Cinema Zenit: intervista ad Andrea Bruno

Cinema Zenit: intervista ad Andrea Bruno

Durante Biblbolbul abbiamo intervistato Andrea Bruno, autore di Cinema Zenith, a cui è stata dedicata una particolare mostra durante il festival.

è nato a Catania nel 1972, ma da 15 anni vive e lavora a Bologna. Sin dal suo esordio nel mondo del fumetto, aa pubblicato su numerose riviste e antologie internazionali. Ha pubblicato per Coconino Come le strisce che lasciano gli aerei (2012, su testi di Vasco Brondi)e il “leporello” in serigrafia della serie Biblioteca onirica (Alessandro Berardinelli Editore, 2013). Nel 2004 è stato tra i fondatori del gruppo , per la quale ha pubblicato Brodo di niente (Canicola, 2007),Sabato tregua (Canicola, 2009) e due dei tre capitoli di Cinema Zenith. Durante il festival , svoltosi dal 22 al 24 Novembre 2015 a Bologna, ha messo in mostra il suo lavoro con una particolare istallazione. Lo Spazio Bianco lo ha intervistato a proposito della mostra e del suo ultimo lavoro.

Zen1Ciao Andrea e grazie per il tempo che ci concedi.
Partiamo dalla recente pubblicazione per Canicola, Cinema Zenit 2. Questo secondo volume più che districare alcuni misteri nati nella prima parte ne ha alimentati di nuovi.
Si potrebbe dire che non sei interessato a una storia che abbia un inizio e una fine ma piuttosto a creare un mondo che permetta di esprimere la tua visione su particolari tematiche?
Sì, si potrebbe dire. È vero che mi interessa creare un mondo. Non che non sia interessato a raccontare una storia, ma le due cose sono forse inscindibili. La trama è importante ma non è la prima cosa cui lavoro; a volte può essere anche un risultato di combinazioni. Quello che viene prima però è la voglia di creare un mondo, delle immagini, delle atmosfere.

In particolare, mi sembra che il richiamo a Tebe e alla classicità sia un modo metaforico per rappresentare la decadenza del modello sociale occidentale. Ho avuto un'impressione totalmente sbagliata?
Non c'è questa intenzione. Il richiamo a Tebe ha varie motivazioni, alcune inesplicabili. Mi attira il mondo dell'antichità ma non volevo fare un raffronto col mondo contemporaneo, mi interessava più creare una specie di situazione atemporale in cui epoche diverse si mescolano in modo incongruo.

Al BilBOlBul 2015  hai presentato una mostra molto particolare dedicata a Cinema Zenit: non un'esposizione di tavole originali bensì una performance che  coinvolge i sensi degli spettatori per farli immergere nell'atmosfera del racconto. Da dove è nata questa idea di espandere la fruizione sensoriale dell'opera?
Più che performance la chiamerei installazione: non ci sono atti performativi, ma un percorso predisposto per gli spettatori che ha uno sviluppo temporale, e contiene suoni, proiezioni, oggetti.
L'idea nasce innanzitutto dalla voglia di provare a fare qualcosa di diverso dalla solita mostra di originali. Il festival BBB ha subito ricevuto molto positivamente questa proposta, è la manifestazione adatta per questo tipo di sperimentazioni, il tutto senza voler sconfinare in territori o discipline che non sono la nostra. L'idea era provare a dare un'esperienza immersiva, che fosse anche un po' un prolungamento del fumetto: mi piace l'idea che un fumetto sia anche un'esperienza fisica, amo l'impatto del segno e del grande formato, e qui c'è un'evoluzione tridimensionale di queste idee. Spero che chi ha partecipato abbia sentito dentro le atmosfere di Cinema Zenit.

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Sono particolarmente affascinato dai volti dei personaggi, a volte spettrali a volte animaleschi o divini. Danno sempre l'impressione di qualcosa lontano dall'essere umano. L'estetica dei personaggi rientra in un discorso di critica metaforica della condizione umana?
Direi di no, e se c'è è qualcosa di non intenzionale. La rappresentazione dei personaggi e dei volti viene dal disegno, dallo stile, dalla ricerca sul disegno. Non è deliberata la scelta di renderli poco umani, è il risultato del mio approccio al disegno e dell'evoluzione che ho perseguito negli anni.
Ad ogni modo, è bello che ci sia un po' di mistero nelle figure che disegno.

Zen3Leggendo il tuo racconto mi è capitato di tornare indietro e rileggerne alcune parti, di rivedere alcuni disegni per contestualizzare il tutto. Con il fumetto si possono fare queste cose: l'autore può giocare con il ritmo narrativo e il lettore può gestire i suoi tempi. Quanto è stato difficile realizzare questa mostra cambiando totalmente l'approccio narrativo?
Con Cinema Zenit ho voluto provare a lavorare sulla complessità narrativa e spero che questa intenzione traspaia nel risultato finale.
L'installazione è un altro linguaggio, c'è un filo che la lega al fumetto ma poi ci sono altre esigenze. Si cerca di lavorare più sull'impatto che sulla narrazione, sull'effetto sensoriale delle immagini, dei suoni e così via. Si tratta di provare a evocare l'ambientazione del fumetto più che di raccontare il fumetto, di raccontarne la storia.

Sei originario di Catania ma da molti anni vivi e lavori a Bologna. Che rapporto ti lega alla città e, in particolare, cosa puoi dirci del luogo in cui hai scelto di mettere in scena la rappresentazione?
Bologna è la città dove vivo da quindici anni, è una città che conosco e penso rimanga una città interessante da vivere.
Per quanto riguarda il luogo, posso dire che quando siamo partiti con l'idea di fare questa installazione ci era chiaro che la scelta del luogo sarebbe stata fondamentale. Avevamo in mente una certa tipologia di posti, avevamo stilato un elenco, ma alcuni luoghi si sono rivelati irraggiungibili. Altri li ho visitati, e quando ho visto questo tunnel (che è un rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale sotto il parco della Montagnola) ho capito che avevamo trovato il posto giusto. Dal momento che è un'installazione in cui il luogo contribuisce tantissimo al risultato, siamo stati fortunati ad averne uno così straordinario, che già di suo trasmette e crea un'ambientazione.

Intervista realizzata dal vivo e via mail nel mese di novembre 2015.

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