Il processo di automazione è un fenomeno che interessa il lavoro sin dall'alba della rivoluzione industriale, e la cui prospettiva futura già da anni è oggetto di teorie economiche e ipotesi politiche e sociali. Cosa accadrà infatti un domani in cui potrebbe non esserci più bisogno di lavorare e nel quale le macchine riuscissero a soddisfare i bisogni della popolazione a costi ridotti? Quali modelli economici sostituirebbero gli attuali, esisterebbe ancora il denaro e come verrebbe redistribuito? Lavoro e reddito sarebbero ancora legati tra loro o cesserebbero di essere uno conseguenza del'altro?1
Si possono portare avanti teorie illuministe su futuri utopici di pace e prosperità, volti a esplorare tanto la spiritualità che lo spazio, nei quali il valore del tempo torna a essere primario. O scenari distopici nei quali l'umanità viene controllata attraverso qualcosa di diverso dal denaro pur di mantenerla soggiogata. Oppure, come Samuel Daveti e Francesco Rossi in Inerti, ipotizzare realtà più vicine a quella attuale semplicemente enfatizzando i comportamenti odierni e portando all'interno di una società non tanto dissimile dalla nostra le implicazioni dello sviluppo tecnologico spogliandolo di fascino e mistero.
Il fumetto dei due autori facenti parte del collettivo Mammaiuto, uno dei più vivi e talentuosi del fumetto italiano, immagina infatti un mondo qualche decennio più avanti del nostro nel quale la quasi totale automazione ha portato alla creazione di posti di lavoro fittizi, in cui si è pagati per non fare nulla, ma per accedere ai quali viene indetta una feroce e disumanizzante asta al ribasso tra aspiranti lavoratori con lo stipendio come moneta. Quanto poco si è disposti a guadagnare per avere un'elemosina sotto forma di lavoro di facciata?
Un sistema che svuota l'atto di lavorare di dignità: non solo perché il lavoro non è in alcun modo né produttivo né foriero di esperienza o con possibilità di sviluppo, ma perché ricorda fin troppo facilmente le forme di sfruttamento presenti tutt'oggi, con datori di lavoro che in molti ambiti approfittano del surplus di domanda e di condizioni disperate per rivedere al ribasso i salari e le garanzie dei lavoratori.
Queste e altre riflessioni nascono spontanee durante la lettura del fumetto, ma la scaltrezza degli autori sta nel non renderle mai didascaliche, forzate o imposte: il fulcro resta il racconto, ciò che avviene tra le tavole, mentre le implicazioni morali, le prospettive sociali ed economiche vengono inserite con naturalezza e sono, proprio per il loro essere date quasi per scontate dai personaggi, ancora più ficcanti.
Su questo scenario Daveti inserisce sapientemente personaggi e situazioni molto vicine al nostro quotidiano: un matrimonio finito, gli alimenti da pagare, il sogno di una rivalsa senza sacrificio. Quest'ultima si manifesta sotto forma di un fantomatico tesoro nascosto all'interno di una labirintica fabbrica, una sorta di lotteria segreta che solo i più tenaci possono raggiungere; da questo spunto prende il via la parte centrale del fumetto, che segue uno schema da survivor movie, con un gruppo di personaggi chiamati ad affrontare una serie di prove inaspettate e dagli esiti mortali. Una struttura da film horror per una storia che si svolge in un ambiente claustrofobico, con l'assordante rumore dei macchinari che tutto copre e da cui i protagonisti si isolano con dei tappi per le orecchie, rendendoli così però indifesi e ancor più disorientati; e restituendo le stesse sensazioni al lettore con l'assenza di onomatopee, nuvole di dialogo o anche solo didascalie.
Da sottolineare il lavoro di caratterizzazione del protagonista che sfugge presto all'ideale di eroe tipico di una certa narrazione action degli anni '80 e ha modo di evidenziare tutta la sua inadeguatezza, i suoi lati spiacevoli e poco edificanti, adatti peraltro a una storia che non offre nessuna morale o finale consolatorio. Gli altri personaggi hanno giocoforza meno spazio per emergere ma sono raccontati a sufficienza perché siano funzionali senza essere delle figurine bidimensionali.
Rossi ha un segno realistico con chiare sfumature caricaturali che aiutano a differenziare i personaggi, a evidenziarne le reazioni (caratteristiche fondamentale nella lunga scena muta da metà albo in poi) e le pose. Uno stile che si concentra proprio sui personaggi, lasciando così spesso lo sfondo vuoto e con gli elementi tecnologici quasi abbozzati, suggeriti e lasciati immaginare al lettore invece che disegnati con attenzione. D'altra parte, l'aspetto strettamente fantascientifico è uno strumento per affrontare altri temi e per portare avanti la storia, e la stessa idea di futuro immaginata dagli autori è ben lontana da essere spettacolare e accattivante, tanto che la resa dei robot e degli automi non necessità di esser dettagliata e spettacolarizzata.
Le tavole sono caratterizzate da una struttura di vignette basse, disposte su cinque o sei strisce che in gran parte prendono tutta la larghezza della pagina; le inquadrature quindi sono solitamente centrate sui volti o su piani americani, con zoom stretti su personaggi e sulle loro espressioni e che li mostrano muoversi dentro una griglia opprimente e claustrofobica. Tale griglia accomuna sia la parte ambientata all'interno della fabbrica, un luogo quindi fisicamente opprimente e claustrofobico, sia le scene all'aperto: sembra sottolineare che queste sensazioni non siano legate tanto a un luogo vero e proprio, ma siano il peso di una vita senza scopo in una società senza prospettive. Camminare curvi per stretti cunicoli invasi di fili e tubature non è tanto più inumano di una vita che non si è saputo vivere e che non tornerà, di un futuro che non offre possibilità di riscatto o di soddisfazione.
Il colore stesso, una combinazione di bianco, grigio e toni di celeste spento, infonde una patina di cupezza al racconto che non si rischiara nemmeno alla luce del sole, interrotta solamente da esplosioni di rosso che sopperiscono al sonoro nelle tavole mute per dare maggiore drammaticità a certe scene.
Da sottolineare una sequenza di quattro tavole in cui si abbandona la striscia per quattro splash page che rappresentano lo spazio fisico contiguo all'interno del quale si muovono i personaggi, percorrendolo in vignette prive di bordi, richiamando alla mente la celeberrima lezione del maestro Gianni de Luca.
Inerti è un grande esempio di fantascienza a fumetti, per quanto lontano da rappresentazioni spettacolari o idee visionarie, ma che usa il genere come da tradizione per narrare il presente immaginando il futuro. Un raccolto scorrevole, chiaro e diretto che non manca di offrire soluzioni visive e narrative mai banali e mai casuali. Interti è acquistabile in formato cartaceo o, come per tutte le opere del collettivo, disponibile gratuitamente online: www.mammaiuto.it/category/inerti; nella sua versione digitale ha vinto il premio Carlo Boscarato del Treviso Comic Book Festival come “Miglior fumetto web”.
Abbiamo parlato di:
Inerti
Samuel Daveti, Francesco Rossi
Mammaiuto, 2020
70 pagine, brossurato, colori – 10,00 €
Per acquistarlo: www.mammaiuto.it/prodotto/inerti
Sull'argomento si segnala Martin Ford, Il futuro senza lavoro (Il Saggiatore, 2017) ↩