Breve storia di Jaja Verlag
Jaja Verlag viene fondata nel 2011 a Berlino (quartiere Neukölln) dalla graphic designer e illustratrice Annette Köhn. L’intento della fondatrice, sguardo penetrante e fermo, carattere deciso e diretto, è chiaro: pubblicare in maniera indipendente “bei lavori (ma anche libracci, traduzione libera di Machwerk) illustrati”, fatti per lo più da autori sconosciuti.
La casa editrice inizia ben presto a produrre una vasta gamma di lavori che vanno dal fumetto ai libri illustrati, dalla narrativa alle ricette di cucina, fino a calendari, libri specialistici su vari temi e libri per bambini, ma sempre nell’ottica di valorizzare artisti locali. Nel mercato tedesco, Jaja Verlag si distingue per un catalogo che raccoglie gli stili più eclettici e disparati, andando da Papa Dictator di mic (alias Michael Beyer, pubblicato in Italia su Linus) a Joachim Brandenberg. A questi si aggiungono alcuni autori stranieri attivi in Germania, come il nostrano Federico Cacciapaglia o la giapponese Maki Shimizu.
L’attenzione per ogni singolo libro, unita a un clima di forte legame tra gli autori, portano Jaja Verlag a essere riconosciuta in breve tempo da pubblico e critica: già nel 2014 arriva la prima nomination ai Max und Moritz Preis per Earth Unplugged di Jennifer Daniel, poi nel 2016 arriva la seconda nomination allo stesso premio per Penner di Christopher Burgholz e Tobisch di Joachim Brandenberg e soprattutto il premio ICOM (Indipendent Comics Preis) per la “pubblicazione degna di nota” al catalogo completo dell’editore. Anche nel 2018 la storia si ripete, con Tüti di Dominik Wendland nominato come miglior fumetto ai M&M Preis e con Immigrant Star di Federico Cacciapaglia vincitore dell’ICOM per il “miglior scenario”. Sempre nel 2018-2019 arriva il Berlin Stipendium (ovvero una borsa di studio/lavoro per artisti) a Maki Shimizu, che viene assegnato a maggio durante il Comicinvasion Berlin, un festival di fumetto indipendente organizzato anche da Jaja Verlag.
Nonostante non abbia ancora compiuto dieci anni di attività, la casa editrice fondata da Annette Köhn ha saputo ritagliarsi un posto solido nel panorama fumettistico tedesco, che da una parte garantisce poliedricità di contenuti e forme, dall’altra ha una chiara linea che punta a esaltare autori a “chilometro zero”, nati nell’effervescente ambiente berlinese e del fumetto indipendente tedesco. Per approfondire il lavoro di Jaja Verlag, ho deciso di scegliere tre titoli che ho letto da poco, certo che ci saranno sicuramente altre puntate dedicate a questo interessante e poliedrico editore.
Hanno di Hanna Gressnich
Dopo aver preso la decisione di diventare inventrice già all’età di sette anni, Hanna Gressnich scopre il potere creativo del fumetto durante i corsi per diventare educatrice artistica. Nel 2017 pubblica il suo primo fumetto per Jaja Verlag (Nichts ist doch schon Etwas) e apre il suo blog www.brausecomics.de. Nel 2019 è la volta di Hanno, che ripercorre in breve la storia dell’elefante bianco Annone, regalato da re Manuele d’Aviz di Portogallo a papa Leone X nel 1514, fonte di ispirazione per numerosi artisti e scrittori1.
In 40 pagine 16 x 16 cm, l’artista racconta dell’arrivo, della permanenza a Roma e della morte del pachiderma albino mescolando ironia e dolcezza poetica, soprattutto nelle pagine di aperture e chiusura, in cui è Annone stesso a parlare al lettore e a riflettere sul senso della vita e della bellezza. L’autrice fa parlare poco i personaggi, lasciando la narrazione alla scansione della tavola quadrata, che si divide ora in quattro, ora in due, ora resta completa, ponendo di volta in volta l’attenzione dello sguardo su un particolare importante per la narrazione, determinandone il ritmo pacato.
Il tratto di Gressnich è semplice ed essenziale, in linea con la tradizione vignettistica anglosassone e in particolare tedesca, quella che si ritrova anche nel Papa Dictator di mic: l’artista rappresenta la realtà con pochi segni e pochi particolari formali essenziali, come onomatopee e linee di velocità, che danno dinamicità alla storia. Hanno è un racconto delicato, che parla in maniera diretta, semplice ma a suo modo poetica, del rapporto tra uomo e natura.

Immigrant Star di Federico Cacciapaglia
Federico Cacciapaglia vive da sette anni a Berlino, come ci ha raccontato lui stesso. Dopo gli studi di filosofia a Roma ha deciso di dedicarsi al fumetto, studiando anche alla School of Visual Arts di New York. Da anni è molto attivo nell’ambiente indipendente e underground, avendo partecipato a vari festival come il Crack! e il Ratata. Con Jaja Verlag ha pubblicato il libro illustrato di ricette italiane Mjam mjam e Die Growls, una storia di fantascienza in cui racconta con un tono grottesco e fiabesco i problemi del nostro mondo con una prospettiva ambientalista.
Nel 2018 pubblica Immigrant Star, che come detto riceve l’importante premio ICOM per il miglior scenario in un fumetto. Un’opera che ci porta nella vita di Ziggy Star, un artista umano che si ritrova a fuggire dal suo mondo distrutto e che viaggia per l’universo a bordo di una lavatrice in cerca di un lavoro. A fargli compagnia, il fidato unicorno (immaginario) Bowie. Attraverso mille peripezie, i due si trovano in situazioni grottesche e comiche che permettono di criticare apertamente il sistema economico e produttivo del nostro mondo, e che trovano in un finale inaspettato il loro punto più compiuto.
L’opera di Cacciapaglia è pensata come una avventura divertente e divertita attraverso le sfide molto umane che un artista si trova ad affrontare, in una vita quotidiana che non considera l’arte come un lavoro degno di questo nome. Il volume si presenta ambizioso per lunghezza e realizzazione tecnica, ma risulta segnato da luci e ombre, riuscendo solo a metà nel suo obbiettivo. La storia, abbastanza semplice e lineare, viene eccessivamente diluita nelle quasi 300 pagine dell’opera e la ripetizione di alcune gag e interazioni tra i due protagonisti appesantisce la narrazione, risultando stucchevole dopo l’ennesima reiterazione. A questo si aggiungono alcuni errori di sintassi e lessico dei testi (in lingua inglese) che interrompono a volte l’immersione nel racconto. Anche la critica alla società contemporanea, affrontata in maniera giocosa e mai seriosa come già fatto in Die Growls, viene rallentata dalla medesima diluizione narrativa, risuonando a volte un po’ troppo banale e vuota perché tirata troppo per le lunghe. A risollevare parzialmente i contenuti ci pensa il finale che, benché frettoloso, aggiunge una piccola nota drammatica e “realistica” che rafforza il contenuto positivo e allegro della storia.
Nonostante questi difetti contenutistici e un ritmo della storia non regolare, Cacciapaglia dimostra di meritare il premio per il miglior scenario grazie alla grande fantasia con cui costruisce mondi alieni e situazioni paradossali: il pianeta dei burocrati, quello dei felini, quello degli artisti senza futuro, quello delle certificazioni infinite. Più che dai testi, la critica sociale si incarna molto bene nelle scene costruite dall’artista, che coglie ispirazioni da molte opere, da Matrix a Guida Galattica per Autostoppisti passando per Asimov, per non parlare dell’odissea spaziale di David Bowie, rivisitandole in chiave grottesca e ironica.
L’artista sceglie un tratto sottile che definisce volumi morbidi e cartooneschi tipici delle vignette umoristiche e del disegno disneyano, un tratteggio leggero e delicato che definisce personaggi e paesaggi in maniera univoca e ben definita. L’attenzione ai dettagli delle espressioni e delle ambientazioni aiuta a coinvolgere il lettore nei singoli capitoli e lo invoglia a esplorare i nuovi mondi insieme ai protagonisti. L’uso di linee di velocità e di inquadrature sghembe creano scene d’azione molto dinamiche, esaltando il carattere divertente e vivace del fumetto. Anche il colore viene usato con sapienza narrativa da Cacciapaglia in alcuni passaggi del racconto, come nel capitolo 4 (Planet Confetti), uno dei più efficaci nel coniugare contenuto (razzismo, diversità e potenza dell’arte nel superare le differenze) con la forma. Un’opera che, pur tradendo insicurezze narrative su un racconto lungo, dimostra il potenziale dell’autore romano nel realizzare opere che sappiano coniugare leggerezza e tematiche importanti in un racconto fatto di umorismo e azione.
Tüti di Dominik Wendland
Nato a Baden-Baden nel 1991, Dominik Wendland ha studiato alla Hochschule für Grafik und Buchkunst di Lipsia, per poi trasferirsi nei dintorni di Monaco, dove vive e lavora con la sua fidanzata a libri per bambini. Con Tüti, sua prima opera a fumetti, è stato subito nominato per un Max und Moritz Preis e ha vinto una borsa per artisti (Bayrische Kunstförderpreis für Literatur).
In un tempo e un luogo non definiti, alcuni cospiratori tramano nell’ombra per far cadere un governo. Un sicario implacabile muove le vicende di tutta la storia, districandosi in un gioco di inganni e tradimenti nei confronti di nemici e alleati. Una sinossi che potrebbe apparire banale, se non fosse che il sicario in questione è una busta di plastica trasportata dal vento (da cui il nome, Tüti, dal tedesco Tüte, ovvero borsa).
Con questa premessa ai limiti del ridicolo, Dominik Wendland costruisce un thriller teso e imprevedibile, che gioca con gli elementi action, noir e hard boiled, facendone una parodia e al tempo stesso costruendo una storia classica e ben congegnata con questi stessi elementi (i tradimenti, la storia d’amore, la violenza). Oltre a essere omaggio e una caricatura di questi generi, Tüti è anche un lavoro satirico che parla di politica, di ambientalismo (l’interazione drammatica tra la borsa e la natura circostante, fino al tragico e inaspettato finale) e addirittura di femminismo, ribaltando le regole e usando una protagonista femminile (benché sui generis).
Lo stile di Wendland riecheggia quello di grandi nomi del fumetto indipendente, da Box Brown a Michael DeForge e soprattutto Johnny Ryan: anatomie deformate, stilizzazione estrema del segno, prospettive estreme e un uso pop del colore rendono quest’opera un fumetto dinamico e stimolante, supportando una narrazione scorrevole e dal ritmo rapido ma non affrettato, che ben miscela l’azione con i momenti più drammatici e intensi.
La capacità narrativa di Wendland si esalta nei movimenti di Tüti, come ad esempio nella sequenza introduttiva, in cui un uccello in volo incontra la busta e viene ucciso da questa: ogni vignetta descrive un movimento ben preciso, trasmettendo la serenità del volo, la concitazione della lotta, la freddezza del sicario e la crudeltà delle sue azioni. Anche il colore viene usato in maniera consapevole per sottolineare i momenti più concitati, come ad esempio quello della rivolta, in cui varie tonalità di rosso (rosso acceso, rosso sangue e rosso vinaccia) esaltano il contrasto di una lotta enfatica. Tüti è un esempio brillante di fumetto realizzato con consapevolezza tecnica e narrativa, capace di coinvolgere ed emozionare fino alla fine partendo da uno spunto divertente, spiazzante e originale.
Abbiamo parlato di:
Hanno
Hanna Gressnich
Jaja Verlag, 2019
40 pagine, brossurato, bianco e nero – 10,00 €
ISBN: 9783946642572
Immigrant Star
Federico Cacciapaglia
Jaja Verlag, 2018
288 pagine, brossurato, bianco e nero/ a colori – 24,00 €
ISBN: 9783946642220
Tüti
Dominik Wendland
Jaja Verlag, 2018
88 pagine, brossurato, a colori – 14,00 €
ISBN: 9783946642299
si narra addirittura che Raffaello Sanzio e Pietro Aretino si fossero offerti di fargli da custode, tanto erano meravigliati da questo essere ↩