Con Manfredi Toraldo: il lettering, l’arte di riempire i balloon

Con Manfredi Toraldo: il lettering, l’arte di riempire i balloon

Inauguriamo una serie di interviste tecniche riguardanti la creazione dei fumetti, cominciando con la parte che fa parlare le nuvolette.

Il lettering è una parte importante del media fumetto, che fissa nelle vignette e nelle didascalie i dialoghi, i pensieri, le descrizioni volute dallo sceneggiatore. Sono talmente integrati ad arte nelle tavole che un lettore occasionale e inconsapevole delle tecniche fumettistiche non si accorge neanche del lavoro che si fa dietro le quinte, leggendo in modo automatico quello che scorre davanti agli occhi. Abbiamo scritto “integrati ad arte” perché anche quella del lettering è un’arte, appunto. Andiamo a fare qualche domanda a coloro che di quest’arte ne ha fatto la propria vita.

Ciao Manfredi e benvenuto su Lo Spazio Bianco. Anzitutto un po’ di storia e ti chiediamo: quando e con quale fumetto (se è un fumetto) è cominciata la tua carriera di letterista?
Ciao! Grazie a voi per l’ospitata, mi hanno detto che ci sdarebbero stati rinfreschi… guardate che mangio tanto, eh… Battute stupide a parte, comincio a rispondere con gioia. Anni fa, nel lontano 1996, su 2700, il fumetto che mi ha visto esordire come sceneggiatore mi ha tenuto a phpThumb_generated_thumbnailbattesimo anche come letterista. Ho sempre avuto una pessima grafia e il mio primo tentativo fu quello di lettera dal computer. Non avevamo però uno scanner e, in pratica, prendevo le dimensioni in centimetri sulla tavola fisica, le riportavo su Photoshop, scrivevo al computer, disegnavo i balloon e le didascalie e poi stampavo il tutto. Lo ritagliavo a mano e incollavo i pezzi sulle tavole originali. Insomma, mi ero inventato un ibrido tra lettering tradizionale e quello al computer. Quattro anni dopo affrontai la mia prima esperienza completamente digitale con Arcana Mater e subito dopo sul materiale della Alta Fedeltà (futura BD).

Perché e cosa ti ha spinto ad appassionarti al riempimento e alla creazione dei balloon?
Be’, come molti sceneggiatori sono nato con la passione del disegno in parallelo a quella di scrivere le storie. Non avevo costanza e qualità tali da riuscire a diventare un buon disegnatore e ho lasciato quella parte. Volendo però mettere mano anche alla “fisicità” della tavola, ho capito che sarei comunque diventato grafico… da lì al lettering il passo fu breve. Considerando anche che ho sempre amato la possibilità di correggere fino all’ultimo i miei testi letterandoli da solo.

Puoi spiegare la differenza tra adattare nei balloon un lettering esistente, come per esempio l’adattamento da fumetti dall’estero, e nel crearne uno nuovo?
Sono due procedimenti molto differenti. Mettere dei testi in un balloon già esistente è un procedimento più tecnico e meno creativo. Bisogna rispettare quanto più possibile il lavoro del letterista originale, usare i suoi font e, in pratica, si può giocare molto poco con la creatività. Creare tutto ex novo, invece, è un lavoro molto creativo e può migliorare o peggiorare una tavola in modi che spesso si stenta a credere che siano possibili. Creare un lettering da zero ti permette di dare un vero e proprio stile unico a un fumetto. Con i pro e i contro della questione.

Ci sono varie correnti o scuole di lettering nel mondo del fumetto, alcune famose a livello internazionale. Per esempio quella statunitense, in cui il letterista è responsabile della disposizione dei balloon oltre che del lettering in quanto tale e in cui quindi c’è un vero e proprio apporto artistico all’intero lavoro sul fumetto. O quella italiana, parlo sempre del seriale ovviamente, oggi sempre più vicina a quella USA ma nella quale fino a pochi anni fa i balloon venivano a volte apposti dallo stesso disegnatore e il letterista doveva solo riempirli. Tu quale preferisci o quale credi sia più adatta attualmente?
In realtà cambiano le correnti da casa editrice a casa editrice, qui in Italia. Da Topolino, dove i balloon li devono realizzare i disegnatori (che non sempre sono bravi letteristi), alla Bonelli, dove il passaggio dal lettering manuale a quello digitale è stato studiato per cercare di far notare il Hulk-01-01meno possibile la differenza. L’Aurea ha sempre avuto delle “regole di scuderia” tutte sue e così via. Il bello del modello americano è che appena si è messo mano al computer, invece di nasconderlo, i letteristi hanno cercato di sfruttarlo il più possibile, con tutti gli effetti speciali che il digitale permetteva. Ma gli americani hanno sempre cercato di arricchire il lettering, dagli autori unici come Will Eisner e Walt Kelly ai letteristi come Todd Klein. Lo studio di come il balloon e il font possano rappresentare una vera e propria “voce” di un personaggio, esattamente come capita per le onomatopee, prova come gli americani siano sempre stati più avanti di noi italiani. Come in un film, se il sonoro è sbagliato si può rovinare una bella esperienza, in un fumetto, il bravo letterista equivale a un ottimo tecnico del suono. Per questo, forse, ammetto di apprezzare di più l’approccio degli USA. Discorso a parte andrebbe fatto per la Francia, dove il lettering invece è spesso stato legato proprio agli autori o ai personaggi, come segno di stile, con giochi anche molto gustosi che qui in Italia abbiamo visto riprodotti quasi unicamente su Asterix.

C’è qualche tecnica che hai studiato in modo particolare?
Come dicevo, l’America è sempre stata avanti, come scuola di lettering, e ammetto che, come tale, è sempre stata il mio punto di riferimento. Tanto che, anche quando ancora non letteravo, chiedevo a chi si sarebbe occupato del lettering dei miei fumetti di differenziare le voci esattamente come avevo visto fare negli USA.

Le onomatopee: in Bonelli sono opera dei disegnatori, mentre in USA sono compito dei letteristi. Anche qui, cosa ne pensi?image
In realtà, non sempre. Alle volte anche in Bonelli i letteristi si occupano (o meglio, si occupavano) delle onomatopee… dipendeva dai casi. Comunque, l’onomatopea ben studiata e disegnata del disegnatore spesso si amalgama di più allo stile grafico della tavola e se fatta bene è una meraviglia per gli occhi. Penso all’incredibile lavoro di Dave Sim e Gerard su Cerebus per dirne uno. Ma, spesso i disegnatori non studiano la questione e non sanno come gestire le onomatopee. In quel caso se le disegna un professionista, è meglio. Insomma, dipende dai casi.

Su opere ex-novo preferisci che ti venga indicato dal disegnatore dove apporre i balloon, con suggerimenti appositi, o crearli dove ti sembra meglio secondo il tuo gusto?
Preferisco fare tutto io ma, ovviamente, il bravo disegnatore è colui che lascia gli spazi giusti per il lettering ed è davvero come se ti dicesse dove mettere i balloon. Sono un po’ estremista da quel punto di vista ma, se il disegnatore non ha lasciato i giusti spazi, credo debba accettare le scelte del professionista che metterà mano alle tavole dopo di lui, anche per capire le conseguenze di non essersi studiato una parte del lavoro. Un disegnatore, che non abbia lasciato gli spazi giusti per i balloon, che si lamenta del lettering finale, equivale a uno che ha abbozzato alla bell’e meglio una tavola dandola poi a un inchiostratore che dovrà poi ridisegnare tutto perché, in realtà, non aveva il materiale giusto su cui lavorare. In un gruppo, tutti devono fare il loro lavoro al meglio.

10Oggi il lettering viene realizzato tutto in digitale, tuttavia la componente “artigianale” di questo aspetto lavorativo non è venuta meno e la si può ritrovare nella creazione da parte dei vari letteristi di font originali che talvolta vengono anche commercializzati. Nel tuo caso, hai sempre lavorato in digitale al lettering o hai iniziato ai tempi dell’analogico? Che strumenti usi per questo aspetto del tuo lavoro?
Come detto già prima, lavoro da sempre in digitale anche quando non lo facevo. Attualmente uso, per tutto il procedimento di lettering, Adobe InDesign, con saltuari aiuti di Illustrator per ottenere effetti particolari.

Quali sono le opere che ti hanno messo maggiormente in difficoltà dal punto di vista del lettering, finora? Intendo sia italiane che straniere.
Senza dubbio alcuni prodotti giapponesi, ai tempi della GP Publishing, perché si doveva ancora ridisegnare le onomatopee, ai tempi, e certe tavole erano davvero impossibili da riadattare, con effetti di trasparenze e incastri col disegno di un alfabeto completamente diverso dal nostro.

Se lo puoi dire, a cosa stai lavorando attualmente?
Negli ultimi anni ho lavorato soprattutto come letterista per la mia casa editrice, la ManFont che adesso è stata acquisita dalla Shockdom. In Shockdom continuo a occuparmi del lettering di numerosi volumi, ma non posso fare nomi perché è tutto materiale in lavorazione. Mi sono però divertito ad adattare un po’ di lavoro di alcuni grandi nomi in lingua straniera, cosa che in Shockdom mi capiterà sempre più spesso.

Intervista realizzata via email il 5 settembre 2020

MANFREDI “MANf” TORALDO

Manfredi, detto MANf, nasce a Londra nel 1975 e comincia a lavorare nel mondo del fumetto nel 1992 ideando la serie fantasy 2700. Collabora con sbam-Manfredi-Toraldola casa editrice Lo Scarabeo, con la quale segue la produzione di alcune biografie di fumettisti e realizza il volume a fumetti La Sindone, una storia lunga 2000 anni sceneggiando per Sergio Toppi, Aldo Capitanio, Roberto De Angelis Giancarlo Alessandrini e Sergio Zaniboni. Nel 2006 scrive 3200, per le edizioni FreeBooks, sulla rivista Brand New!, poi raccolto nel volume 3200 – Le api non si riconciliano. Nel corso del 2008 pubblica La Storia di Chicco Bio per il comune di Coseano, all’interno di un progetto di sostenibilità europea per i prodotti di origine biologica. Dal 2010, a tutt’oggi, realizza l’albo a fumetti il Reparto di Pediatria dell’ospedale di Lucca che viene pubblicato ogni anno in occasione di Lucca Comics and Games e attualmente già alla sua ottava pubblicazione. Dal 2013 è sceneggiatore presso Sergio Bonelli Editore e nello stesso anno fonda le edizioni ManFont: www.manfont.com Nel 2016 realizza la sceneggiatura per la storia biografica a fumetti su Rita Levi-Montalcini dal titolo Rita Levi-Montalcini – Una donna di frontiera pubblicato dalla Fondazione Ebri e dal Senato della Repubblica Italiana.

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