Zero Cosini, il romanzo psicologico nel post-Novecento.
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Zero Cosini, il romanzo psicologico nel post-Novecento.

Zerocalcare ce l’ha fatta: primo nella classifica di libri venduti al suo esordio.

Su questo blog mi occupo, come noto ai lettori, del rapporto tra fumetto e letteratura, con un occhio di riguardo all’adattamento di opere letterarie. Si tratta di un campo in cui, sinora, Zerocalcare non si è cimentato (eccezion fatta per qualche gustosa citazione letteraria sparsa in un prevalere di rimandi più pop: come il Filippo Tommaso Marinetti che viene satireggiato in una riuscita vignetta di Kobane Calling).

Il successo editoriale

Tuttavia, Zerocalcare rientra indubbiamente nel nostro discorso per un altro motivo: la sua capacità di affermarsi nel mercato librario quanto nessun altro autore è mai riuscito a fare. Una prima tappa è stata costituita dalla sua candidatura al Premio Strega nel 2015 con Dimentica il mio nome (vedi qui: https://premiostrega.it/PS/zerocalcare/), il suo quarto volume e il secondo vero romanzo a fumetti composto dopo Un polpo alla gola (La profezia dell’armadillo, opera d’esordio, e 0gni maledetto lunedì, nuovo adattamento delle sue vignette online, sono più raccolte dei racconti a fumetti rielaborati con una cornice narrativa).

 

In questo, Zerocalcare seguiva l’esordio di Gipi, che nel 2014 era stato in lizza con unastoria. Per certi versi, l’esordio di Zerocalcare rappresenta anche in questo caso una evoluzione: il lavoro di Gipi, eccelso, è un fumetto “serio”, che poteva essere più facilmente accolto nel salotto buono della letteratura italiana. Quello di Zerocalcare, invece, a un primo livello è più distante dall’idea di fumetto autoriale nell’immaginario della persona magari letterariamente colta ma fumettisticamente ingenua (penso sia superfluo specificare che, naturalmente, l’apparente svagatezza dei “disegnetti” maschera una costruzione accurata: è un po’ come il sardonico “segno estivo” di Andrea Pazienza).

Ora ZC ha portato in libreria la seconda parte del suo Macerie Prime, ben recensita qui da Andrea Bramini (il primo tempo l’avevo recensito qui), Zerocalcare infrange un nuovo record: è infatti la prima volta che un fumetto raggiunge la prima posizione nella classifica di vendita libraria, nella settimana dal 7 al 13 maggio 2018 (vedi ad esempio qui).

Va detto che un traguardo di tale tipo spicca anche per l’assenza – iniziale – di particolare ricezione: sia da parte del mondo dell’informazione fumettistica, dove la cosa è stata segnalata da Roberto Recchioni (la settimana successiva), sia da parte del grosso dell’informazione letteraria dei giornali, forse per un residuo snobismo. La notizia comunque è stata data da parte de La Stampa, in un articolo di Bruno Ventavoli con cui Zerocalcare, tra l’altro, è riuscito a sfondare, giornalisticamente, non solo all’interno della sezione cultura (solitamente preclusa tuttora al fumetto, salvo rarissime concessioni) ma anche – unico tra gli italiani – fuori della sezione cultura, nel corpo vivo del giornale.

Probabilmente Kobane Calling ha avuto una sua importanza nell’aprirgli le pagine di cronaca estera come commentatore delle vicende del Kurdistan, entrando così nei radar del mondo giornalistico, che ora ne parla – come in questo caso – come cartina al tornasole dell’attuale crisi generazionale (un tipo di utilizzo prima riservato solo a – pochi – autori letterari o cinematografici).

Il prossimo passo è ottenere un editoriale: vi era riuscito per certi versi Alessio Spataro, citato ai tempi ad esempio nel Buongiorno di Gramellini, ma per via di un fumetto satirico su Giorgia Meloni che la nota politica aveva attaccato in tv. Zerocalcare potrebbe ottenerlo senza questo volano mediatico.

Insomma, un successo innegabile, fondato sulla forza dei numeri di vendita oltre che sulla qualità, e che va a sdoganare un fumetto molto “fumettistico”, se ci si permette la tautologia: ovvero non nobilitato perché “bello come un romanzo”, “cinema su carta” o per la valenza estetica di singole immagini decontestualizzate.

Ma c’è qualcosa di letterario in Zerocalcare, che aiuta a farlo funzionare?
Nulla nello specifico, ma forse qualcosa a livello di grandi archetipi novecenteschi.

La maschera psicologica dell’inetto di successo.

Il grande romanzo “della crisi” (la crisi permanente aperta da Freud e della decostruzione dell’io) è, soprattutto in Italia, romanzo psicologico dell’Inetto. Per limitarci ai casi “scolastici”: Italo Svevo. Ecco: per un mero gioco letterario, è curioso notare come sia Svevo che Zerocalcare indossano una maschera (il nome d’arte, che sostituisce Ettore Schmitz e Michele Rech) che cancella l’identità reale. In Schmitz la maschera è doppia: Italo Svevo per l’autore (sospeso tra identità germanica e italica, e tacendo quella ebraica) mentre Zerocalcare assume una singola maschera, un nome commerciale, da detersivo, che assomma lo Zero e il Calcare, qualcosa di estremamente auto-dispregiativo a un primo livello, e naturalmente – come da poetica per l’autore – sottolineato come scelta puramente casuale e svagata.

Appare però curiosa l’omofonia con la maschera romanzesca sveviana, Zeno Cosini, dove la maggioranza dei critici vedono lo Zero (che torna identico), omofono con Svevo, e la Cosa. Al dualismo Svevo/Zeno (coincidenti, ma non perfettamente) corrisponde la doppia maschera sovrapposta di ZC, autore e personaggio. E nelle avventure del proprio alter ego torna sullo sfondo spesso Freud e la psicologia vista con sospetto, contrapposta ad un’autoanalisi compiaciutamente naif e imprecisa (ovviamente con meno rigore di Svevo: ma questo riflette anche la diversa ricezione della psicologia a cent’anni di distanza, da scoperta dell’alta borghesia a pseudocultura di massa).

Se proprio si vuole, è anche l’approccio di fondo: tutti e due i ZC, Zeno Cosini e Zero Calcare, sono degli apparenti inetti che, alla fine, risultano più vincenti dei soliti Guido Speier di plastica, non perché superino le proprie paranoie – la malattia del fumo in Svevo, la loro personificazione nell’armadillo – ma perché ne sanno fare un’arma.

Naturalmente, un parallelo che va preso con il giusto tasso di paradosso: ma – per i meccanismi della ricezione, ripetiamo, e non per citazione diretta – Michele Rech avrà ben studiato Svevo al liceo, e quindi un certo influsso magari inconscio potrebbe esserci stato.

Macerie seconde: una mancata analisi politica.

Se la ambigua autoanalisi di una generazione  funziona, una cosa – devo confessare – mi ha lasciato insoddisfatto in queste “Macerie seconde” il mancato scioglimento del tema “politico”. Nella prima parte, infatti, veniva posto il tema della peculiare posizione politica di Zerocalcare, emerso dalla sinistra antagonista ma, grazie al successo, divenuto un’icona di una sinistra più ampia (collaborando, ad esempio, con Repubblica) e quindi inevitabilmente “più moderata”.

Il porre il problema (riprendendo un episodio reale) era coraggioso: la soluzione mi è parsa un po’ conciliatoria, senza affrontare il fulcro della questione. Se infatti nel set up si apriva un contenzioso “a sinistra” (Zerocalcare si schierava, con molti dubbi, in favore dei giovani antagonisti e contro con un alter ego di Speranza, deputato PD), il pay off è invece un’aggressione “di destra” (un gruppo di ultrà salcazzesi offesi perché Zero avrebbe “insultato il loro paese”), che è molto meno problematico: se il primo contenzioso tralasciato era divisivo tra sinistra antagonista e sinistra democrat, questo mette d’accordo i due pubblici.

Va anche detto che sei mesi fa il problema poteva apparire reale, con un contrasto tra sinistra di lotta e quella di governo, oggi è – per il momento – pura accademia, di fronte a un governo decisamente lontano da entrambe. Vedremo come Zero saprà interpretare, in futuro, il nuovo quadro della situazione.

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