Dopo ben quattro anni di assenza dovuti alla cadenza biennale e alla pandemia che ha cancellato l’edizione 2020, dal 16 al 19 giugno 2022 è tornato nella piccola cittadina bavarese di Erlangen l’Internationalen Comic-Salon, il più importante festival del fumetto tedesco, da sempre molto attento all’aspetto culturale e artistico di questo medium, ma sensibile anche ad alcuni degli aspetti più pop derivati dalla nona arte. Avendo particolarmente apprezzato le due precedenti edizioni del festival a cui avevo partecipato (nel 2016 e nel 2018), non vedevo l’ora di tornarci e quello che ho trovato è stato entusiasmo, una grandissima cura degli eventi e una generale voglia di tornare finalmente a stare insieme sia da parte del pubblico che soprattutto gli autori e le autrici (nonostante un anomalo caldo assassino che ha fiaccato gli animi). Prima di iniziare questo reportage su una realtà fieristica al di fuori dei confini italiani, vorrei solo inserire un piccolo disclaimer per contestualizzare il mio giudizio: purtroppo ho potuto visitare la fiera solo sabato 18 giugno, giornata estremamente calda e particolarmente faticosa. Questo rende necessariamente il mio giudizio parziale rispetto a quello che ho potuto fare e che ho potuto vedere. Al tempo stesso, credo che alcune delle mie considerazioni esulino da questo e si possano basare su alcuni dati di fatto abbastanza evidenti. Detto questo, possiamo partire per La Mecca del fumetto tedesco: direzione Norimberga, Erlangen arriviamo!
Mostre e incontri: il punto forte di Erlangen
Come nel 2018, la città e l’organizzazione hanno deciso di non far svolgere la manifestazione all’interno di uno spazio chiuso, bensì di sfruttare il piccolo ma grazioso centro storico della cittadina, popolandolo di mostre e sale incontri, in alcuni luoghi anche molto suggestivi come il Palazzo di Erlangen (oggi parte dell’università) e il suo bel parco, il museo cittadino e quello di Belle Arti, ma anche luoghi della cultura alternativa come l’E-Werk (centro culturale che ospita vari eventi e concerti), oltre al Teatro per alcuni incontri e spettacoli, e il cinema centrale dedicato quest’anno, per la prima volta, alla proiezione di novità anime e film di animazione.
L’utilizzo dei numerosi spazi ha permesso all’organizzazione di curare al meglio il pezzo forte della fiera, quello delle mostre (ben 20, alcune anche con visite organizzate) che, come avevo già avuto modo di dire, competono per qualità con quelle di Angoulême. Il Kunstmuseum ha ospitato due delle esposizioni più interessanti e attese dagli appassionati: quella su Will Eisner, già presentata nella galleria comic+cartoon di Dortmund e basata sul mastodontico lavoro di ricerca di Alexander Braun (riassunto in 384 pagine di catalogo che sono valse al critico d’arte il premio speciale Max e Moritz della giuria), e quella dedicata a Catherine Meurisse, adattamento di una precedente mostra ospitata dal Cartoonmuseum di Basilea. Se la mostra dedicata a Eisner non può che stupire gli amanti del fumetto grazie a spettacolari tavole originali di opere quali The Spirit, Un Contratto con Dio e Fagin l’Ebreo, accompagnate da una ricostruzione storica minuziosa e una cura filologica impressionante, quella dedicata a Meurisse costruisce una narrazione che guida il visitatore non solo nell’arte, ma anche nella crescita personale dell’artista nelle sue numerose vesti, tra passione per la natura, lavori satirici e un percorso interiore affrontato all’indomani della strage di Charlie Hebdo.
Altre due mostre particolarmente sentite e curate sono quelle della Redoutensaal all’interno del teatro di Erlangen: la mostra Vorbilder*innen – Feminismus in Comics celebra sia la rappresentazione delle donne nella storia del fumetto, concentrandosi soprattutto su anni recenti, sia le sue autrici, mettendo in luce temi come la body positivity, l’empowerment, la parità di genere, la sessualità, l’identità sia personale che sessuale, e la libertà di autodeterminazione. Pur confondendo ogni tanto tematiche femministe esplicite presenti nei fumetti con la “semplice” presenza di autrici nel mondo del fumetto, la mostra crea un percorso interessante che permette non solo di ammirare tavole originali di grandissime autrici internazionali come Julie Doucet e Alison Bedchel, ma anche molte autrici tedesche come Anke Feuchtenberger, Barbara Yelin, Katja Klingeln, Aisha Franz (vincitrice quest’anno del Max und Moritz Preis per il miglior fumetto tedesco con Work-Life-Balance) e altre ancora, per un totale di 30 artiste dallo stile e dalle tematiche molto diverse tra loro. Da questa mostra si passa quasi naturalmente alla retrospettiva dedicata a Birgit Weyhe (vertraut-fremd. Grafische Literatur von Birget Weyhe), autrice che ha ricevuto il Max und Moritz come migliorƏ autricƏ tedescƏ. Attraverso i temi a lei cari (riflessioni su guerra e post colonialismo visti in Madgermanes, razzismo e ruolo della donna affrontati in Rude Girl) si ricostruisce la sua biografia, che condivide gli stessi ideali di femminismo militante esposti nella mostra gemella. A concludere il focus sul rapporto tra femminismo e fumetto c’è la mostra dedicata a Liv Stromqvist, fumettista, politologa e comica svedese che ha avuto grandissimo successo in Germania con i suoi saggi a fumetti su questioni femministe: anche in questo caso la mostra Kunstpalais è curata nei minimi dettagli, con tavole originali che si alternano a maxischermi in cui attorƏ, editorƏ, fumettistƏ e personalità legate al mondo del fumetto leggono alcune parti dei fumetti di Stromqvist.
Oltre a queste, sono da citare tutte le altre mostre: da quella dedicata ai fumetti e allƏ fumettistƏ congolesi, che rientra in un più ampio progetto di collaborazione con la città di Erlangen iniziato nel 2020 con il nome di Populaere Bilder, a cui fa eco la mostra organizzata all’Institut Francais dedicata al collettivo africano Kubuni; un’altra dedicata al collettivo underground Tonto Comics; la suggestiva mostra sui fumetti che trattano il tema del ricordo e dell’Olocausto. E ancora quelle organizzate da varie case editrici, come ad esempio Cross Cult (dedicata alla conclusione di Gung Ho, la serie post apocalittica di Benjamin von Eckartsberg e Thomas von Kummant), Rotopol (con Furchental di Christine e Markus Faeber), Reprodukt (con una deliziosa e ricca retrospettiva dedicata a Mawil), Panini (il mondo di Daniela Schreiter, di cui avevamo parlato qui), Splitter Verlag (con una monografica dedicata a Ingo Roemling), Carlsen Comics (Kangaru Comics di Marc-Uwe Kling e Bernd Kissel), Edition Moderne, per finire con una celebrazione dei 10 anni di Jaja Verlag e dell’arte di Anna Haifisch. Tutte queste mostre offrono una varietà di temi e di spunti per approfondimenti che rendono il festival unico nel suo genere in termini di impegno culturale e di armonizzazione con la città circostante, sfruttando spazi che rimarrebbero altrimenti vuoti e morti. Al tempo stesso, benché la cura profusa dall’organizzazione sia molto capillare, spesso la progettazione delle singole mostre è lasciata agli editori o alle associazioni: questo fa sì che si creino a volte delle sensibili differenze qualitative. Quello che forse rischia di penalizzare di più alcune esposizioni è però la posizione decentrata e non sempre ben segnalata (se non sulle mappe e i totem di fronte agli edifici interessati) rispetto ai padiglioni principali della fiera e al cuore pulsante dell’evento (la piazza del mercato e il palazzo centrale), che fa sì che solo una minima parte del pubblico, se si escludono gli addetti ai lavori, le raggiunga veramente, soprattutto se visita la fiera in giornata. Pur dovendo fare i conti con gli spazi della città e pur volendo giustamente coinvolgere tutto il centro, questo sarà sicuramente uno degli aspetti su cui riflettere per le prossime edizioni.
Oltre alle mostre, moltissimi sono gli incontri che si susseguono a ritmo impressionante (circa 50 al giorno, incluse inaugurazioni e guide a esposizioni, film e altro ancora) e che coprono in maniera davvero attenta i tanti aspetti del fumetto presenti in fiera, dalle presentazioni degli autori a quelle dedicate alla ricerca sul fumetto (curati dal ComFor, ovvero il gruppo sulla ricerca nel fumetto Comic Forschung), dalla traduzione (tra quelle di quest’anno, una anche dedicata al lavoro fatto da Myriam Alfano su Sweet Salgari di Paolo Bacilieri) al fumetto dedicato ai più piccoli. Molti anche gli incontri su temi impegnati, alcuni che riecheggiano le mostre: femminismo, colonialismo, tematiche queer, politica (guerra in Ucraina, la situazione politica in Turchia); ma anche riflessioni sul mercato, sulle riviste e i siti di critica fumettistica, eventi dedicati a giovani autori. Molto partecipati gli incontri con autori (molti tedeschi ma anche qualche importante nome internazionale, come Eldo Yohimizu, Emile Bravo, Silvio Camboni, Guillame Perreault, Steven Appleby, Max de Radiguès, Peter Milligan, che pero’ era a un piccolo stand e non e’ stato coinvolto incredibilmente in alcun incontro), ma soprattutto le amatissime Comiclesungen, ovvero le letture in pubblico, con proiezione di tavole, da parte degli autori e che vanno davvero alla grande nell’ambiente culturale fumettistica tedesco, come avevo detto anche qui. Seguitissimi anche gli eventi di quella che potremmo definire “self-area”, con workshop e discussioni su temi molto pratici, su esperienze editoriali e eventi speciali organizzati da Comic Solidarity, una piattaforma online per fumettisti ma anche per altri attori del settore.
Anche per gli incontri si applica il discorso fatto per le mostre: tantissima qualità, cura e varietà, ma l’elevato numero e la concomitanza di eventi, spesso in parti diverse del centro, rischiano di frammentare eccessivamente il pubblico e di ridurre la partecipazione.
Padiglioni e organizzazione: tra vivibilità e scelte peculiari
In Germania, l’editoria puramente dedicata al fumetto è molto limitata rispetto a quella di altri paesi europei come Italia e Francia, ma al tempo stesso è ricca di piccole, piccolissime e micro case editrici, nonché di moltissima autoproduzione. Gli spazi di quest’anno sono stati divisi in tre padiglioni concentrati nella piazza del mercato e nel giardino del Palazzo di Erlangen e dell’Orangerie, che contenevano circa 80 stand: in generale la distribuzione degli spazi permette una buona vivibilità degli ambienti e mobilità al comunque alto numero di visitatori (30 mila in quattro giorni, a detta degli organizzatori; anche se il sabato, almeno otticamente, l’affluenza sembrava nettamente più bassa).
© Internationaler Comic-Salon Erlangen – Foto: Erich Malter, 2022
Dei tre tendoni, il più grande è occupato dalle case editrici più grosse (Panini, Splitter, Carlsen e Egmont-Ehepa), un altro da case editrici più piccole ma comunque con una buona produzione mensile e annuale (Reprodukt, avant-verlag, rotopol, Edition Moderne e Zwerchfell, solo per citarne alcune), oltre a varie autoproduzioni, e un altro ancora dedicato ad altre autoproduzioni e fumetto underground, una vera e propria self area. Le scelte di disposizione degli stand, sicuramente dettate da disponibilità economiche e concordate dopo confronti e discussioni, suscitano qualche dubbio o perlomeno curiosità: per esempio, nel padiglione principale, accanto a casa editrici molto grandi si possono trovare piccoli editori (Schwarzer Turm Verlag, Gringo Comics), artisti singoli (Kinky Parrot, Marc Mokken), stand di tavole originali, di gadget, di accessori per il disegno, di fumetterie piccole e grandi, e di fumetti usati (Sammlerecke, letteralmente “L’angolo del collezionista”, uno dei banchi più presi d’assalto). Stessa cosa si può dire per le autoproduzioni e gli stand per illustratorƏ e artistƏ singolƏ, divisa tra due padiglioni senza una logica chiarissima.
Tutto questo, se da una parte non crea ghettizzazioni ma anzi mischia mondi diversi, dall’altra dà l’impressione di una certa confusione di fondo, forse il segno che il festival sta ancora prendendo le misure con la nuova collocazione e debba definire meglio i suoi spazi. Tra le tante scelte operate, sicuramente vincente è quella di collocare vicino agli editori di graphic novel come Reprodukt e avant-verlag anche tutti gli stand delle Hochschule, le università e le accademie di Belle Arti da cui arrivano i più interessantƏ autorƏ degli ultimi anni e su cui il fumetto tedesco, come avevamo già detto in precedenza, sta puntando sempre di più: un giro tra questi banchi mette in mostra una grande energia creativa e un ottimo potenziale per tanti tipi di storie nuove per il prossimo futuro, nonché una certa visione a lungo termine del settore. In generale, come molti altri festival europei, quest’anno, a causa delle restrizioni Covid, sono stati pochi gli ospiti internazionali, mentre moltissimi sono stati le autrici e gli autori tedeschi in dedica agli stand: non una novità però per Erlangen, che ha sempre puntato molto sul dare risalto al sempre maggior numero di talenti nati e cresciuti in Germania.
(Quasi) assenti illustri: i manga, e i loro lettori
Se c’è un aspetto che stupisce davvero di questa edizione è la presenza fortemente ridimensionata di quella che è ad oggi la più grossa fetta del settore fumettistico, l’unica capace di farsi strada in maniera stabile in ogni libreria di varia tedesca e che di fatto tira il mercato, proprio come in Italia: stiamo parlando dei manga. In Germania sono 7 i principali editori di manga: di questi, due dei più grandi, ovvero Altraverse e Tokyopop (distaccamento tedesco della casa madre statunitense), responsabili del 40% del mercato, non erano presenti. Gli altri (Egmont Manga, Carlsen Manga-Hayabusa, Panini Manga, Kaze’ – Cruncyroll e Cross Cult – Manga Cult) erano sì presenti, ma meno visibili di quello che era logico aspettasi, spesso surclassati dal resto dell’offerta (Egmont con la Disney, Carlsen con il fumetto tedesco e franco – belga, Panini con i supereroi) o messi in ombra per via di stand molto piccoli nonostante le possibilità economiche e produttive, per esempio se si prende in considerazione un colosso come Cruncyroll. Anche gli incontri a tema manga e la presenza dei mangaka tedeschi, ormai un fenomeno molto forte nel panorama editoriale, sono stati fortemente ridotti. Non si capiscono bene i motivi di queste defezioni o ridimensionamenti e si può solo supporre che ci siano dietro spiegazioni simili (pandemia, crisi economica, guerra) a quelle che hanno portato Panini e SBE a disertare finora le maggiori fiere italiane. Resta un fatto davvero straniante, se si pensa al fatto che solo i manga hanno una distribuzione così capillare da far emergere il fumetto dal suo eterno ruolo di fenomeno di nicchia.
Nel settore non sembrano però esserci stata molta sorpresa o riflessione su questo punto: Adreas Platthaus sul Faz sottolinea che con i manga si arriva facilmente a 100mila visitatori, per esempio al Manga ComiCon di Lipsia, ma che i 30mila visitatori della fiera di Erlangen erano comunque molto felici e contenti, così come gli editori e gli autori. È indubbio che un numero minore di visitatori permetta di mantenere vivibilità e un certo benessere, ma al tempo stesso questo crea una nuova e innaturale spaccatura tra fumetto e fumetto (che pur chiamato manga, sempre fumetto è), oltre ad allontanare un pubblico di lettori, spesso molto giovani, da un percorso di crescita e diversificazione delle letture, di contaminazione con altri generi e nuove forme di fumetto. Se si vanno a guardare i quasi 30mila visitatori, infatti, si nota a occhio nudo un gap generazionale forte, un’assenza di pubblico in quella fetta che divide i bambini dagli adulti sopra i 20 anni. Questo dato dovrebbe essere preso in considerazione nei numeri finali, per spingere a una riflessione sulla chiave (fumettistica) giusta per coinvolgere anche questo pubblico, e per capire se il festival voglia effettivamente aprirsi in questa direzione. I tentativi di inserire un po’ a freddo stand di merchandising e un contest di cosplayer, che effettivamente non si addice molto al mood del festival, sono sembrati un modo per trovare una soluzione rapida, ma potrebbero non essere strettamente necessari per portare il pubblico manga a visitare questo evento, se si introducessero eventi dedicati a questi fumetti.
Premi, premi, e ancora premi!
L’edizione di quest’anno ha anche visto riunire tre dei principali premi del fumetto tedesco (tutti, ricordiamo, non meramente simbolici ma accompagnati da un compenso economico) in un unico festival. Il Max und Moritz Preis, il più importante e antico riconoscimento del settore in Germania, è ovviamente stato il protagonista principale, con una serata di Gala svoltasi venerdì 17 giugno e presentato dalla comica ed esperta di fumetto Hella Von Sinnen (un vero personaggio, per chi non la conoscesse date un occhio al suo der Comic Talk). Oltra ai già citati premi per il miglior fumetto in lingua tedesca, andato al divertente e al tempo stesso grottesco Work-Life Balance (Reprodukt) di Aisha Franz (nota in Italia per Alien, pubblicato anni fa da Canicola) e al riconoscimento come miglior autorƏ a Birgit Weyhe, vale segnalare anche gli altri: Im Spiegelsaal (avant-verlag) di Liv Strömquist ha vinto il premio come miglior Sachbuch (ovvero miglior saggio/documentario, in questo caso a fumetti), Dragman (Schaltzeit Verlag) di Steven Appleby ha vinto il premio per miglior opera straniera, Trip mit Tropf (Kibitz Verlag) di Josephine Mark. Tre i migliori esordienti a parimerito: Pfostenloch (Kunsthochschule Kassel/avant-verlag) di Daniela Heller, Who’s the Scatman? (Zwerchfell Verlag) di Jeff Chi (Zwerchfell) e Melek + ich (Edition Moderne) di Lina Ehrentraut (pubblicato in Italia da Canicola nel 2021). Il premio del pubblico è andato a Lisa und Lio (Panini Comics) di Daniela Schreiter, mentre il premio speciale della giuria alla carriera è andato al maestro Naoki Urasawa: anche in questo caso, si avverte una certa distanza tra la grande onorificenza giustamente tributata a Urasawa e la scarsa presenza di manga in fiera.
A questi si sono aggiunti altri due premi molto importanti, che avevo già citato nel 2021. Il primo è l’ICOM, premio per il fumetto indipendente attribuito dalla Interessenverband Comic E.V. (una società attiva in molteplici forme nel mondo del fumetto, con pubblicazioni annuali importanti come l’annuario del fumetto): i premi (e la dote di 1000 euro a essi legata) sono andati al western esistenzialista Murr (Zwerchfell Verlag) di Josephine Mark come miglior produzione di una casa editrice; The Most Dangerous Game di Jürgen “Geier” Speh come miglior autoproduzione; premio speciale per Die Liebe ist stärker als der Tod (L’amore e’ più forte della morte) di Oliver Ottitsch (Scherz und Schund).
Infine sono stati assegnati i GINCO Award, premi della scena indipendente che pongono particolare accento sull’inclusività. Il miglior webcomic è stato Der Zeitraum/ A fraction of Time di Lisa Frühbeis (disponibile in inglese su tapas https://tapas.io/series/A-Fraction-of-Time); miglior fumetto cartaceo a Vasja, dein Opa (Rotopol) di Anna Rakhmanko e Mikkel Sommer, già vincitori lo scorso anno di un ICOM; e miglior fumetto per bambini e ragazzi a Das Ungeheuer von Lake Oddleigh di Tor Freeman tradotto in tedesco da Dominik Merscheid.
Una vera e propria cascata di premi, forse anche troppi per un unico festival e che sarebbe meglio distribuire (come fatto in passato) su altri eventi, ma che danno la sensazione di quanto sia diversificato e di quanta potenzialità abbia il mondo del fumetto tedesco.
Oltre il reportage: il cuore di Erlangen 2022
Arrivati in fondo a questo resoconto che ha analizzato luci e ombre dell’edizione numero venti dell’Internationaler Comic Salon di Erlangen, la prima dopo la pandemia, non si può però che svestire i panni critici per guardare anche al cuore della mostra e alla sua evoluzione. Riprendendo la citazione di Andreas Platthaus, nelle facce dei quasi 30mila visitatori si poteva leggere la contentezza di essere tornati a rivedersi, a incontrare i propri autori e le proprie autrici preferite, a muoversi tra gli stand per sfogliare, valutare, comprare fumetti, godersi mostre di grande livello. E lo stesso si poteva vedere soprattutto sulle facce degli addetti e delle addette ai lavori: autrici e autori che tornano ad abbracciarsi e confrontarsi, a parlare con i propri fan, a muoversi per cercare nuove idee e ispirazioni, a respirare fumetto (e in questo senso, se vi armate di pazienza e Deepl, potete leggere il sentito reportage dell’autore indipendente e fondatore di Gringo Comics Bela Sobottke per il Tagesspiegel).
Erlangen 2022 si presenta sì con alcune ombre e alcuni aspetti da migliorare (l’inclusione più massiccia dei manga, un migliore dialogo con il pubblico di giovani e giovanissimi), ma dopo anni difficili e in una situazione ancora incerta porta a casa un’edizione all’insegna non solo della qualità, che pone il festival tra gli eventi da visitare in ambito fumettistico europeo, ma anche all’insegna dell’inclusività, dell’impegno sia sociale e politico che culturale, per affermare il valore del fumetto e promuoverne i valori, in principal modo attraverso il supporto di giovani autori e di giovani autrici piene di idee e talento. Con una ripartenza così piena di entusiasmo, di impegno e di voglia di fare, non si può che restare curiosi di vedere l’evoluzione del festival. Sicuramente, il bello deve ancora cominciare. E per il momento possiamo solo dire: ci vediamo alla prossima Erlangen. Io già non vedo l’ora.