Corazzata Yamato #1: il conflitto tra uomo e infinito

Corazzata Yamato #1: il conflitto tra uomo e infinito

"Corazzata spaziale Yamato": la prima space-opera di Leiji Matsumoto è anche metafora del rapporto tra l’uomo e il suo destino.

yamato smallÈ l’anno 2199, la Terra sta per soccombere a causa dei bombardamenti radioattivi degli invasori alieni provenienti da Gamilas, il pianeta è ridotto a un deserto malsano e l’umanità si è rifugiata nel sottosuolo.
Tutto sembra perduto quando un vascello proveniente dal lontano pianeta Iscandar porta un barlume di speranza: la regina Starsha offre ai terrestri un macchinario, il cosmo DNA, in grado di risanare la Terra, e i piani per costruire un motore in grado di viaggiare a velocità subluminale; questa tecnologia permetterebbe alla Corazzata Spaziale Yamato di raggiungere la Grande Nube di Magellano dove si trova Iscandar e salvare il nostro pianeta.

Nota in Italia grazie alla versione animata (Starblazers) Uchū senkan Yamato nasce nel 1973 da un’idea di Yoshinobu Nishizaki che aveva precedentemente lavorato alla Mushi Pro di Osamu Tezuka: l’idea era quella di riproporre il tema de “Il Signore delle Mosche” in chiave fantascientifica ma, con l’ingresso di Leiji Matsumoto nel progetto, il concept di base venne pesantemente modificato fino ad arrivare al prodotto che conosciamo ora.
Il manga scritto e disegnato da Matsumoto venne quindi prodotto in contemporanea con la serie TV in quello che oggi definiremmo un “progetto crossmediale”.

Il papà di Capitan Harlock, coerente con la sua poetica narrativa, decide di differenziare il fumetto dall’anime centrando il fuoco sui personaggi coinvolti in questa impresa titanica; se da una parte abbiamo quindi una serie TV che è un pregevole esempio di space-opera, dall’altra il manga è in tutto e per tutto un dramma ambientato nello spazio.

ll termine dramma nella sua radice etimologica indica una forma mimetica del racconto non gestita dal narratore ma direttamente rappresentata dal conflitto dei personaggi
(Angelo Marchese)

“una storia di uomini esemplari che si confrontano con la Natura nella sua declinazione più terribile e affascinante”

Matsumoto infatti fa un passo indietro: ha già un soggetto, quello dell’anime, per cui si limita a prendere i personaggi e li fa recitare nel più grande teatro immaginabile, l’Universo.
Poco spazio viene dedicato alla narrazione delle battaglie con i gamilassiani e nel migliore dei casi ci vengono raccontate a posteriori tramite diversi artifici narrativi: una volta è un rapporto di un ufficiale di Gamilas, un’altra è una capsula-messaggio mandata sulla Terra, e così via.
Quello che veramente vuole Matsumoto è raccontare una storia di uomini esemplari che si confrontano con la Natura nella sua declinazione più terribile e affascinante, lo spazio profondo, affrontando sfide e difficoltà apparentemente insormontabili.

"giganteggia la figura del Capitano Okita in conflitto con il proprio corpo stremato dagli anni e dalle battaglie"
“giganteggia la figura del Capitano Okita in conflitto con il proprio corpo stremato dagli anni e dalle battaglie”

Su tutti giganteggia la figura del Capitano Okita, in conflitto con il proprio corpo stremato dagli anni e dalle battaglie, con i gamilassiani e con il cosmo intero.
Sebbene il protagonista, nelle intenzioni, sia Susumu Kodai, tutti i personaggi, avversari compresi, ruotano attorno al Capitano novello Ulisse ed esploratore del cosmo.

Tutto il viaggio della Yamato sembra infatti essere un paradigma del rapporto dell’uomo con l’infinito che, per quanto venga esplorato audacemente, rimane sempre sconosciuto, un Mistero. Indicativo è l’incontro con Harlock (personaggio che sarebbe stato delineato così come lo conosciamo noi solo quattro anni dopo) che aiuta l’equipaggio della Yamato per motivi che nessuno, neanche il lettore, ha mai saputo.

L'incontro con Harlock
L’incontro con Harlock

Matsumoto concepisce il racconto e l’impaginazione in maniera cinematografica, gestendo il tempo della narrazione variando la dimensione delle vignette: grandi spazi vengono dati alle astronavi immerse nell’universo, dilatando il tempo e aumentando il pathos, mentre i personaggi si muovono orizzontalmente all’interno di strisce spesso lunghe e sottili. Okita viene quasi sempre ripreso tramite inquadrature strettissime sul volto che però non mostrano mai gli occhi del personaggio, conferendogli un’ulteriore iconicità.

La sintesi del tratto, delle pennellate intense e mai spigolose, non concede nulla al virtuosismo e proietta il lettore all’interno della narrazione in un processo di immedesimazione fondamentale in un’opera pensata per suscitare forti emozioni.

"Okita viene quasi sempre ripreso tramite inquadrature strettissime sul volto che però non mostrano mai gli occhi del personaggio conferendogli un’ulteriore iconicità"
“Okita viene quasi sempre ripreso tramite inquadrature strettissime sul volto che però non mostrano mai gli occhi del personaggio conferendogli un’ulteriore iconicità”

In questo primo volume (di tre) Leiji Matsumoto riesce a concentrare tutta la sua poetica e la trama del primo viaggio della Yamato. Si tratta di un’opera seminale che ha pesantemente influenzato mangaka e animatori (Hideaki Anno su tutti) giapponesi e non negli anni a seguire. Rimane il dubbio che forse una foliazione maggiore avrebbe giovato alla trama dandogli un maggior respiro ma quel che è certo, è che quanto di veramente importante c’era da raccontare è stato raccontato appieno.

Abbiamo parlato di:
Cult Collection #8 – Corazzata Spaziale Yamato #1
Leiji Matsumoto
Traduzione: Valentina Vignola
RW-Goen, Febbraio 2015
240 pagine, brossurato, B/N – 7.50 €
ISBN: 9788867122776

"grandi spazi vengono dati alle astronavi immerse nell’universo, dilatando il tempo e aumentando il pathos"
“grandi spazi vengono dati alle astronavi immerse nell’universo, dilatando il tempo e aumentando il pathos”

 

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