Artiste: ripensare il canone dell'arte, a fumetti.

Artiste: ripensare il canone dell’arte, a fumetti.

“Artiste”, pubblicato in questo inizio di 2022 da Barta Edizioni, è un volume a fumetti molto interessante. Curato da Flavia Luglioli, presenta quindici biografie di artiste del passato disegnate da altrettante fumettiste, ognuna delle quali ha lavorato su una di esse (le autrici fumettistiche coinvolte sono: Erika Lerma – Anna Ferrari – Camilla Garofano – Angelica Regni – Clara Giulia Gargano – Isabella Grott – Elisa Lipizzi – Ambra Garlaschelli – Sakka – Sara Olmos – Luana Vecchio – Matilde Simoni – Paola Zanghì – Alessandra Centi – Silvia Beneforti).

 

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Il volume parte da una riflessione a tutto campo sul canone artistico così come percepito ancora oggi, con una forte esclusione della componente femminile. Come evidenzia la “curautrice” Flavia Luglioli, e come appare anche all’interno della storia di cornice che serve a collegare le varie biografie artistiche, difficilmente il pubblico sa citare, sul momento, nomi di artiste a parte l’ormai iconica Frida Kahlo (che nel volume, intenzionalmente, non c’è) o al limite – specie, forse, in Italia – Artemisia Gentileschi, ricordata spesso più però per la storia della violenza subita che non per il valore delle sue opere (e Artemisia viene analizzata, indagando nella storia a fumetti relativa questo aspetto).

Una riflessione che parte, anche, da quella delle Guerrilla Girls, il cui ironico manifesto è pubblicato a concludere il fumetto: «Le donne devono essere nude per entrare al Metropolitan Museum?»: si chiedevano, notando «meno del 5% degli artisti nelle sezioni di Arte Moderna sono donne, ma l’85% dei nudi sono femminili». Le storie delle artiste del passato sono poi simili, per molti versi, alla situazione delle fumettiste di ora, che vivono una analoga difficoltà di emergere, come evidenzia sempre Luglioli, richiamando anche il recente lavoro del collettivo “Moleste”: una difficoltà a ottenere la giusta visibilità, e il rischio di essere confinate in un “ambito femminile” riduttivo alla loro reale importanza e capacità artistica.

Il tema personalmente mi interessa molto, anche in riferimento alla letteratura e, ovviamente, al fumetto (qui quanto scrissi, al tempo, ipotizzando una revisione più “paritaria” del canone del fumetto italiano).

 

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Un tema che diviene evidente fin dalla copertina, dove il titolo “Artiste” gioca, con la “E” finale in rosso, meno visibile, sull’assenza di un termine neutro in italiano, presente invece nell'”Artist” inglese. La protagonista ci appare poi colta così come appare nella prima storia (di Erika Lerma), che parte dall’età preistorica dove, in modo ancor oggi poco riconosciuto, le prime testimonianze artistiche della pittura rupestre si collegano molto probabilmente ad autrici preistoriche. La copertina effigia su quelle rocce immaginarie i segni delle quindici artiste che verranno poi affrontate, che appaiono anche – più visibili – sul retro di copertina, assieme ai molteplici strumenti di lavoro di queste artiste.

La storia di raccordo, in un bianco e nero a forte contrasto, ci collega poi alla prossima storia (come a quelle successive) divenendo un momento utile, oltre che a operare un raccordo, per presentare ulteriori informazioni, precisazioni e riflessioni nel dialogo tra Zelda e Lore, in cui si riflette la lavorazione del volume (questa storia è interamente sceneggiata dalla Luglioli, che interviene anche in molte sceneggiature ed opera il lavoro di ricerca per tutte le schede biografiche).

 

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Passiamo poi all’antica Grecia con la storia realizzata da Anna Ferrari. Notiamo subito quella che sarà una caratteristica del volume: il frequente cambio di stili, che tuttavia si amalgamano bene tra di loro, sia grazie alla storia di raccordo che fornisce un necessario stacco e momento armonizzante, ma anche perché la varietà di stili delle artiste moderne, le fumettiste, diviene un correlativo oggettivo della varietà di stili delle artiste classiche (non, ovviamente, riproducendolo in modo puntuale, come è giusto che sia in una reinterpretazione artistica come questa, ma affiancando la ricchezza degli stili moderni a quella degli stili storici).

 

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Camilla Garofano (assieme a Luglioli) presenta poi la storia di Claricia, miniatrice medioevale laica che è la prima firma femminile su un’opera d’arte giunta fino a noi, verso il 1200. Una attestazione di volontà autoriale in un periodo in cui la firma è ancora rara negli artisti, anche per una concezione che, fino al rinascimento, vedrà le “belle arti” come attività preminentemente artigianali.

Seguono quindi le autrici del rinascimento: pittrici come Caterina Vigri (Luglioli / Angelica Regni), che esercita la propria arte all’interno della vita religiosa, spesso scelta all’epoca dalle donne come una delle poche possibilità di dedicarsi ad attività intellettuali altrimenti precluse. Ma anche figure uniche come quella di Properzia de’ Rossi, scultrice e architetta, che – da laica – svolge attività artistiche dove il predominio maschile era ancora più netto (Luglioli / Clara Giulia Gargano).

 

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Polissena de’ Nelli / Plautilla (Luglioli / Isabella Grott) porta invece a riflettere su un altro elemento importante, la presenza di una tradizione senza soluzione di continuità tra maestrə e allievə nella storia dell’arte, in cui va considerata anche l’attività di docenza femminile, come qui appare collegata a questa autrice.

Un tema che torna anche nella storia successiva (Luglioli / Elisa Lipizzi), dedicata a Sofonisba Anguissola (1535-1625), dove Antoon Van Dyck, tra i massimi pittori della sua epoca, si reca a trovarla – lei ormai molto anziana, protagonista di un secolo di enormi trasmutazioni del mondo dell’arte. Ella, però, è definita “maestro”: il termine non è concepito e concepibile al femminile, allora (e ora?).

 

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Lavinia Fontana è affrontata da Ambra Garlaschelli (che ha firmato, di recente, la cover spettacolare del forse migliore Dylan Dog Color Fest di sempre), e se ne indaga il rapporto con la “vera storia de La Bella e la Bestia”, un amore di corte tra Catherine e Petrus Gonzalvus, affetto da ipertricosi, che Fontana seppe effigiare con particolare sensibilità, sfuggendo a una narrazione visiva senzazionalistica.

A questo punto, si decide di affrontare anche la storia di Artemisia Gentileschi, affrontata da Sakka, senza eludere la questione della violenza ma trasformandone la narrazione in ulteriore momento di meta-riflessione sul narrare le vicende delle artiste.

 

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La figura di Judith Leister (Sara Olmos) sottolinea in particolare un altro aspetto ancora: il riconoscimento professionale, con l’ammissione – Leister è tra le prime – nelle gilde e corporazioni pittoriche (usualmente intitolate a San Luca, protettore della categoria).

Elisabetta Sirani (Luana Vecchio) viene omaggiata in una storia che mostra la sua abilità di virtuosa del pennello, avvicinata a Guido Reni per il virtuosismo, ma ne mostra anche la segregazione famigliare, che la chiude in una gabbia sociale di impossibilità di movimento e autonomia.

 

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La naturalista Maria Sibylla Merian (Luglioli / Matilde Simoni), ci porta alle soglie del ‘700 e al suo viaggio naturalistico in Suriname, e apre un’altra riflessione ancora: la figura della sua guida indigena, cancellata dalla storia e quindi inserita solo per deduzione, che è però stata, probabilmente, una donna, e indispensabile nell’impresa.

Rosalba Carriera (Luglioli / Paola Zanghì) presenta la più grande ritrattista dell’Europa del ‘700, poi dimenticata col passare della sua fama, meritata e altissima nel suo massimo splendore, mostrando la cancellazione di fatto delle figure femminili in una mancata storicizzazione nel canone anche quando il loro rilievo era indiscutibile in vita.

 

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Anna Morandi Manzolini, anatomista del ‘700, viene indagata in ampie tavole dal grande impatto visivo (Luglioli, Alessandra Centi), la cui influenza sull’anatomia scientifica in progressiva affermazione nel secolo dell’Illuminismo si estende su tutte le evoluzioni successive di tale arte applicata.

Si chiude con Silvia Beneforti che interpreta Angelica Kaufmann, in cui ritorna il tema della accettazione / non accettazione da parte di un’accademia ancora prevalentemente maschile: il ritratto esposto dell’autrice (con Mary Moser) senza poter partecipare alle riunioni è in qualche modo un punto di sintesi di un percorso che vede – ancora oggi – innegabili progressi e perduranti resistenze. Il volume si chiude evocando, come detto all’inizio, le Guerrilla Girls e la loro riflessione, e aprendo ad un secondo volume che è in progettazione, con attenzione alle autrici dell’Otto e Novecento.

 

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Un percorso, dunque, come abbiamo qui cercato di accennare, che ha il pregio di costruire una narrazione interessante e ricca di stimoli di riflessione a partire dalla ricca poliedricità delle esperienze artistiche delle grandi autrici della storia dell’arte nel passato, valorizzato tramite una analoga ricchezza delle fumettiste contemporeanee.

Nel colloquio che abbiamo avuto con la curautrice Flavia Luglioli, preliminare alla stesura di questo articolo, l’autrice ci ha evidenziato come avrebbe voluto, durante la sua formazione, avere modo di scoprire le autrici della storia dell’arte, emarginate da un canone scolastico dell’arte quasi esclusivamente al maschile. Questo intrigante volume a fumetti può quindi diventare un modo per introdurre questa revisione del canone anche nelle scuole superiori, specialmente in quelle che danno alla storia dell’arte un ruolo centrale, come licei e istituti artistici. Ma anche per tutti gli altri resta una lettura preziosa, per imparare a mettere davvero al centro l’arte, e la bravura dei singoli artistə.

 

Abbiamo parlato di:

Artiste
a cura di Flavia Luglioli
Erika Lerma – Anna Ferrari – Camilla Garofano – Angelica Regni – Clara Giulia Gargano – Isabella Grott – Elisa Lipizzi – Ambra Garlaschelli – Sakka – Sara Olmos – Luana Vecchio – Matilde Simoni – Paola Zanghì – Alessandra Centi – Silvia Beneforti
Barta Edizioni, 2021
184 pagine, brossurato, a colori – 23,00 €
ISBN: 9788898462414