Alle ore 12:00 del 1 maggio, ultimo giorno del Napoli Comicon 2018, nella piccola e poco esposta Sala De Matteo è iniziato l'incontro “Da Brucia a Non so chi sei”. Le autrici Cristina Portolano e Silvia Rocchi, moderate da Valerio Stivè, hanno presentato i loro ultimi lavori, editi entrambi da Rizzoli Lizard e usciti proprio lo stesso giorno – il 19 ottobre 2017. Ma cos'altro lega questi volumi? E cosa invece differenzia maggiormente le autrici e le loro opere?
Nella prima domanda il moderatore si è soffermato sull'origine di questi fumetti. Cristina Portolano ha raccontato di come il volume fosse nato come una sorta di diario, pubblicato sulla piattaforma Patreon (che sostiene gli artisti, offrendo ai lettori la possibilità di accedere a contenuti originali in cambio di una somma modica o un abbonamento). L'editore ha visto delle potenzialità in questi lavori che, rielaborati per creare un discorso coerente, una “storia con vita propria”, sono diventati Non so chi sei.
Silvia Rocchi ci ha invece raccontato di un po' di idee, tra cui quella di “vuoto”, dalle quali è partita per costruire una storia che affrontasse un tema caldo come quello del lavoro e delicato come quello delle morti bianche. Tutto questo abbracciando l'arco di una vita, quella delle due protagoniste, personaggi di età diverse e dai ruoli contrapposti (una operaia, l'altra figlia del dirigente).
Il dibattito si è poi spostato sulla complessa questione del rapporto tra realtà e fiction: possono, queste opere, essere considerate di realtà? Cristina Portolano ha sottolineato come la fiction sia funzionale per far emergere in maniera più chiara ed evidente la realtà, per rendere possibile (e anche “tollerabile”), la sua analisi. Silvia Rocchi ha commentato il fatto che la sua opera sia stata definita “documentarista”: sì, la vicenda parte da elementi di attualità ed è costruita anche grazie a dettagli di vita quotidiana ma si tratta comunque di una fiction.
Quali sono state le reazioni alle loro opere? Cristina Portolano è stata molto lucida nel descrivere una netta biforcazione: da una parte curiosità sincera, apprezzamento e ringraziamenti (i lettori si sono riconosciuti negli elementi di realtà), dall'altra la repulsione. In merito a questo secondo tipo di reazione, l'autrice ha tenuto a ribadire che il suo lavoro mira all'universalità, nella speranza anche di correggere quegli errori purtroppo ancora troppo comuni nella “scrittura del sesso”. Non si tratta infatti di un approccio morboso ma di una rappresentazione lucida e concreta, per nulla edulcorata: “i corpi sono reali”, ha specificato a questo proposito l'autrice.
Valerio Stivè ha poi commentato lo stile di entrambe le fumettiste definendolo “spontaneo”. Cristina Portolano ha raffrontato la bicromia di Non so chi sei con quella della sua opera precedente Quasi Signorina: se nella seconda questa scelta era a creare un effetto nostalgia il colore dominante della prima, il rosa, è servito oltre che a richiamare il colore della carne e degli organi genitali a generare un effetto provocatorio. Il fumetto è infatti lontanissimo dai tipici “romanzi rosa”, perché qui è la donna ad autodeterminarsi.
Silvia Rocchi ha invece scelto il bianco e nero, per la prima volta, dopo diverse opere che colpivano proprio per l'uso sapiente del colore. Il bianco e nero è per lei come “arrivare all'osso del disegno”, una vera e propria “prova per un'artista”. Tuttavia vi è anche una scena in cui si nota l'ingresso prorompente del colore: un arancione, funzionale al racconto e con una forte valenza simbolica, perché coincide col primo ingresso nella fabbrica. L'incontro si è concluso con una complessa riflessione, sostenuta e stimolata anche dalle domande del pubblico, sul femminile nel mondo del fumetto: la donna fumettista e la donna come soggetto di una storia.
Su questo, le artiste hanno due visioni molto diverse.
Cristina Portolano ha tenuto a ribadire la sua convinzione che il mondo (e quindi anche quello del fumetto) sia ancora fortemente maschilista e quindi sia necessario portare all'attenzione del pubblico delle storie “che mancano”: storie di donne forti, raccontate da donne.
Silvia Rocchi invece ha insistito sul fatto che, pur dovendo ammettere che lo status quo vada combattuto, questo risultato si ottenga scardinando il discorso dall'interno. Questo significa spostare il focus sulle storie, sui personaggi in quanto persone e non nei loro ruoli di genere. Per questo, ha detto, anche lei dovrà lavorare meglio sulla caratterizzazione dei personaggi maschili.
L'incontro ha dunque qui raggiunto il suo picco più alto: le due artiste si sono espresse in maniera lucida e intelligente, ciascuna con il proprio punto di vista, con la propria sensibilità e con il proprio specifico modo di raccontare dove il lavoro creativo, oggi, si impernia e costruisce.
Per quanto riguarda i rispettivi progetti futuri, la Portolano ha anticipato una prossima pubblicazione per bambini prevista per settembre, mentre la Rocchi ha raccontato di volersi prendere più tempo per lavorare su idee e strutture della prossima opera