E la chiamano estate: una meditazione sui rapporti

E la chiamano estate: una meditazione sui rapporti

Le cugine Jillian e Mariko Tamaki parlano di crescita e del difficile processo di apertura verso gli altri. In una bellissima graphic novel a tinte blu.

E-LA-CHIAMANO-ESTATE-copertinaEra il 2008 quando Mariko Tamaki e sua cugina Jillian Tamaki iniziarono la loro collaborazione, dando alle stampe Skim, una graphic novel sull’adolescenza capace di collezionare, fra 2008 e 2009, Ignatz, Joe Shuster e Doug Wright awards.

Il 2014 vede le Tamaki tornare sul luogo del delitto: E la chiamano estate è una nuova escursione intimista nella difficile terra di mezzo fra infanzia ed età adulta, che ha fruttato alle autrici (per ora) un nuovo Ignatz award (outstanding graphic novel) e un premio a Lucca Comics (migliore sceneggiatura).
Rose, protagonista della storia, parla di una delle sue vacanze nel villaggio di Awago, raccontando la successione di eventi che rende per lei questa estate (This one summer, nel titolo originale) diversa e più importante delle altre.

Mariko Tamaki dimostra di saper gestire benissimo il ritmo narrativo, restituendo una grande sensazione di autenticità. Questo anche grazie al forte feedback autobiografico dell’ambientazione: Awago è l’archetipo della beach town dove ha trascorso ogni agosto della sua giovinezza.

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E la chiamano estate è una meditazione aneddotica sui rapporti umani. Tre età sono messe a confronto: la fanciullezza in fase di superamento, rappresentata da Rose e dall’amica Windy; la gioventù alle soglie della maggiore età, che ha per esponenti Dunc e Jenny, due ragazzi del posto; l’età adulta ormai raggiunta e radicata di Alice ed Evan, i genitori di Rose.

Ognuna di queste coppie ha una sua dinamica, un suo motore interno che difficilmente le altre coppie riescono a capire in modo compiuto. C’è di più: è proprio l’etica della comunicazione a cambiare, l’equilibrio fra detto e non detto nei rapporti. Se per Windy e Rose i dialoghi sono uno stream of consciousness che poco influisce su un sottotesto di semplice e istintiva compagnia reciproca, per Dunc, e ancor più per Alice, una lunga e alienante elaborazione interiore trova sfogo in parentesi di chiarimento e di relazione verbale, in cui la parola diventa un picco emotivo al contempo necessario, intenso e potenzialmente pericoloso.

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E la chiamano estate è un “viaggio dell’eroe” che ha per obiettivo il raggiungimento di un ponte verso gli altri. Rose compie il viaggio verso sua madre, e può arrivare a comprenderne le ragioni solo per mezzo della componente verbale, mezzo privilegiato della comunicazione adulta. Per Alice il percorso è simmetrico: presa in una sua dinamica di chiusura verso altri, riuscirà ad aprirsi solo tornando, grazie a sua figlia, a far parlare il proprio corpo. La conclusione della storia, per entrambe, non è tanto un catartico punto di arrivo, quanto piuttosto una tappa positiva in un difficile percorso di crescita.
Il concetto di dialogo per Mariko Tamaki, fedele alla sua filosofia di costruzione dei rapporti come ponti fra individualità arroccate nei rispettivi mondi, vede negli sguardi l’elemento centrale, testimonianza di elaborazioni private, mentre le parole giocano una parte piccola, quando non risultano addirittura fuorvianti.

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Nella peculiare narrativa di un lavoro del genere, le tavole di Jillian Tamaki assumono un ruolo fondamentale: c’è un senso di forte organicità nel suo tratto virato in blu, un richiamo all’espressività di Craig Thompson, ripulita dal tratteggio dell’autore di Blankets. Le tenui ombre grigie sui volti danno la sensazione di una ligne claire che si fa tridimensionale, rinforzata da bordi spessi a carboncino che staccano le fisionomie dal fondo, evidenziandole e rendendole solide. Notevole la mimica, con una recitazione intensa e naturale, così come è ottima la gestione delle anatomie, sempre coerenti con il contesto.
L’approccio alle tavole è tradizionale, con la predominanza di una griglia ordinata a tre strisce, ma a volte lo schema è rotto per costruire efficaci stacchi fra scene in cui singole vignette, isolate nel bianco della pagina, puntano l’attenzione su particolari o volti. Le meravigliose splash pages doppie creano parentesi in cui rallentare il ritmo di lettura. Colpisce il livello di dettaglio e la miriade di oggetti che popolano gli ambienti: campeggi o interni prendono vita, in una tensione iperrealista che li popola di cartacce, lattine, bicchieri, posate, elementi di mobilio o vegetazione disordinata.

Intenso, coinvolgente e ben disegnato: E la chiamano estate è, senza dubbio, uno dei più bei volumi a fumetti del 2014.

Abbiamo parlato di:
E la chiamano estate
Jillian Tamaki, Mariko Tamaki
Traduzione di Caterina Marietti
Bao Publishing, luglio 2014
320, brossurato, bianco e nero – 18 €
ISBN: 9788865432303

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