Con Marina Sanfelice: l’arte di creare e riempire i balloon

Con Marina Sanfelice: l’arte di creare e riempire i balloon

Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta del mondo del lettering nel fumetto. Protagonista dell’intervista stavolta è Marina Sanfelice della SBE.

Il lettering è una parte importante del media fumetto, che fissa nelle vignette e nelle didascalie i dialoghi, i pensieri, le descrizioni volute dallo sceneggiatore. Le nuvolette sono talmente integrate ad arte nelle tavole che un lettore occasionale e inconsapevole delle tecniche fumettistiche non si accorge neanche del lavoro che si fa dietro le quinte, leggendo in modo automatico quello che scorre davanti agli occhi. Abbiamo scritto “integrate ad arte” perché anche quella del lettering è un’arte, appunto.
Siamo andati a fare qualche domanda a coloro che di quest’arte ne ha fatto la propria vita professionale, come Marina Sanfelice, letterista e responsabile lettering della Sergio Bonelli Editore.

marina-sanfelice-01Marina, benvenuta sulle pagine de Lo Spazio Bianco.
Innanzitutto un po’ di storia e ti chiediamo: quando e con quale fumetto (se è stato un fumetto) è cominciata la tua carriera di letterista?
Andiamo al lontano 1984. Il mio primo approccio al lettering è stato con Guerra d’eroi per l’allora Epierre: traduzione dall’inglese e lettering su stamponi in formato di stampa. Un battesimo alquanto impegnativo.

Sappiamo che sei una appassionata di calligrafia, da sempre. Qual è stato il passaggio che ha trasformato questa tua passione nella professione di letterista?
Ho cominciato quasi per gioco. Ai tempi stavo con un ragazzo che frequentava la scuola del fumetto di Milano e che mi lanciò per scherzo una sfida che però raccolsi subito. Me la cavavo col disegno e mi propose di far qualcosa insieme a lui, ma io mi buttai subito sul lettering, seguendo così il mio interesse e la mia passione per la calligrafia. Così, quasi per gioco, feci qualche prova e mi cimentai nella realizzazione di alcuni tipi di lettering che variavano dallo stile comico a quello francese passando per il classico bonelliano dei tempi, e produssi una sorta di portfolio in china bianca su cartoncino nero. Lo portai alla scuola del fumetto in cui Angelo Stano era docente e qui lui mi suggerì di approfondire la pratica del lettering. È stato così che ho iniziato. Il primo lavoro in Epierre mi è stato utile per pagarmi il corso di sceneggiatura presso, appunto, la Scuola del Fumetto di Milano in via Savona; poi, dopo alcuni mesi, concluso il corso, mi sono recata, nello stesso giorno, sia in Milano Libri (Rizzoli) che presso Edizioni L’isola Trovata (costola della Sergio Bonelli Editore), ricevendo una proposta di lavoro da entrambi gli editori. Così per quasi un anno ho lavorato mezza giornata da uno e mezza giornata dall’altro. Poi la meditata e fortunata scelta di lavorare esclusivamente per la SBE, guidata da Renato Queirolo, mio mentore, che allora dirigeva L’Edizioni L’Isola Trovata… e sono ancora qui dopo quasi 36 anni.

Ci sono varie correnti o scuole di lettering nel mondo del fumetto, alcune famose a livello internazionale. Per esempio quella statunitense, in cui il letterista è responsabile della disposizione dei balloon oltre che del lettering in quanto tale e in cui quindi c’è un vero e proprio apporto artistico all’intero lavoro sul fumetto. O quella italiana – parlo sempre del seriale ovviamente – oggi sempre più vicina a quella USA ma nella quale fino a pochi anni fa i ballon venivano a volte apposti dallo stesso disegnatore e il letterista doveva solo riempirli. Tu quale preferisci o quale credi sia più efficace?
Mi è capitato di lavorare con entrambi i metodi, soprattutto agli inizi, quando ho realizzato lettering per pubblicazioni di importazione, ma direi che il 99% dei miei lavori sono stati su inediti e quindi mi sono sempre cimentata nel decidere dove e come posizionare testi e balloon, metodo che viene seguito da sempre in Bonelli. A volte, in tempi passati, alcuni disegnatori lasciavano spazi liberi sulle loro tavole per i balloon ma, da quando sono entrata in SBE, abbiamo sempre richiesto di evitarlo, poiché in casa editrice la produzione seriale richiede regole comuni per le nostre pubblicazioni. Io stessa, da tempo immemore, sono stata incaricata di indicare con direttive chiare e imprescindibili queste regole a tutti i nostri letteristi e ancora oggi devono essere rispettate. Senza ombra di dubbio per me il lettering implica la realizzazione dei testi, prevedendo gli spazi in cui posizionarli, nonché forma e ingombro dei balloon. Un intervento che certamente ha un peso sul risultato finale di una tavola, di un albo, e quindi sono d’accordo quando si parla di apporto artistico all’intero lavoro sul fumetto. 

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Tavola da Dragonero #1 – lettering di Marina Sanfelice

Hai mai avuto o hai tuttora qualche letterista di riferimento, qualche professionista a cui guardi per l’ispirazione?
Può sembrare presunzione ma la risposta è no. Ho sempre seguito il mio gusto personale e adeguato la mia mano alle regole di cui sopra, anche se, soprattutto negli ultimi anni, ho lavorato e sto lavorando su pubblicazioni svincolate da regole, sulle quali potermi esprimere con più libertà e per le quali ho potuto creare calligrafie e balloon che si possano avvicinare allo stile e al genere di pubblicazione in questione: il tipo di lavorazione che più mi appassiona in assoluto.

Le onomatopee: in Bonelli sono di solito opera dei disegnatori, mentre per esempio in USA sono compito dei letteristi. Secondo il tuo pensiero, tali elementi grafici appartengono più alla sfera del disegno o a quella del lettering?
La realizzazione delle onomatopee e, aggiungo, dei titoli, è prevalentemente compito del letterista. Il lettering prevede questo, senza discussione in merito. È pur vero che in Sergio Bonelli Editore, da decenni e per abitudine, di tale realizzazione si occupano i disegnatori stessi. Mi è capitato comunque di disegnarne per interi albi ove era contemplato (cito la serie Creepy Past, per esempio). A volte correggo onomatopee esistenti o ne aggiungo ove richiesto. A ogni modo, confermo che il letterista si occupa anche della realizzazione delle onomatopee, considerando che è bene siano realizzate slegate dal disegno (e quindi in digitale su un livello dedicato) in modo che si possano correggere o riscrivere, per ovvi motivi, a seconda della nazione di pubblicazione.

Ti è mai capitato di ricevere suggerimenti dal disegnatore su dove apporre i balloon, anche con schizzi sulla tavola di fumetto? In caso affermativo, segui quelle indicazioni o preferisci decidere più liberamente la posizione delle nuvolette nelle vignette?
Mi è capitato, certo. I consigli, quelli buoni, sono sempre ben accetti e il dovere del letterista è quello di preservare il più possibile il disegno. Quindi se un disegnatore ha richieste particolari si cerca sempre di rispettarle, nei limiti del possibile.

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Creepy Past #1 – Lettering di Marina Sanfelice

I letteristi stanno al mondo del fumetto come i fonici e i direttori del suono stanno a quello del cinema, se mi passi l’analogia. È compito del vostro lavoro dare voce ai personaggi e anche differenziare quelle voci, ovviamente da un punto di vista grafico. In questo senso, ci sono stati fumetti che ti hanno messo in difficoltà dal punto di vista del lettering? E qual è l’opera di cui vai più orgogliosa che contiene i tuoi caratteri nelle nuvolette?
Io dico da sempre che il lettering nel fumetto è come il doppiaggio nel cinema, quindi concordo in toto con l’analogia. In merito alla caratterizzazione dei personaggi tramite il lettering, quando capita non è una difficoltà ma un vero piacere. Un modo per esprimere creatività e per lasciare un segno grafico che si integri col disegno, che non disturbi l’equilibrio formale ma che, anzi, possa divenire un valore aggiunto, quel guizzo che arricchisce il lavoro finale. D’altronde il fumetto è narrazione per immagini fisse e parole, quindi il buon risultato di una pubblicazione prevede buona sceneggiatura, buon disegno, (eventuale buona colorazione) e buon lettering.
Un fumetto che mi abbia dato particolari difficoltà rispetto ad altri non lo ricordo (perché le difficoltà per me si tramutano più che altro in ispirazioni e stimolano la mia creatività), però uno che mi ha creato ansia da prestazione lo ricordo eccome. Anni fa sono stata contattata per realizzare, con lettering manuale in digitale, una parte dell’albo da libreria dell’edizione integrale di Ranxerox edita da Comicon Edizioni in cui avevano necessità di fumettare tavole che non erano mai state pubblicate in Italia, riprendendo lo stile e la grafica del lettering originale dei tempi. Un lavoro a cui ho tenuto particolarmente proprio perché univa due mondi, quello analogico, del cartaceo, e quello digitale. È stata per me una grande sfida e una soddisfazione essere riuscita nell’intento, ma soprattutto essere stata scelta per un tipo di lavorazione che richiedeva competenze sia nel campo digitale che in quello artigianale manuale. Un compromesso tra vecchio e nuovo che ha dato i suoi frutti. Per non parlare poi dell’emozione di lavorare per Tanino Liberatore, che ho avuto occasione di conoscere e frequentare.
Per quanto riguarda l’opera di cui vado più orgogliosa, non ce n’è una su tutte, ma di certo ce n’è una che mi rappresenta molto e dalla quale poi è scaturita una grande serie di successo di cui sono appassionata e di cui mi occupo in Bonelli: la prima edizione di Dragonero, il romanzo a fumetti. In questo albo, tutto realizzato ancora su carta, c’è una gran varietà di calligrafie, alcune delle quali ancora oggi realizzo manualmente sugli albi della serie, e che fanno parte della caratterizzazione di alcuni personaggi e/o situazioni narrative. Un gran bel ricordo, forse la prima volta in cui mi sono potuta esprimere in piena libertà e che ha dato il via a un approccio più creativo e personale con cui affrontare la fumettatura in Bonelli. Lo stesso approccio che oggi ho nel realizzare il lettering di alcune pubblicazioni particolari, soprattutto per il comparto libreria. Albi fumettati totalmente a mano sia per quanto riguarda i testi che per la realizzazione dei balloon, fumettature dedicate ed esclusive che identificano la pubblicazione. Una su tutte è Senzanima (serie per la quale mi occupo anche della grafica di cover, risguardi e frontespizi, nei quali non ho voluto utilizzare alcun font, lasciando un’impronta grafica che caratterizzasse solo ed esclusivamente quella serie), che ha dato il via poi ad altre pubblicazioni realizzate con lo stesso intento, come Sottosopra, Il Confine, Deadwood Dick, Dragonero Adventures e Creepy Past. 

Puoi spiegare ai nostri lettori la differenza – se differenza c’è – tra l’adattare nei balloon un lettering esistente, come per esempio nei fumetti esteri tradotti, e nel crearne uno nuovo?
Differenza ce n’è di certo. Ora mi espongo e faccio un’affermazione che può sembrare grave. Occuparsi della “fumettatura” di un albo vuol dire prendersi una bella responsabilità dal punto di vista grafico e narrativo: il lettering, come il colore, può “uccidere” un buon albo o anche “salvare” un albo mediocre. Infatti, sia lo stile grafico del lettering che il posizionamento dei balloon (fondamentale per la corretta sequenza dei dialoghi) influiscono sul risultato finale di un’opera della nona arte. Questa è la fondamentale differenza tra una tipologia di lavorazione (inediti) e l’altra (albi già editati all’estero). In un albo già pubblicato il lavoro del letterista si riduce a una sostituzione dei testi all’interno di balloon già realizzati e posizionati nelle vignette.
Tra queste due opzioni c’è a mio avviso una distanza notevole, tant’è che spesso, nel secondo caso, del lettering si occupano improvvisati “letteristi” che di questo mestiere poco conoscono e che ritengono sia sufficiente saper fare un copia-incolla per definirsi tali. C’è invece, per fortuna, una buona schiera di bravi grafici che si occupano di lettering, che si impegnano a tutelare e valorizzare il lavoro del letterista, preservandone così la figura professionale, che in Italia è poco considerata, a differenza per esempio, in primis, degli Stati Uniti.

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Senzanima – Lettering di Marina Sanfelice

Oggi il lettering viene realizzato tutto in digitale, tuttavia la componente “artigianale” di questo aspetto lavorativo non è venuta meno e la si può ritrovare nella creazione da parte di vari letteristi di font originali che talvolta vengono anche commercializzati. Nel tuo caso, come è avvenuto e come è stato il passaggio dall’analogico al digitale? Che strumenti usi attualmente per realizzare il lettering?
Prima devo precisare che in realtà alcuni di noi ancora lavorano in cartaceo, anche se sono ormai delle mosche bianche. Il passaggio al lettering digitale in SBE è stato dettato da una necessità di filiera lavorativa. Nel momento in cui tutto il materiale prodotto in casa editrice veniva poi convertito in digitale è stato necessario adeguarsi a questo passaggio anche per il lettering. Da noi è avvenuto relativamente di recente, considerando che i primi albi pubblicati con accredito del font, se non ricordo male, sono del 2014. È pur vero che ci stavo lavorando già da qualche anno: ricordo che io stessa chiesi di essere attrezzata con computer e tavoletta grafica per cominciare ad addentrarmi un po’ nel mondo del digitale. Ho sperimentato diverse metodologie di lavorazione che si adattassero al meglio al nostro flusso di lavoro, che comprende centinaia di collaboratori “spalmati” su tre generazioni diverse. Era dunque necessario trovare un modo di fumettare che si adattasse appunto a diverse esigenze. Col tempo sono arrivata a definire un metodo tutto nostro che prevede l’utilizzo di un font (la cui creazione ed editing mi ha impegnata per quasi due anni) ma che impone anche un apporto manuale da parte di tutti i nostri letteristi che, provenendo dall’esperienza del cartaceo, riescono a dare un’impronta personale ai propri albi. Definito e approvato il metodo di lavoro finale, ognuno di loro è stato da me formato in modo che tutti quanti potessero lavorare in digitale con le stesse modalità e che fossero così intercambiabili. Tutti noi, io per prima, fumettiamo con Photoshop (producendo così dei file gestibili svincolati da programmi e pacchetti di impaginazione), software che ci consente di letterare anche manualmente grazie alle nostre tavole grafiche professionali che ci permettono di scrivere manualmente in digitale tutte la parti di dialogo in neretto e grassetto, oltre ad alcune calligrafie create ad hoc che ci capita di dover realizzare per caratterizzare personaggi o situazioni particolari. La scelta di questo metodo di lavoro è stata per me un “dovere”, nel rispetto delle richieste che a suo tempo aveva espresso Sergio Bonelli, che sempre ha dato un gran valore al lavoro del letterista: “Che il lettering digitale non perda quel tratto fresco della manualità, che non si discosti troppo dalla nostra tradizione e che non disturbi il lettore, abituato da decenni a un aspetto grafico ormai distintivo”. Questo ho cercato di fare e spero di esserci riuscita. I miei strumenti di lavoro quindi sono: la mia mano, il mio stile, la mia visione della tavola finita, computer, tavola grafica, penna ottica, Photoshop e Indesign, oltre all’immancabile foglio di carta, rapidograph, “binario” ed ellissometri, perché la carta non la abbandono.  Per altri editori lavoro prevalentemente in fase di impaginazione, ma non tralascio mai di realizzare qualche baloon, qualche onomatopea o urla particolari, con l’ausilio della matita in tracciato. Insomma la manualità è comunque per me sempre presente.

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Sottosopra – lettering di Marina Sanfelice

In SBE svolgi attualmente il ruolo di supervisione del comparto lettering della casa editrice: ci spieghi in che cosa consiste il tuo lavoro quotidiano in redazione?
Il mio ruolo in SBE di responsabile del letterinh mi impegna principalmente nell’indicare le direttive di lavorazione ai nostri collaboratori, consigliarli riguardo l’utilizzo di font diversi dal nostro standard e fornirglieli, riferire loro richieste particolari da parte di autori e curatori fornendo i parametri tecnici da seguire, rispondere alle loro domande risolvendo eventuali problemi e fugando dubbi, fornire loro soluzioni di ogni sorta qualora ne abbiano necessità, ricordare loro diversi metodi di lavorazione a seconda delle testate su cui sono impegnati e così via. Mi preme di nominarli, poiché sono figure per noi importanti, che collaborano con la redazione da molto tempo, quasi tutti dai tempi del lavoro in cartaceo, alcuni già dagli anni ‘90: Luca Corda, Alessandra Belletti, Omar Tuis, Riccardo Riboldi, Valentina Pejrano e Maria Dalmotto. E poi le mitiche Renata Tuis e Monica Husler che ricordo dai tempi dei miei inizi e che ancora oggi lavorano per Tex, fumettando su carta.
Il mio lavoro in redazione consiste principalmente nella supervisione e correzione degli albi letterati dai nostri collaboratori. Gli albi letterati vengono infatti presi in carico dai curatori di testata che ne fanno una prima lettura (ma si arriva anche alla quarta), indicando correzioni di testi che io, e la collega Barbara Mazzocchi che mi affianca in questa parte di lavorazione, provvediamo ad apportare intervenendo sui file. Mi occupo inoltre della impaginazione degli albi a colori e del controllo dei parametri tecnici dei file in arrivo da quasi tutti in nostri disegnatori, in modo che nella successiva filiera lavorativa tutto scorra nel modo più fluido possibile. Diverse mansioni che prendono la maggior parte del mio tempo, ma che non mi portano via quello che mi serve per coltivare la mia vera passione, ovvero la realizzazione del lettering vera e propria.

A che cosa stai lavorando attualmente? Quale sarà un fumetto di prossima uscita che avrà il tuo lettering?
In estate ho chiuso il quinto numero de Il Confine uscito a fine ottobre, che mi ha divertita più del solito per alcune tavole che mi hanno impegnato in modo particolare. Poi ho in lavorazione il sesto numero di Senzanima, il secondo volume di Sottosopra, la serie regolare da edicola di Dragonero e inoltre mi sto dedicando a un altro ambizioso progetto di cui sentirete parlare nei prossimi mesi. Diciamo che per fortuna il lavoro non manca. Anzi, non per fortuna, ma grazie a tutti i lettori di fumetto che ancora si appassionano con i nostri albi.

Grazie per il tuo tempo e la bella intervista Marina

Intervista realizzata via mail nel mese di settembre 2020

Marina Sanfelice

Marina SanfeliceNasce a Como nel 1965. Sin da bambina coltiva la passione per la calligrafia, durante l’adolescenza entra in contatto con il mondo del fumetto e inizia ad appassionarsi, un po’ per gioco, al lettering e alla “fumettatura”. In breve tempo, il gioco si trasforma in professione. Frequenta l’I.T.I.S. di Setificio (Como) e la Scuola del Fumetto di Milano. Durante gli studi presso la scuola del fumetto, collabora con Epierre (Milano) e nel 1985 inizia la collaborazione con Milano Libri: Snoopy, Corto Maltese, Linus (Rizzoli), e con le Edizioni Isola Trovata: Ken Parker, Albi di Pilot, Orient Express e varie pubblicazioni francesi, oltre a testate classiche della Sergio Bonelli Editore. Lo stesso anno entra a far parte della redazione de l’Isola Trovata in modo esclusivo e a tempo pieno, abbandonando la collaborazione con Rizzoli. Dal 1990, si trasferisce nella redazione della SBEditore dove lavora tuttora come responsabile supervisore lettering e come font creator ed editor. La calligrafia, classica moderna e creativa, resta per Marina una vera e propria passione.
[tratto dal sito della Fiera del fumetto di Lugano]

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