Cronache Tedesche: la realtà paradossale di Max Baitinger

Cronache Tedesche: la realtà paradossale di Max Baitinger

Una routine che si trasforma in situazionismo paradossale, tra tratti sinuosi e rigide geometrie: ecco il mondo di Max Baitinger.

Max Baitinger: l’assurdità della routine quotidiana

happy-place-298274779Tra gli autori e le autrici del fumetto contemporaneo tedesco, Max Baitinger occupa un posto di assoluto rilievo. Un tratto che gioca sui contrasti tra linee sinuose e geometrie rigide, una scansione della tavola spesso definita da vignette contigue e senza spazi bianchi, una visione minimalista dei personaggi e degli ambienti, spesso scomposti nei loro minimi termini, in forme primarie (cerchi, quadrati, rettangoli), una gestione del movimento nello spazio che unisce Gianni De Luca a Dinamismo di un cane al guinzaglio di Giacomo Balla. Questo stile grafico viene messo al servizio di una narrazione del quotidiano, sia che si parli di vita tra coinquilini, sia che si parli di lavoro (o dimissioni dal posto di lavoro). Dal contrasto tra questi due elementi narrativi emerge uno sguardo ironico, a tratti satirico e caustico, sui rapporti umani e sul vivere di tutti i giorni, in una atmosfera sospesa in cui i personaggi sembrano quasi trascinati in situazioni normali ma che appaiono paradossali, al limite del grottesco.

Tutti questi elementi sono presenti già nel suo primo lavoro, Heimdall (Rotopol, 2014) e nella raccolta di storie brevi precedentemente edite su zines e riviste Happy Life (Rotopol, 2020; in Italia pubblicato meritoriamente da Sigaretten nel 2021, a oggi unica opera tradotta nel nostro paese): attraverso brevi fotografie di una routine quotidiana semi-autobiografica, l’autore sperimenta il contrasto delle geometrie, la gestione del ritmo narrativo e del tempo, tra ripetizioni o duplicazioni di forme, personaggi e situazioni, sfruttando tutte le possibiltà offerte dalla spazio della pagina che  si trasforma in tempo che scorre: tutto questo si traduce in piccoli racconti esilaranti ma anche spiazzanti e parossistici.
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Il primo lavoro lungo, Roehner (Rotopol, 2016) permette all’autore di sviluppare una storia che mette al centro le relazioni umane, tanto naturali e in qualche modo necessarie, quanto strane, spesso incomprensibili o difficili da razionalizzare e decifrare. La vita del protagonista P., fatta di isolamento, poche interazioni (in pratica solo un rapporto non ben chiaro con la sua vicina) e routine sempre uguale viene squassato da Roehner, il tipico vecchio amico invadente e logorroico che non si vorrebbe più incontrare e che invece entra senza preavviso nell’esistenza altrui. Nonostante la distanza di carattere e gli scontri più o meno sotterranei tra i due, la presenza di Roehner scuote P., costringendolo in situazioni al limite dell’assurdo e a reazioni per lui spropositate, ma in fin dei conti semplicemente umane.

In quest’opera Baitinger, oltre a giocare con le consuetudini del vivere sociale, si diverte a scomporre e ricomporre gli spazi, a riempire le scene di dettagli quotidiani, a deformare i corpi dei personaggi e a scomporre i loro movimenti, a definire espressioni esagerate o monotone sui loro volti usando pochissimi segni, con un tratto minimale carico di neri che aggrediscono il bianco immacolato della pagina. Con Rohener Max Baitinger si presenta definitivamente come uno degli autori da tenere d’occhio nel panorama fumettistico tedesco, tra i pochi a saper portare il medium in direzioni poco conosciute, a contaminarlo con illustrazione e disegno tecnico, con trovate spesso inaspettate e per questo dirompenti, pur mantenendo le sue storie su tematiche piccole e “banali”.

La pubblicazione con la casa editrice Reprodukt coincide anche una nuova fase di sperimentazione per Baitinger, che in Birgit (2017) utilizza per la prima volta il colore, con risultati (come dice lui stesso) non del tutto soddisfacenti e che verranno già migliorati in Happy Place. Ben presente, in questo lavoro ancor più che negli altri, la lezione di Chris Ware con la presenza di elementi che rimandano a infografiche, una costruzione più geometrica della tavola e una gestione analitica delle inquadrature, mentre lo stile si semplifica ulteriormente. Anche in questo caso si parla di eventi quotidiani, ovvero la decisione di Brigit di licenziarsi dal lavoro e non dover sottostare a una nuova capa, inesperta ma sempre pronta a elargire massime esistenziali: l’incedere lento della vicenda, unito a una prosa distaccata, quasi cronachistica, crea un ulteriore livello di contrasto tra registri diversi, da cui scaturisce un’atmosfera surrealista, quasi tesa e sospesa in un momento indefinito.

SybillaL’ultimo lavoro pubblicato, Sybilla (Reprodukt, 2021), è un ulteriore passo avanti nella carriera dell’autore, segnando una maturazione artistica e narrativa ancor più marcata. Le varie fasi del lavoro di Baitinger si incontrano e prendono nuove strade in questa biografia decisamente sui generis dedicata a una poetessa del barocco tedesco, Sybille Schwarz, nata 400 anni fa durante la Guerra dei Trent’anni e morta giovanissima a soli 17 anni. L’autore coglie l’occasione di una richiesta tanto fuori dai suoi canoni e dalle sue competenze per prendersi gioco dei classici lavori biografici e giocare con la sua struttura.

Di fatto la biografia della poetessa, dal punto di vista storico viene liquidata in 20 pagine, producendo un effetto spiazzante ed esilarante. Da qui, l’autore costruisce un’opera frammentata e sfilacciata, a volte confusa ma anche piena di spunti.  Si inizia con una riflessione metanarrativa divertente e divertita sul processo di lavoro che ha portato la Sybille Schwarz e.V. (associazione che cura la riscoperta della poetessa) a contattare in maniera molto naif proprio lui, totalmente disinteressato a lavori realistici: un incontro tra due mondi che non si capiscono, dal cui incontro nasce qualcosa di notevole. La figura di Sybilla viene poi presentata come una ragazza normale, emancipata e moderna, nel rapporto con suo padre ma anche con il mondo esterno, capace di mantenere viva poesia e meraviglia in un periodo funestato dalla guerra. Guerra che viene trattata con una digressione quasi mitologica ed etnografica, con una transizione verso l’illustrazione a tutta pagina di sapore primitivista prima di tornare nel mondo di Sybilla, con l’introduzione di due mercenari dalle fattezze animali (un coccodrillo antropomorfo) oppure sanchopanzesche. I cambi di registro, dal comico al drammatico al metanarrativo, sono gestiti con altrettanti cambi di stile che danno al fumetto un aspetto quantomai ricco e variegato.

Lo stile di Baitinger mostra qui un’ulteriore affinamento, una capacità di gestire strutture della tavola più rigide e altre più fluide in cui la scansione in vignette è completamente assente; le linee si fanno ancora più  sinuose e tondeggianti, quasi liquide nel loro muoversi sulla pagina bianca; laddove il bianco e nero lascia spazio al colore si nota una migliore gestione di quest’ultimo, adesso completamente integrato al disegno e capace finalmente di aggiungere livelli ulteriori di profondità narrativa ed estetica. Con questa molteplicità di idee e di spunti Baitinger ricostruisce l’esistenza di Sybilla Schwarz in maniera divertente e delicata, poetica e leggera, colmando i molti buchi della sua biografia con particolari forse non veri e nemmeno verosimili ma assolutamente riconoscibili nelle sue caratteristiche più umane, e in alcuni momenti lascia che sia la poetessa stessa, attraverso le sue opere, a parlare dei suoi sentimenti, accompagnandola solo con tavole sognanti e misteriose. Il finale evocativo e sospeso, ammantato da una lieve malinconia, fa incontrare il mondo di Sybilla e il nostro come in un sogno: ed ecco che una biografia a tratti sgangherata e dissacrante riesce nel suo intento di attualizzare e riscoprire il personaggio di cui parla e dimostra la maturità di un autore tra i più talentuosi e influenti del panorama tedesco contemporaneo.

Infine, non meno importante della produzione per l’editoria canonica, va sottolineata la  sia continua ricerca materiale dell’autore, che si traduce in piccole opere autoprodotte con tecniche di stampa molto diverse, dalla risografia alla stampa in quadricromia, sia quella narrativa, con la realizzazione di opere a piccole puntate per varie riviste (l’ultima, Hallimash, pubblicata sul Leipzigs Kreuzer Magazine, rivista locale della città di Lipsia, in contemporanea con il sito internet dell’autore, www.maxbaitinger.com/h-a-l-l-i-m-a-s-c-h).

Quattro chiacchiere con Max Baitinger

In attesa che questo autore venga scoperto dal pubblico italiano con la traduzione di questi suoi lavori, potete fare la sua conoscenza in questa intervista, realizzata al Salone Internazionale del fumetto di Erlangen del 2022.

Ciao Max e grazie per il tuo tempo con noi. Prima di tutto vorrei farti alcune domande per presentarti al pubblico italiano. Da bambino e da adolescente leggevi fumetti? Quali sono stati i primi con cui sei entrato in contatto?
Ho due fratelli più grandi che avevano una grossa collezione di Asterix e di Lucky Luke, quindi sono cresciuto leggendo quelli. Però non ero un vero e proprio fan: disegnavo già da bambino, anche fumetti, ma non solo. A scuola disegnavo durante le lezioni insieme ai miei amici, per scherzare. E da allora, semplicemente, non ho mai smesso di farlo.

Quando hai iniziato a pensare di fare fumetti e quali sono stati i tuoi passi in quella direzione?
L’ho deciso abbastanza tardi, durante i miei studi universitari. Ho studiato illustrazione e volevo fare quello, l’illustratore e l’artista. Poi durante l’accademia ho riscoperto il fumetto e anche opere che non avevo letto prima, ad esempio il fumetto franco-belga ma anche il fumetto statunitense, con autori come Chris Ware e altri. Poi sono entrato in contatto con il fumetto contemporaneo, anche tedesco, ad esempio attraverso la rivista Strapazin (rivista quadrimestrale indipendente fondata nel 1984 a Monaco di Baviera, uno dei più importanti contenitori fumettistici del fumetto in lingua tedesca nonché una delle più importanti riviste europee, NdR). Da qui ho capito quante possibilità ci sono in questo medium e che avrei potuto trovare il mio spazio: il mio stile non è classico e non mi interessava scrivere storie classiche o avventure.Happy+Place+Kunde+002+FakeHai citato Chris Ware come influenza, e questo si vede molto nel tuo lavoro…
Sì, soprattutto all’inizio è stata una grande ispirazione.

A parte questo, ci sono anche altre autori che ti hanno ispirato?
Robert Crumb ha avuto un’influenza, ma qui stiamo già parlando di una leggenda del fumetto oramai, nemmeno da considerare underground. Nella generazione di giovani autori tedeschi, invece, potrei dire Aisha Franz, Sasha Hommer, quegli autori che facevano fumetti che effettivamente non faceva nessuno. Una grande ispirazione per me è stata anche Armanda Baeza, artista cilena che vive in Portogallo: è più giovane di me, ma all’epoca aveva già pubblicato su riviste internazionali tra cui Strapazin.

Il tuo è uno stile molto particolare: la costruzione della tavola è molto geometrica, ma anche quella dei personaggi segue linee  altrettanto geometriche, alternando curve e linee spezzate. Come hai sviluppato questo stile?
Credo che il mio stile si evolva sempre un po’, i miei libri sono sempre leggeremente diversi l’uno dall’altro. Ho fatto molte prove di stile durante i miei studi, perché non volevo fissarmi su uno in particolare. Un grande vantaggio del fumetto è che si può sperimentare senza avere limiti economici, dato che per disegnare e provare non serve molto, per questo si ha molta libertà.  Già con il mio primo libro, Heimdall, ho scelto uno stile che allora era per me anche un po’ necessario, ovvero che mi aiutasse a realizzare un volume lungo per intero, perché la prima opera è sempre una grossa sfida per un fumettista. Non c’è solo lo stile, ma ci sono tante altre piccole o grandi cose a cui pensare quando si scrive una storia, però ovviamente lo stile deve restare riconoscibile e uguale a sé stesso dall’inizio alla fine. Credo che il disegno geometrico mi abbia aiutato molto in questo, per creare un layout di base che mi permettesse di limitare un po’ di insicurezza e punti difficili. Nei libri successivi ovviamente questo non è stata più una necessità e quindi ho potuto sperimentare sempre un po’ di più, con più libertà.

Sybilla per esempio è molto diversa rispetto ad altri lavori.
Esatto, molto più variegato e curvilineo.

Max+Baitinger+Röhner+AuszugAlterni disegno a colori a disegno in bianco e nero, pur non alterando il tuo stile di base, almeno all’apparenza di chi legge. C’è invece un cambiamento di approccio dietro queste due scelte?
È molto diverso tra lavoro e lavoro. Birgit è stata la prima storia a colori che ho pensato e realizzato così, ed è stata una sfida per me provare a colorarlo  al computer. In genere cerco sempre di fare tutto manualmente, non mi piace lavorare in digitale: mi interessa anche capire come si può realizzare una cosa artigianalmente, le tecniche di realizzazione e stampa, gli strumenti, la carta e così via, mi diverte di più che stare di fronte a uno  schermo. Certo, per il lavoro di tutti i giorni il digitale semplifica moltissimo la vita. Purtroppo il lavoro su Birgit si è rivelato una grossa delusione per come i colori sono risultati una volta stampati, erano diversi da come me li ero immaginati e da come li volevo. Per questo preferisco non avere i miei lavori solo su hard disk, ma realizzarli prima di tutto su carta.

Prima di pubblicare con editori, hai realizzato autoproduzioni e fanzine. Che cosa hai imparato da queste esperienze? Giocano ancora un ruolo importante per te?
Forse ha più un ruolo sociale per me, ora come ora: far parte di una certa scena culturale, interagire con altri autori e autrici, creare un gruppo anche di amici. In realtà credo che la realizzazione di autoproduzioni e fanzine fa parte dell’evoluzione di un artista, di un fumettista: non avevo deciso di fare graphic novel dall’inizio, ho iniziato con autoproduzioni, con piccolissimi editori di zine. Adesso per me non è più una parte importante del mio lavoro, credo che ora come ora io stiacercando una connessione ben precisa tra quello che faccio e come voglio pubblicarlo. Un piccolo esempio: al momento sto realizzando un libro che avevo già scritto in precedenza ma non pubblicato, parla di una amicizia e di un viaggio verso Lipsia, e per adesso la sto pubblicando a puntate in un magazine della città di Lipsia perché credo che si adatti benissimo a questo. Avevo pensato di fare una fanzine, ma dato che la storia parla della città penso che fosse più adatto a questo tipo di contenitore e poi da questo potrei realizzare un fumetto a sé stante.
In altri casi le zine che ho realizzato mi hanno molto aiutato, perché lì si può veramente sperimentare quello che si vuole, si può fare anche una sola illustrazione e giocare su quello, oltre a provare con i materiali e con la tecnica di produzione.

Nelle tue opere, penso a Rohner, a Birgit o Happy Place, raccolta di storie pubblicate precedentemente su fanzine, uno dei temi principali è la narrazione della quotidianità sotto una luce paradossale, in cui eventi normali vengono trasformati in un’ottica grottesca e assurda. Come hai sviluppato interesse per queste tematiche?
In realtà non mi ero prefissato di fare questo genere di storie, ma adesso che lo dici e ci rifletto su, penso che alla fine quello che si vede nei miei fumetti riflette un po’ come io interpreto e interagisco con la routine quotidiana. La vita quotidiana ha sempre dei lati e degli elementi grotteschi: se uno non ci pensa o non ci si concentra sopra non se ne accorge, ma se mi fermo a pensare alle cose che faccio e a quello che succede, o perché si fanno alcune cose, allora riesco a percepire tutto questo. Ed è anche divertente pensare che c’è una formazione per qualsiasi lavoro, ma non per la vita di tutti i giorni: se uno ci pensa, da dove nascono certe convenzioni, certi modi di interagire? Siamo tutti abituati a fare certe cose, ma a volte mi fermo a pensare come mai ci si comporta in un certo modo, in alcune situazioni o nei confronti di altre persone, e certe volte non trovo una risposta chiara. Ci sono così tanti modi di interagire, alcuni così sottili che sono quasi incomprensibili, e li riconosco sia in me che in ciò che mi circonda.

Parlando di questo, pensando a Rohner e al suo protagonista P., hai avuto anche tu come lui un Rohner nella tua vita?
Rohner mette insieme tante caratteristiche che ho riconosciuto nel mondo e in alcune persone che mi erano o mi sono intorno. P. non è il mio alter-ego, ma ha caratteristiche in cui mi riconosco, ma al tempo stesso anche Rohner ha alcuni miei tratti, non avevo in mente per la sua rappresentazione un esempio concreto dalla mia vita. In entrambi ho messo molto di me ma anche molto di altre persone. Il punto principale del libro, per me, era quello di catturare una sensazione, una atmosfera che ho vissuto in prima persona, questa era la cosa più importante : far vedere un momento di vita passato insieme ad altre persone in un contesto limitato, stretto, in cui magari non ci si voleva ritrovare. Dal sentimento è nata la storia, che non esisteva: ed è stato davvero molto difficile darle una forma, trovare una narrazione che desse corpo a tutto questo.

Sibylla+Fake+001+weiss
L’ultimo tuo lavoro è invece Sybilla, biografia della poetessa del barocco Sibylla Schwarz, nata 400 anni fa e morta a soli 17 anni. Prima di tutto, come sei stato coinvolto in questo progetto? Avevi mai realizzato una biografia prima d’ora?
In precedenza ho fatto una cosa simile, una biografia di Victor Klemperer, un professore di Dresda (famoso in tutto il mondo per l’opera LTI, la lingua del Terzo Reich, che analizza il rapporto tra lingua e cultura di massa e il Nazismo) realizzato all’interno di un progetto cittadino. Per quanto riguarda Sybilla, quest’opera mi è stata richiesta direttamente dalla fondazione Sybille Schwarz come parte delle celebrazioni per i 400 anni dalla sua nascita. Però non avevano veramente idea di cosa fosse una graphic novel (ride). Non mi hanno dato indicazioni precise su come dovesse essere e per contro io non conoscevo molto di Sybille Schwarz, quindi lo scambio tra noi è stato per certi aspetti piuttosto divertente, perché venivamo da due pianeti completamente diversi. Loro sono comunque stati estremamente gentili e disponibili nel fornirmi informazioni e per me è stato molto stimolante lavorare a questo fumetto: dovevo trovare un punto di contatto con una poetessa barocca vissuta nel 1600 e morta giovanissima, una cosa davvero non facile.

Devo ammettere che il risultato è qualcosa di molto particolare: io non sono un grande fan delle classiche biografie a fumetti, ma questa mi ha molto divertito, anche perché la parte strettamente biografica si esaurisce in 20 pagine, dato che alla fine ha vissuto solo 17 anni, e tu giochi un po’ con questo. Da lì in poi inizia qualcosa di diverso, in cui tu cerchi di portare questa figura così lontana in un contesto più contemporaneo. Già il titolo, con il solo nome Sybilla, sembra voler avvicinare questo personaggio, lontano e un po’ dimenticato, alla contemporaneità.
Esatto, era necessario anche per me, proprio perché dovevo trovare qualcosa che la legasse a me e al mondo di oggi. Sono partito senza alcuna pretesa di autenticità, perché per me semplicemente non esiste e soprattutto non potevo avere queste pretese per questa storia, dato che non conoscevo nemmeno questa figura all’inizio. Spesso molte biografie che leggo, anche a fumetti, si sforzano di preservare questa verosimiglianza, ma sono tutte illusioni, spesso nessuno sa veramente come erano le cose in epoche così lontane e sono solo congetture che mi fanno sorridere (ride). Non potevo pensare di realizzare una cosa del genere:  ho pensato di andare in un museo di storia dell’epoca e studiare edifici, costumi e cose così, ma alla fine questo non mi interessa molto. Mi interessa di più creare una storia con elementi diversi.

Quali sono gli elementi della sua vita che hai sfruttato per sviluppare la storia?
Mi interessava il fatto che fosse una giovane ragazza che ha vissuto durante la guerra dei Trent’anni, i cui diritti e le cui libertà erano completamente limitate, e quindi mi affascinava questa fuga dalla mancanza di libertà attraverso la poesia. E in queste poesie si ritrova una certa gioia di vivere, nonostante quel periodo fosse tutt’altro che gioioso: questa cosa mi ha sicuramente colpito moltissimo e me l’ha fatta percepire come più viva, inaspettatamente più vicina.

Oramai hai una carriera alle spalle di più di 15 anni. Come hai visto cambiare il fumetto tedesco in questo periodo? Non solo da quando ci lavori, ma anche da quando lo leggi?
Ho visto un grande sviluppo e una grande apertura a nuovi contenuti e nuove forme. C’è stata l’esplosione del fumetto autobiografico, i fumetti indipendenti sono diventati sempre più importanti e diffusi, come si può vedere anche ad Erlangen. E in generale tutti sono diventati un po’ più coraggiosi, si supportano i lavori degli studenti che si specializzano in fumetto alle università. Credo che forse questo sia uno degli sviluppi più importanti.

Devo dire che questa importanza delle università nel panorama fumettistico tedesco mi ha sempre colpito molto, credo che sia davvero un canale importante per lo sviluppo e la diffusione del fumetto. Ci sono più benefici o rischi nell’avere così tanti corsi di fumetto? Penso a un rischio di “omologazione accademica”, la definirei…
Non penso siano negativi, a meno che tu non faccia corsi sempre e solo con lo stesso insegnante che ha una idea e una aspettativa ben precisa di cosa è fumetto: in questo caso può diventare un grosso limite. Io ho realizzato per lo più workshop, che devono servire non per insegnare qualcosa ma più per dare spunti e nuove idee per sviluppare il proprio stile.


Intervista realizzata durante il Salone Internazionale del fumetto di Erlangen nel giugno 2022
Intervista realizzata in collaborazione con Goethe Institut Rom.

Max Baitinger

Pressefoto+Max+Baitinger
© Melina Weissenborn

Nato a Penzberg, in Alta Baviera, nel 1982. Max Baitinger disegna fumetti fin dal suo apprendistato come falegname. In seguito ha studiato illustrazione alla Hochschule für Grafik und Buchkunst di Lipsia. Lavora come fumettista, illustratore e animatore freelance. Ha pubblicato per Rotopol Heimdall, sua opera d’esordio, Happy Place e Röhner, mentre per Reprodukt ha scritto Birgit e Sybille, il suo ultimo fumetto.

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