Il sistema degli anime nell’era della polimedialità.
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Il sistema degli anime nell’era della polimedialità.

Anime System (2019) di Marc Steinberg, uno dei più accreditati studiosi dei media giapponesi,  è un interessante volume recentemente pubblicato da Tunué che esamina l’origine e gli sviluppi della dimensione pubblicitaria e merceologica dell’animazione giapponese nel suo contesto d’origine. Si tratta di un saggio accademico, non immediatamente divulgativo, ma proprio per questo offre una prospettiva interessante per una più completa comprensione. Il volume è a cura di Marco Pellitteri, autorevole esperto italiano del settore, con la traduzione di Valentina Testa, e il significativo sottotitolo è “il successo polimediale dell’animazione giapponese”, con un aggettivo che va a evidenziare questa natura strutturale dell’interconnessione dei prodotti nipponici.

Il primo caso ampiamente analizzato è quello di Tetsuwan Atom di Tezuka (lo sticker di Atom è sulla copertina del libro). Diffuso (fin dal 1963) in USA come Astroboy, che costituisce per molti aspetti – e anche per questo – un’opera assolutamente seminale.  È con Atom che avviene un radicale cambiamento nella relazione tra prodotti e pubblicità: «Considerando che il metodo di vendita tradizionale di un prodotto era quello di pubblicizzarlo e venderlo in base al suo contenuto, dopo Tetsuwan Atom le aziende presero a pubblicizzare e vendere i loro prodotti sovrapponendo all’immagine del prodotto quella di un personaggio».

L’animazione era già apparsa in Giappone nel 1909, con prime opere autoctone nel 1917. Un modello significativo fu ovviamente quello occidentale di Walt Disney. Nel 1962, la nascita con Atom degli “anime televisivi” porta a un nuovo stile, più essenziale rispetto a quello più fluido e accurato degli anime cinematografici, il “flusso Toei”. Tezuka con Atom impone uno standard efficace per la TV, in cui si minimizza il più possibile il movimento, abbattendo i costi di produzione senza danneggiare la fascinazione sul suo pubblico. Centrale fu la fidelizzazione degli spettatori tramite la forza iconica dei personaggi, una lezione che in parte deriva ovviamente dalla Disney, ma che Tezuka rielabora e fa un punto di forza dell’animazione giapponese anche successiva.

In quegli anni del resto stava esplodendo il media televisivo. La TV, nel 1960, era giunta in Giappone nel 55 per cento delle case (le nozze reali del 1959 erano state un evento catalizzatore, per molte famiglie, in direzione dell’acquisto del nuovo strumento). Nel 1964, per le Olimpiadi del 1964, la tv ha una diffusione del 95 per cento. Il medium, in Giappone, richiamava uno precedente molto diffuso dal 1929 all’immediato dopoguerra, il Kamishibai, il teatrino di carta, una evoluzione del teatro di marionette. La tv venne inizialmente detta, infatti, il «kamishibai elettrico», e alcune tecniche dell’animazione nipponica ricordano da vicino alcune tecniche del Kamishibai.

La forza dell’icona di Atom mostra la sua potenza portando a un enorme successo commerciale dei cioccolatini Marble a cui è collegato come sponsor; anche la diffusione del cioccolato come dolce per bambini (rispetto alle meno costose caramelle, diffuse dal 1945 in poi) si lega agli anni ’60 giapponesi e alla diffusione dei manga/anime, utilizzati nella loro promozione: la fascinazione dei vari gadget di Atomu si lega indissolubilmente al fascino dell sua icona promossa accuratamente dall’anime.

Anche l’industria dei giocattoli è in trasformazione profonda. Negli anni ’50, la ripresa dell’industria giapponese era passata per la produzione di giocattoli per il consumo estero, pistole e robot. Con il benessere, tale produzione viene rivolta anche al mercato interno, e il successo di Atom si collega a questo. Vi è anche un passaggio dal giocattolo come strumento di gioco del bambino (la pistola, la spada) al giocattolo che diviene “proiezione ludica” del bambino (il pupazzetto di Atom o altri usati nel gioco), che si accompagna alla trasformazione degli spazi di gioco, sempre più ridotti per i bambini nella realtà urbana.

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Negli anni ’70, in seguito alla crisi petrolifera e con la concorrenza forte di Taiwan, Hong Kong e Corea del Sud, la produzione di giocattoli del Giappone si rivolse al mercato interno in modo precipuo, accentuando ulteriormente questo fenomeno. In questi anni, “gli anime diedero al giocattolo una personalità, un’ambientazione narrativa, un gruppo di personaggi, una serie di pose sceniche e una dimensione uditiva. In breve, il personaggio di manga e anime fornì al giocattolo un suo «universo».” Questo porterà negli anni ‘80 anche in occidente a «programmi basati sui giocattoli» (come i G.I. Joe, Jem e le Holograms, i Transformers), in cui questo aspetto diviene quello principale.

Dopo il caso di Atom, il saggio analizza la Kadokawa, società fondata nel 1976 e soprannominata “il cinema tascabile”, che perfeziona una strategia pienamente fondata sul media mix, ovvero una programmatica compresenza di media (la “santa trinità” testi – audio – video) e non solo la più occasionale transmedialità occidentale, per cui dopo un successo si cerca di trasporre il prodotto in altri media. La Kadokawa titolare (licenziataria di molti fra i maggiori personaggi e universi narrativi della cultura anime manga come Neon Genesis Evangelion, Cowboy Bebop, e molti altri) invece pubblica romanzi, film e colonna sonora dello stesso in una strategia sinergica che si rivolge alla “generazione manga”, cresciuta con Atom e abituata da questo e dai manga a questa offerta poliedrica.

Il volume è quindi interessante nel suo dare una cornice solitamente poco considerata al successo di Atom (e, per estensione, agli anime e manga che seguiranno), con considerazioni che, se non si possono trasporre immediatamente sul sistema occidentale, diventano molto interessanti per la contestualizzazione che suggeriscono. Indubbiamente, un volume da approfondire per gli appassionati di cultura nipponica, fumettistica e d’animazione in particolare.

Informazioni bibliografiche

Anime system. Il successo polimediale dell’animazione giapponese

Volume 12 di Lapilli giganti
Autore Marc Steinberg
Curatore M. Pellitteri
tradotto da V. Testa
Editore Tunué, 2019
ISBN 8867903497, 9788867903498
Lunghezza 364 pagine

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