proposte giornalmente dalla striscia.

Mafia a Topolinia

All’interno di questo contesto, una delle storie più violente del primo periodo (e probabilmente di tutte le storie realizzate con il personaggio) è Topolino giornalista, pubblicata sui quotidiani dal 4 marzo all’1 giugno 1935.
Il Nostro, dopo aver rilevato dal signor Refusi L’eco del mondo, quotidiano in crisi a causa del pizzo, si lancia nella ricostruzione del giornale nel segno della verità e del coraggio contro la corruzione e le bande organizzate.
È, in questo senso, di grandissimo esempio anche per i nostri giornalisti l’editoriale di Topolino uscito nella striscia del 5 aprile:

Il “Guido La Gamba” citato dal nostro eroe si rivela nella striscia del giorno successivo: è un Pietro Gambadilegno più violento e determinato che mai.
L’idea di Gottfredson è quella di inserire Topolino all’interno di un contesto caratterizzato dalle problematiche della cronaca quotidiana dell’epoca, come il gangsterismo e la corruzione, la cui costante attualità forse contribuisce all’efficacia di queste vicende a decenni di distanza. I cartelli criminali, infatti, non solo taglieggiavano commercianti e imprenditori, ottenendo i soldi per portare avanti le loro attività (come il contrabbando di liquori), ma ripulivano i soldi attraverso attività solo apparentemente legali, magari ottenute grazie ad appalti pubblici vinti sfruttando i favori di politici conniventi.
Gambadilegno, allora, è il personaggio perfetto per rappresentare il tipico capo mafia, mentre Topolino è il giornalista che, in prima fila come il Mike Dolan di Horace McCoy, si oppone allo status quo tacitamente accettato, anche a costo della propria vita. Basta, infatti, pensare agli attentati contro il giornale, che dal semplice mattone contro la vetrata, via via salgono fino alla mitragliata della sede o all’esplosione delle rotative.

Soggetti più o meno vicini a quello di Topolino giornalista ritornarono nel corso degli anni successivi, in particolare durante la collaborazione con Bill Walsh: ad esempio ne La banda della morte 2 l’avversario del nostro eroe, qui affiancato da Eta Beta, era il signor Agnello (Mr. Lamb), capo di un’implacabile rete di ladri e protetto dalla facciata di tranquillo filantropo. Alcuni elementi di questo soggetto si ritrovano, poi, ne L’orfanello riformato 3, altro esempio delle atmosfere poliziesche molto spesso utilizzate in particolare da Walsh e Gottfredson, che condivide con il primo una caratteristica essenziale: i due autori avevano slegato Topolino dall’avversario standard, Gambadilegno, facendolo confrontare con personaggi differenti.
Questa serie di avventure, tra hard-boiled e noir, vennero recuperate proprio sul finire degli anni Novanta del XX Secolo grazie a una meritoria rivista: Topomistery.

Aiotto

Una delle storie disneyane italiane di quegli anni spesso ricordata con maggior piacere dai fan è Topolino e il mistero della voce spezzata del 1991, di Silvano Mezzavilla e Giorgio Cavazzano.
In una notte di tempesta un fulmine cade accanto a una cabina telefonica in disuso da anni e quella stessa notte mezza Topolinia viene svegliata da una misteriosa telefonata, identica per tutti, dove una voce carica di terrore urla una richiesta di soccorso particolare:

Aiotto!

Partendo da questa telefonata, Topolino, anch’egli svegliato all’improvviso, si muove in un classico giallo investigativo all’interno di un intricato soggetto di spionaggio industriale. Tecnicamente suddiviso in due parti, la prima con la descrizione delle indagini e la raccolta degli indizi, la seconda con la spiegazione del mistero, propone il Topolino con impermeabile e cappellino alla Mickey Spillane, che venne sempre più spesso utilizzato anche da altri autori disneyani.
Ovviamente per rilanciare il genere non bastava il restyling del look, ma il percorso iniziato da Mezzavilla e Cavazzano fu di ispirazione, non solo perché i due autori in coppia trovarono sempre più spazio con avventure dello stesso tenore4, ma anche perché sull’onda del loro successo venne inaugurata la già citata Topomistery, che utilizzò due vignette tratte proprio da La voce spezzata per le copertine dei primi due numeri.

Il terreno, così, veniva preparato e seminato: da un lato iniziava un percorso di riscrittura e approfondimento, non sempre efficace, di Gambadilegno e quindi di Topolino stesso, mentre dall’altro venivano ristampate le grandi storie gialle sia statunitensi sia italiane, come per esempio L’unghia di Kalì di Romano Scarpa, permettendo ai vecchi lettori di rileggere storie amate e dimenticate e ai nuovi di scoprire quei grandi capolavori che hanno contribuito a caratterizzare Topolino e il suo piccolo mondo.

2. Mickey Mouse Mystery Magazine: da Rock Sassi ad Anderville

Uno degli “esercizi di scrittura” più interessanti di Tito Faraci è l’articolo introduttivo a L’unghia di Kalì nella ristampa del 1996 sulle pagine di Topomistery #47. L’articolo mostra tutta la passione di Faraci nei confronti dello Scarpa narratore completo e di Topolino come personaggio non banale e non cristallizzato sulla figura del perfettino a ogni costo. D’altra parte lo stesso Faraci aveva iniziato a proporre una nuova visione del personaggio e del suo mondo, che in effetti proseguiva le idee proposte in precedenza da Silvano Mezzavilla e che aveva trovato primo sbocco in alcune storie per il settimanale disneyano.

Anderville

È in questo contesto editoriale e narrativo, un mix tra rinnovamento delle caratterizzazioni e riscoperta della tradizione più realistica del personaggio, che va a inserirsi MM, rivista che sin da subito si pone con un piglio innovativo, scardinando uno dei punti essenziali del personaggio: l’ambientazione.
Topolino, sin dalle storie di Gottfredson, ha agito sostanzialmente in due contesti: l’avventura esotica (anche di genere fantastico e fantascientifico) e quella urbana, in una non meglio identificata Homeville5. MM sradica, invece, il personaggio dalla sua città e lo consegna, al tempo stesso stabilmente e precariamente, alla metropoli di Anderville, geograficamente situata sulla costa opposta, quella est, variazione sulla più famosa New York con la quale condivide anche la presenza di una imponente statua, la Vittoria Atlantica.

La città, però, sulle prime pagine del numero zero realizzato da Tito Faraci e Giorgio Cavazzano, si presenta subito come profondamente differente da Topolinia. A titolo di esempio, vediamo come viene costruito l’avvicinarsi alla prima apparizione di Topolino.
Una manovra maldestra del camion della nettezza urbana abbatte il primo lampione della città, segnalato persino da una targa. Gli spazzini prendono il lampione e lo caricano sul camion e, mentre questi prosegue con il suo giro, una persona raccoglie la targa, che troveremo alla pagina successiva come cartello sulla porta di un bar. La seconda pagina introduce, quindi, l’ispettore Clayton del 28.mo distretto di polizia della città: biondo, baffuto e di malumore, graficamente ricorda il Rosco della coppia Rosco e Sonny pubblicata su Il Giornalino6.
Con la sua guida veniamo introdotti all’interno del distretto, descritto in maniera quanto più realistica possibile, e conosciamo un altro dei comprimari della serie, la detective Patty Ballestreros; dal dialogo tra i due il lettore comprende prima ancora di proseguire la lettura che per Topolino i primi momenti dell’albo sono duri: scopriamo, infatti, che è proprio il nostro eroe a trovarsi dall’altra parte del vetro nella sala degli interrogatori per raccontare una delle sue avventure più incredibili.

Quello che deve affrontare Topolino e con lui il lettore è dunque un ribaltamento totale: di ambiente, molto più urbano, e di atmosfera narrativa. Faraci introduce infatti sin da subito la tematica hard-boiled, innanzitutto con il flashback ambientato in un drive-in con un film di genere proiettato sul grande schermo, che richiama le atmosfere dei grandi classici con Humphrey Bogart, quindi con una prima scena d’azione che vede Topolino abile protagonista.

Niente di vero tranne le orecchie

Il vero nodo dell’episodio d’esordio e sostanzialmente di tutta la serie, però, non è tanto il genere letterario di riferimento in sé, o gli ammiccamenti cinematografici e televisivi pur presenti in ogni albo, quanto l’idea di approfondire Topolino mettendolo in discussione. Non è più un sicuro collaboratore della polizia, ma questa fiducia deve costruirla giorno per giorno. Al tempo stesso deve anche essere in grado di comprendere, secondo una distinzione più sottile del classico buoni/cattivi, le persone che ha di fronte, riprendendo quindi l’idea presente nella sopra citata La banda della morte. Questa impostazione di base consentiva agli autori di proporre intrecci mai banali e più approfonditi rispetto a quanto accadeva sul settimanale, mantenendo un’alta qualità media per le storie proposte ogni due mesi ai lettori.

I personaggi stessi, sia quelli principali come Clayton o gli avventori della tavola calda di Little Caesar, sia i comprimari, oscillano tra una caratterizzazione più realistica rispetto al classico canone disneyano e una più sopra le righe, alla Quentin Tarantino, giusto per fare un esempio cinematografico. I dialoghi, invece, sono serrati, alla Joe Lansdale7, mentre la voce narrante di sottofondo, quella di Topolino rappresentata attraverso didascalie che ricordano la carta ingiallita di un vecchio block-notes, varia tra il registro ironico e quello melanconico, come in ogni buon hard-boiled. La costruzione della tavola è spesso libera rispetto ai canoni classici e per certi versi anche più sperimentale rispetto alla coeva PKNA: la grandezza delle vignette e la loro sistemazione all’interno delle pagine, pur seguendo l’idea della costruzione dell’effetto narrativo cui condurre il lettore, ha un taglio molto più cinematografico di un albo medio della serie dedicata a Paperinik.

L’effetto sostanziale fu quello di proporre un’ambientazione nuova per Topolino, ma anche di approfondire in maniera più coerente alcuni aspetti del suo carattere e della professione con cui viene più spesso identificato, quella dell’investigatore.
In questo, fondamentale è stato l’apporto in particolare di Francesco Artibani, lo sceneggiatore che più si è alternato con Faraci nello sviluppo della serie. Tra i disegnatori, invece, sono sembrati molto a loro agio con queste nuove atmosfere in particolare Alessandro Perina, anche per via di uno stile fortemente influenzato da Cavazzano, e Giuseppe Zironi, grazie al tratto forte e preciso che incorpora anche elementi provenienti dallo stile di Massimo De Vita.

Possibili cause di una chiusura

Con tutti questi elementi positivi a supporto della serie, l’ovvia domanda sarebbe quali sono stati, invece, gli elementi che ne hanno decretato la chiusura.
Dall’ottica di chi ha amato la serie e i suoi punti cardine, è indubbiamente difficile riuscire a determinarli, ma molto probabilmente, considerando il tradizionalismo del lettore medio, in particolare quello che legge le storie di Mickey Mouse, sono proprio quegli stessi elementi interessanti e quell’apparente rottura con la tradizione disneyana ad aver segnato la fine di un progetto come MM. Ha indubbiamente pesato anche la periodicità bimestrale, che se da un lato avvantaggiava l’albo con una maggiore esposizione in termini di tempo, dall’altro era un elemento negativo considerando le poche copie che si vedevano in giro nelle le edicole rispetto a PKNA.
Né si può parlare di un calo di qualità delle storie rispetto agli albi scritti da Tito Faraci o Francesco Artibani: sia Riccardo Secchi sia Augusto Macchetto hanno approcciato le tematiche della rivista in maniera intelligente, proponendo soggetti tipici della letteratura e del cinema di genere aggiungendovi alcuni spunti di originalità. In definitiva, le oscillazioni qualitative fra i vari numeri della serie sono quelle tipiche di una serie di ampio respiro e, nel complesso, non così drammatiche come per altre proposte seriali.

Come mostrato in questo pezzo, MM aveva un’identità forte, radicata nella tradizione disneyana, della quale attualizzava approccio narrativo, ambientazioni e trattamento dei personaggi e delle atmosfere. Se la chiusura della serie fu determinata dalla scarsità di vendite, il punto da affrontare è se la testata non riuscì a incontrare i suoi lettori o se quei lettori semplicemente non c’erano. Per investigare il primo caso, dovremmo considerare la comunicazione e distribuzione a supporto della testata e cercare di capire se non si riuscì a valorizzare le particolarità del prodotto, ad attirare parte dei lettori potenziali o a raggiungerli fisicamente. Per studiare il secondo caso, dovremmo esplorare la percezione della serie da parte del lettore (soprattutto il disneyano tipico) e le sue aspettative. In entrambi i casi, queste indagini guadagnerebbero dall’analisi comparativa con quanto avvenne con PKNA, in modo da far emergere le differenze fra due perturbazioni al canone comunque forti.


  1. La migliore interpretazione di Macchia Nera a parere di chi scrive, prima dell’avvento di Casty, è indubbiamente quella di Guido Martina e Romano Scarpa sul Doppio segreto di Macchia Nera 

  2. Gli anni d’oro di Topolino #11 

  3. Gli anni d’oro di Topolino #15 

  4. Ad esempio Ritorno a Leg City con Gambadilegno protagonista, la più noir tra le storie della coppia 

  5. Topolinia è essenzialmente un’invenzione italiana 

  6. In quegli anni la serie era scritta dal disneyano Rudy Salvagnini 

  7. In particolare si consiglia la serie di Hap & Leonard per un possibile confronto 

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