Per il nostro Speciale “Nuovo Mondo” Abbiamo intervistato Mauro Uzzeo e Luca Vanzella, i due sceneggiatori che hanno unito le forze con Roberto Recchioni, Giovanni Masi e Michele Monteleone per dare vita alla terza e ormai imminente stagione di Orfani: Nuovo Mondo.
LUCA VANZELLA
Luca Vanzella è nato a Conegliano (TV) nel 1978. Assieme a Luca Genovese ha fondato l’etichetta di fumetto indipendente Self Comics ( 2003 – 2008) e ha realizzato diversi libri: la biografia “Luigi Tenco – una voce fuori campo” (Becco Giallo); la saga robotica in due volumi “Beta” (Bao Publishing); la raccolta di storie brevi Aleagio! (Ren books). Ha scritto per le serie Long Wei, Orfani e Dylan Dog Color Fest. Ha anche scritto un saggio sui cosplayer, “Cosplay culture” (Tunué). “Beta” verrà ristampato per le edicole da Cosmo Editoriale questo novembre. Vive e lavora a Bologna.
Ciao Luca e grazie di avere accettato il nostro invito. Il vostro contributo è andato oltre alla sceneggiatura, avete avuto un ruolo anche nell’ideazione della nuova stagione di Orfani, nella trama generale?
Io ho lavorato al primo episodio, per cui dal momento in cui c’è molto da decidere e abbiamo scambiato molte idee su trama, ambientazione e personaggi. Ci siamo rimpallati intuizioni e spunti per un po’ e poi Roberto ha dato forma al tutto.
Non è la prima volta che vi trovate a scrivere su personaggi ideati da altri: quanto impegno serve per entrare in sintonia con una storia e dei protagonisti che non avete ideato voi?
È una delle sfide del lavoro di sceneggiatore e anche il suo bello. In questo caso io sono stato facilitato, visto che il mio numero è tutto centrato su Rosa, di cui avevo già scritto. Certo, la Rosa di Nuovo Mondo non è uguale alla Rosa di Ringo #7, però c’è una continuità, rimane familiare in un certo senso.
Quanto è stretto il rapporto con Roberto Recchioni quando scrivi una sceneggiatura?
Molto stretto. è stato molto diverso da Ringo in cui, dopo aver deciso il soggetto, ho lavorato in autonomia con Roberto che è intervenuto dopo, come editor. Nuovo Mondo #1 è effettivamente scritto da tutti e due.
A che tipo di documentazione avete fatto riferimento per la realizzazione dei testi?
Io mi sono concentrato sull’ambientazione per cui ho letto molta non-fiction a tema evoluzione alternativa/futura come i libri di Douglas Dixon e opere centrate su mondi alieni come ad esempio la saga di Aldebaran e i sequel Betelgeuse e Antares di Léo.
Come vi siete suddivisi gli albi da realizzare? Avete portato avanti ognuno una storyline in particolare o magari una tipologia di storie?
Alla fine ho solo dovuto far partire i motori, alla logistica ci hanno pensato loro!
MAURO UZZEO
Visto la sua costante presenza come sceneggiatore in Orfani: Ringo, con alcuni degli episodi migliori della serie, oltre che parlare di Orfani: Nuovo Mondo abbiamo chiesto a Mauro alcune impressioni sulle tematiche affrontate dalla seconda stagione e le sue sensazioni personali sulla terza saga che vede protagonista la “profuga terrestre” Rosa.
Attivo a 360° nel campo dell’intrattenimento, Mauro Uzzeo è da anni al servizio del fumetto, del cinema 1 e della televisione. In ambito fumettistico spazia dall’editoria indipendente (Montego, Edizioni BD, Coniglio Editore, BaoPublishing e NicolaPesceEditore) a quella della grande distribuzione (Editoriale Aurea, Sergio Bonelli Editore) e oggi è uno degli sceneggiatori dello staff di Orfani e di Dylan Dog, il secondo fumetto più venduto d’Italia. Nel 2015 insieme ad altri quattro pazzi inventa l’ARF! Festival romano che vede il fumetto tornare protagonista anche nella capitale! Nasce il 25 agosto del 1979 cominciando malissimo e migliorando man mano.
Ciao Mauro e grazie per avere accettato di partecipare. L’intera serie di Ringo è un viaggio attraverso l’Italia, da Napoli a Roma, da Lucca a Milano. In che misura la descrizione delle varie città rispecchia una vostra concezione dell’anima delle città stesse?
Con Roberto il patto era chiaro fin dall’inizio: a lui sarebbero toccate le città in cui i ragazzi si sarebbero fermati, a me gli episodi di viaggio tra una città e l’altra. E questa scelta ci rispecchia molto. Lui ha sempre un punto d’arrivo in mente, io cammino con uno zaino in spalla, portandomi dietro tutto quello a cui tengo e vorrei non fermarmi mai. Lui racconta alla grande quel che succede, a me piace lavorare sulle dinamiche che preparano quello che forse succederà.
Stavo bene con Ringo, Seba, Rosa e Nuè nel nostro viaggio in quei non-luoghi che però erano – guarda un po’ – perfetti per farli combattere con loro stessi. Per dividerli e unirli. Per farli scontrare e incontrare. Per fargli vivere, davvero, la loro adolescenza senza tutte le sovrastrutture sbagliate del mondo che gli è toccato in sorte. Privarli di tutto per fargli scoprire chi fossero davvero. Questo era lo scopo di quei momenti di viaggio.
Orfani: Ringo non nasce certo come fumetto di denuncia sociale, ma questo non ha impedito che apparissero, a volte tra le righe o comunque senza che venissero sottolineate, tematiche forti e argomenti che si rispecchiavano nell’attualità. Era uno degli scopi per cui era stata pensata la serie o è stata una naturale deriva data dall’ambientazione e dalla sensibilità degli autori?
Trovo che Orfani sia sempre stata una serie fortemente politica. La prima stagione, per quanto ambientata in un mondo stilizzato, ha offerto una risposta abbastanza chiara a tutta una serie di dinamiche geopolitiche che inevitabilmente influenzano la realtà che viviamo quotidianamente. Realtà a cui forse ormai siamo assuefatti ma che è importante continuare a narrare anche come metafora all’interno dell’avventura. Per anni il fumetto Bonelli è stato visto come legato a contesti storici che raramente avevano a che fare con l’attualità, Orfani ne è intriso. Nella seconda stagione il viaggio di un padre solo, alle prese con i suoi tre (ipotetici) figli, nel contesto di un’Italia ormai allo sbando in cui si tenta di fuggire dal sud (dove ancora esiste la bellezza) per raggiungere una terra promessa dove sia possibile anche solo semplicemente vivere con dignità, credo dica molto su quello che era il nostro scopo quando abbiamo cominciato a raccontarlo.
Il lavoro effettuato per quanto riguarda la crescita dei tre Orfani, delle loro personalità e dei loro rapporti è forse l’elemento più forte che percorre le pagine dei vari episodi. Quanto è stato difficile raccontare ragazzi “normali” rispetto a immaginare gli Orfani della prima serie, inquadrati in regole militari e cresciuti come soldati?
Considerato che non avrei avuto alcuna chance di raccontare per bene la vita di alcuni piccoli soldati, Roberto ha pensato bene di coinvolgermi a partire dalla seconda stagione perché sa che ho una predilezione per quel tipo di racconto di crescita che mette sullo stesso piano padri e figli. Sono stato uno di quei ragazzini con un rapporto conflittuale con la figura paterna, ho avuto la forza e la fortuna di poterlo recuperare crescendo e ora che guardo negli occhi mio figlio di neanche due anni so la materia che sto toccando è fragilissima. Ho parlato di questo. Anche se la vera ispirazione è arrivata da molti dei racconti delle mie due nonne. Entrambe avevano la stessa età di Rosa, Seba e Nuè quando l’Italia resisteva ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Il loro modo, diversissimo e per alcuni motivi, antitetico, di raccontarmi quel periodo, era frutto di una visione adolescenziale che era vicinissima a quello che hanno provato i protagonisti di Ringo. La sensazione di vivere in un campo minato, al cospetto di due nature indifferenti, quella del mondo intorno a loro, e quella del loro spirito adolescente che, comunque, avrebbe preso il sopravvento rispetto a tutto il resto.
La migrazione verso un nuovo pianeta per lasciarsi alle spalle la guerra, una minorenne e per di più incinta. Tutti elementi che possono richiamare in modo deciso la triste realtà attuale degli immigrati clandestini. C’è una tua volontà precisa di riprendere questi temi?
Fin da subito, lavorando alla stesura di tutto l’arco narrativo della seconda stagione, era evidente che il passo successivo alla fuga disperata dalla zona di guerra, sarebbe stato quello di finire nella triste situazione in cui si trovano quotidianamente migliaia di migranti. Per di più in una condizione, come hai ben specificato tu, di particolare disagio. Ma non abbiamo inventato noi quest’approccio, la buona fantascienza ha sempre ipotizzato un domani plausibile per parlare di un oggi che ci spaventa.
C’è chi questa paura la utilizza per spargere ignoranza, e chi cerca di contenerla all’interno di una buona storia che sappia parlare agli adulti di domani. Speriamo di esserci messi dalla parte giusta.
Alla fine di questo anno di viaggio con Ringo e i suoi Orfani, cosa ti rimane come sensazioni? Cosa è cambiato per te in questo senso tra la fase di ideazione e scrittura e quella di pubblicazione e incontro con i lettori?
Se domani qualcuno mi dicesse che è stato scoperto un universo parallelo in cui Orfani: Ringo continua a uscire su cadenza regolare come serie infinita, io mi ci trasferirei subito e continuerei a raccontare le storie di quei tre ragazzini cui ormai sono davvero legato. Il lavoro svolto con Roberto, ma anche con Emiliano, gli altri disegnatori e i coloristi, ci ha portati a metterci al cospetto di questi tre bei tipi e, come fossimo tutti un po’ Ringo, come fossimo ognuno un po’ padri di quei tre ragazzini. Li abbiamo arricchiti con degli aspetti della nostra personalità e ci siamo stupiti di vederli crescere in un modo che magari non avevamo preventivato. Vedere morire Seba e raccontare la morte di Nuè, per me è stato davvero doloroso. Non sono uno scrittore alla Martin, soffro per ogni singolo avvenimento che possa ferire dei personaggi che amo e, per me loro tre insieme a Ringo, sono una famiglia bellissima. E considerato che tutto sommato sono degli assassini minorenni con una peculiare visione della sessualità e del mondo che li circonda, essere riusciti a creare una famiglia credibile su questi presupposti mi sembra una piccola vittoria. Sono contento di loro, ma sono anche innegabilmente di parte.
Il vostro contributo è andato oltre alla sceneggiatura, avete avuto un ruolo anche nell’ideazione della nuova stagione di Orfani, nella trama generale?
Con Roberto e Emiliano abbiamo fatto delle riunioni preparatorie per studiare insieme tanto quello che sarebbe stato l’aspetto visivo dell’intera stagione, quanto, e soprattutto, l’impianto narrativo.
Da quelle riunioni sono emersi chiaramente il punto di partenza, quello di arrivo e i diversi obiettivi intermedi che avremmo tutti dovuto rispettare. Da lì in poi, sempre sotto la loro attenta supervisione e collaborazione, la libertà è stata massima e ci siamo tutti permessi di giocare ai nostri giochi preferiti. Ho riletto in questi giorni i primi sette episodi di Orfani: Nuovo Mondo e devo ammettere che, aldilà della grande omogeneità che abbiamo provato a dare al tutto, sarà davvero facile desumere le diverse personalità di ognuno di noi semplicemente leggendoli.
Non è la prima volta che vi trovate a scrivere su personaggi ideati da altri: quanto impegno serve per entrare in sintonia con una storia e dei protagonisti che non avete ideato voi?
Ormai sono un paio d’anni che racconto storie che hanno Rosa per protagonista, quindi non è stato più impegnativo del solito. Ho fatto molta più fatica a entrare nella psicologia di Ringo perché non sono capace di raccontare gli spacconi e quello che a Roberto riesce a occhi chiusi, a me costava una fatica mostruosa! E leggendo la seconda stagione credo che tutti se ne siano resi conto!
Per quanto riguarda la storia generale invece, se la seconda stagione, per indole caratteriale, era molto più nelle mie corde, di Orfani: Nuovo Mondo, mi sono stati affidati esattamente gli unici episodi che sarei stato in grado di scrivere al mio meglio. E di questo sono molto grato perché ho potuto raccontare una serie di cose che mi stanno molto a cuore e che voi scoprirete tra qualche mese.
A che tipo di documentazione avete fatto riferimento per la realizzazione dei testi?
Sul discorso della documentazione è accaduta una roba divertente: tutte quelle che sono le suggestioni visive e narrative di questa nuova stagione traggono ispirazione da un grande patrimonio di film, fumetti e videogiochi che Roberto e tutti gli altri ragazzi coinvolti conoscevano a memoria per cui per loro tutto era chiaro fin dal primo momento. Ecco, io ero l’unico che non ne conosceva neanche uno. Per questo Roberto mi ordinò di vedere almeno tutta una serie di film di fantascienza che non avrei mai visto nella vita e così per almeno un mese ci siamo guardati malissimo a vicenda, io perché per vederli stavo togliendo del tempo prezioso alla visione di qualche film indipendente asiatico sconosciuto, lui perché esigeva che li vedessi tutti! Col senno di poi devo ammettere ha fatto davvero bene perché mi sono serviti a entrare in una determinata forma racconto che non mi apparteneva in nessuna maniera e che ora so essere ricchissima. Oltre a quelli, per gli albi a cui sto lavorando ho usato le più disparate suggestioni: dal divertimento dell’Ultimate Spiderman di Bendis e Bagley, fino all’agghiacciante realtà di provincia che Ennis e Dillon hanno raccontato in Preacher, passando per quelle visioni oniriche che potrebbero ricordare molta fantascienza francese degli anni ’80 e alcuni violentissimi, ma al tempo stesso delicatissimi, momenti del Ken Parker di Berardi e Milazzo.
Alcuni di voi lavorano a stretto contatto con Recchioni in uno studio comune, Uno Studio in Rosso. Lavorare fianco a fianco in che misura ritenete possa contribuire alla definizione di una sorta di stile omogeneo? Quanta importanza date invece alle singole caratteristiche stilistiche?
Conosco Roberto da più di vent’anni e abbiamo diviso, come amici e come colleghi, un percorso così lungo che oggi ci lega moltissimo, al punto da consigliarci e seguirci anche nei progetti su cui non stiamo realmente collaborando. Per quello che posso dirti, io da lui ho imparato tanto e continuo a imparare costantemente. Ha una conoscenza e una competenza sul come scrivere il fumetto che credo in pochi abbiano. La velocità di lettura che è tipica dei suoi lavori non è che il frutto di un lavoro gigantesco sulla sintesi, al pari di quella che viene raggiunta dai più raffinati disegnatori, e mi spiace che molti non riescano a percepirlo, forse perché offuscati da come percepiscono il personaggio Recchioni, soprattutto online.
E dico queste cose con la consapevolezza di chi ha un modo di narrare che è praticamente opposto al suo, perché se è evidente che abbiamo alcuni referenti comuni, è altrettanto evidente che siamo interessati a una tipologia di racconto davvero diversa. Credo che questa grande differenza, sia esattamente il motivo per cui Roberto mi ha voluto al suo fianco sin dalla seconda stagione e da quel che ho letto in giro è stata una scelta molto apprezzata dai lettori. Quel sottile contrasto tra le nostre diverse voci, al servizio di una storia unica, è stato sicuramente qualcosa di inaspettato. Col moltiplicarsi delle voci in questa nuova stagione, spero che il risultato sia ancora più esaltante, soprattutto perché Michele, Luca e Giovanni, insieme a Roberto, hanno fatto, e stanno facendo, un lavoro eccezionale.
Come vi siete suddivisi gli albi da realizzare? Avete portato avanti ognuno una storyline in particolare o magari una tipologia di storie?
Come dicevo prima, a ognuno di noi è stato affidato quel segmento di storia che, in un certo senso, gli era già cucito su misura. Per il resto, se Orfani: Ringo, aveva una continuity interna importante ma dilatata all’interno di un lungo viaggio che ci ha permesso di isolare dodici momenti simbolici e concentrarci su quelli, in Orfani: Nuovo Mondo sarà tutto molto più serrato e adrenalinico. E dopotutto è nella tradizione di Orfani cambiare ogni volta tutte le carte in tavola, no?
Ciao Mauro, grazie per la cortesia e un grosso in bocca al lupo per Nuovo Mondo!
Dal 2001 svolge l’attività di sceneggiatore e regista di cortometraggi animati (Tricky’n’Ducks, Il Bambino che ha spento le stelle), spot televisivi (Coca-cola, Vodafone, Particella di Sodio dell’Acqua Lete) e videoclip musicali (Tiromancino, Jovanotti, Subsonica, Planet Funk, Coolio & Snoop Dogg) ottenendone riconoscimenti italiani e internazionali (premiato al Future Film Festival, ai Castelli Animati e al festival tedesco Animago). Da 2006 affianca Iginio Straffi nella realizzazione delle avventure delle fatine Winx, sia nella loro incarnazione televisiva sia in quella cinematografica, e porta a termine l’impresa di consegnare nelle sale italiane ed internazionali, il lungometraggio animato in computer grafica Gladiatori di Roma, grazie al lavoro e alla dedizione di tutto il team della Rainbow Cgi, società di cui è stato – dal 2006 al 2012 – direttore responsabile del reparto creativo. In campo cinematografco, dopo aver lavorato agli effetti visivi del film L’ultimo terrestre (esordio alla regia del fumettista/illustratore Gipi) che gli sono valsi la nomination per il David di Donatello, e aver curato la regia della sigla animata del film di Fausto Brizzi Com’è bello far l’amore, entra a far parte dello staff degli autori Wildside, per la quale sta scrivendo due lungometraggi. Dopo aver girato #Cose da Uomini primo serial web realizzato in collaborazione col Dipartimento delle pari opportunità per sensibilizzare sul tema della violenza sulla donna, ha scritto le sceneggiature di due lungometraggi thriller (il primo dei due: Monolith, tratto da una graphic novel scritta insieme a Roberto Recchioni per la Sergio Bonelli Editore, è attualmente in fase di postproduzione dopo esser stato girato nel deserto del Nevada. ↩