LocandinaLa seconda grande ondata di film ispirati a fumetti sta attraversando le sale cinematografiche e registi e produttori sembra si siano messi finalmente a correggere il tiro. Sulla scia dei pochi adattamenti veramente ben fatti (300, tanto per citarne uno) gli ultimi due film usciti in sala hanno infatti mostrato un livello decisamente sopra la media. È il caso de L’incredibile Hulk che, nonostante gli enormi tagli alla complessa sceneggiatura dello stesso Edward Norton, si è dimostrato un film in grado di centrare l’obiettivo commerciale mantenendo al tempo stesso un buon livello sia per quel che riguarda la trama sia per l’ottima regia; è soprattutto il caso de Il cavaliere oscuro, uno degli adattamenti sino ad ora meglio realizzati e, a giudizio di pubblico, il migliore in assoluto.

Il film non è esente da pecche, intendiamoci; ma per una volta non voglio soffermarmi sui punti deboli della pellicola e concentrarmi invece sugli elementi che lo rendono grande. Dimentichiamoci, allora, di qualche tocco di non troppo velata politica anti-cinese (penso alla pistola che si inceppa e conseguente battuta, oppure all’inutile sottotrama della “compagnia” di Hong Kong), saltiamo a pié pari oltre a quella enorme baggianata del sonar-cellulare, chiudiamo persino un occhio sull’ultima e quasi superflua mezzora, il cui unico risultato è quello di penalizzare il resto del film, ottimo fino a quel momento. Men che meno menzioneremo il solito orribile doppiaggio italiano (una volta ne eravamo maestri a livello mondiale…) Quello che veramente importa, in questo film, sono due elementi: la regia e il Joker.

Punto primo: il regista. Plauso a Cristopher Nolan che riesce a realizzare, nel complesso, un ottimo film, anni luce lontano dal primo Batman Begins. La distanza è espressamente dichiarata dallo stesso regista proprio all’inizio della pellicola, con la breve apparizione dello Spaventapasseri in una scena che serve solo all’introduzione di Batman: il delinquente viene trattato da Nolan allo stesso modo dei criminali di bassa lega con cui sta facendo affari, a significare che fino ad ora si è rimasti ad un livello inferiore ed è il momento di cambiare, di fare sul serio.
Un’altra differenza sostanziale è costituita dall’ambientazione, che abbandona le tenebre notturne e le installazioni quasi steam punk della periferia di Gotham per trasferirsi nel centro abitato e, soprattutto, alla luce del sole. Del resto, come ha dichiarato lo stesso regista, la presentazione del personaggio Batman era già avvenuta nel primo capitolo e, constatata l’indissolubilità dell’aura gotica dall’eroe nonostante le scene diurne, si tratta ora di approfondirne carattere e personalità, sia per quel che riguarda il vigilante mascherato che per lo stesso Bruce Wayne (interpretati anche questa volta da Christian Bale).
Anche per questo aspetto è da sottolineare la bravura di Cristopher e di suo fratello Jonathan alla sceneggiatura (già visti al lavoro insieme sull’ottimo Memento): l’apparente iconicità di Batman nasconde infatti un processo di ripensamento che, al contrario di quel che ci si potrebbe aspettare (memori anche di parte della letteratura a fumetti, incentrata prevalentemente sulla psicologia dell’eroe mascherato più che su quella del “semplice” Bruce Wayne), scardina l’apparente fermezza dell’uomo pipistrello e la sua totale adesione alla propria missione, o meglio, al metodo scelto per compierla (al “bushido”, potremmo dire per citare un’espressione dell’antico Giappone); al contrario, é proprio l’uomo Bruce Wayne a non saper guardare oltre la propria percezione di sé, a non essere in grado di mediare la propria concezione delle cose e delle persone con quella dei suoi interlocutori. Sono emblematici, in tal senso, il triangolo con l’amica/amata Rachel Dowes (Maggie Gyllenhaal) e il procuratore distrettuale Harvey Dent (Aaron Eckhart) e la lettera che Rachel scrive a Bruce.
Ovviamente i limiti imposti dalla struttura filmica e la decisione di giocarsi in una sola mano due assi quali il Joker e Harvey Dent non possono consentire un’introspezione quale quella compiuta da Loeb e Sale ne Il lungo Halloween (così come incolmabile era la distanza tra il Gordon di Batman Begins e quello del milleriano Year One): troppo diversi sono i tempi che il linguaggio cinematografico e quello fumettistico-letterario mettono a disposizione ed alcuni passaggi vengono a volte un po’ sottesi, lasciati all’interpretazione dello spettatore, meglio ancora se lettore delle serie a fumetti, in grado pertanto di cogliere non solo gli accenni, ma anche le varie citazioni sparse qua e là (penso ai protagonisti di Gotham Central, serial dedicato al distretto di polizia di Gotham, ideato da Greg Rucka ed Ed Brubaker, ad esempio).

Ma quello che il pubblico massificato cerca con maggiore insistenza in questo genere di pellicole è l’azione, meglio se condita con spettacolosi effetti speciali. Come trascurare le aspettative della fonte della stragrande maggioranza dei papabili incassi? Anche qui, pero’, una voragine separa un film come Il cavaliere oscuro da una pellicola caciarona e da blockbuster quale potrebbe essere Iron Man; e questa voragine si chiama stile. Le sequenze di azione sono realizzate da Nolan in maniera perfetta, siano esse inseguimenti o atti criminali che vere e proprie scene di guerriglia urbana. Il tratto è freddo, sporco, graffiante, un Collateral (Michael Mann, USA 2004) versione diurna che si alterna a momenti di vero e proprio caos, in cui un inseguimento automobilistico con relativi incidenti viene ripreso con taglio lucido e al tempo stesso adrenalinico e nel quale si inseriscono di prepotenza, ma senza mai risultare esagerati, la violenza e l’impatto visivo, effetti speciali inclusi. Non c’é un’esplosione che non sia fuori luogo, esagerata, di troppo; ed anzi molto spesso la devastazione funge da palcoscenico ideale all’elemento portante di tutto il film, l’antagonista.JokerArriviamo così al secondo – e principale – punto: il Joker. Una sola parola: magistrale! La versione anarcoide e schizofrenica ideata da Heath Ledger è agli antipodi di quella eccentrica e barocca interpretata da Jack Nicholson nel primo Batman di Tim Burton (anch’esso giocata su toni completamente opposti a quello di Nolan, com’é ovvio). Lo psicopatico vestito da clown è qui un’anima nera, oscura, incarnazione stessa, più che della violenza, dell’anarchia e del caos. L’hype generatosi attorno al personaggio in seguito alla prematura morte dell’attore non aggiunge nulla alla superba caratterizzazione di Ledger, che riesce a dar vita ad un cattivo destinato ad entrare nella storia del cinema. Sguardi, parole, postura, movenze: non c’é nulla che non sia assolutamente perfetto, mai, in nessuna scena. Un antagonista immenso, un archetipo, dall’inizio alla fine del film.
A supportare questa eccezionale interpretazione le sequenze con protagonista il Joker, scritte e girate in maniera perfetta. Prendiamo, ad esempio, la scena iniziale del film, una delle aperture migliori in assoluto che in questo momento ricordi, semplice e giocata su un meccanismo di certo non innovativo del genere, ma filmata con quel tratto autoriale cui accennavamo più sopra, fredda e affilata come la lama di un coltello, arma tanto cara proprio al cattivo di turno. Oppure all’incontro con i capi della malavita, con quel “gioco di prestigio” sfoderato dal nulla che attinge a piene mani al Joker della tradizione fumettistica, omicida quanto si voglia, ma sempre e comunque attento a non perdere mai quell’aura farsesca di cui si circonda (penso, ad esempio a The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland), ma che affoga la stessa fonte in un fiume di follia criminale distillata allo stato puro ed il cui risultato non è più la morte come effetto collaterale della battuta, ma quest’ultima come effetto collaterale dell’omicidio. Ne deriva un personaggio talmente potente iconograficamente da obbligare, credo, tutti coloro che vorranno cimentarsi con il Joker, siano essi registi o attori, ad un confronto o quantomeno ad riflessione sulla loro concezione del clown, perché da quella di Ledger sarà molto difficile prescindere.

Mi permetto un’ultima riflessione sul film e sulla scelta di utilizzare un altro personaggio cardine della saga batmaniana quale quello di Dent/Due Facce. Proprio per poter portare a compimento la caduta dell’integerrimo procuratore, Nolan allunga troppo la pellicola, non tanto in termini di minuti (i 152 minuti quasi non si sentono), quanto di diluizione della trama, di perdita di quel pathos che la lotta al caos e alla follia dilagante del Joker avevano generato. Abbiamo dunque un’ultima mezzora con il necessario faccia a faccia eroe/avversario, nella quale l’ondata di devastazione totale, geniale nella sua orchestrazione e nella sua imprevedibilità, decade a qualcosa di già visto e, soprattutto, di prevedibile e con il consueto e altrettanto necessario dictat circa la riaffermazione del buonismo e la fiducia nell’umanità. Personalmente avrei preferito di gran lunga un finale aperto, sulla falsariga de L’impero colpisce ancora (Star Wars: Episode V, Irvin Kershner, USA 1980), con un Batman piegato e battuto, ma non sconfitto del tutto, con un Joker trionfante e un Due Facce pronto ad entrare prepotentemente in gioco nel terzo ed ultimo capitolo. Non è stato così e l’improvvisa morte di Ledger pone una seria ipoteca alla ricomparsa del Joker nel prossimo capitolo, non ancora previsto, sostiene Nolan, anche se migliaia di fan ricordano perfettamente la parola “trilogia” e la possibile presenza di Robin nel terzo film proprio a detta dello stesso regista. È comunque comprensibile la volontà di uno stop a questo punto, dato che è proprio della saggezza il sapersi fermare in tempo. Confido comunque nel proseguo, perché un film di tale portata, nel quale si sarebbero potuti tranquillamente accantonare i bat-congegni e i ritrovati super-tecnologici, senza alcun risentimento della pellicola nel suo complesso, spalanca prepotentemente le porte del cinema supereroistico e innalza il genere fumetto alle vette che da tempo merita, ma che la critica ancora si ostina a non volergli riconoscere.

I believe in The Dark Knight.

P.S.
Mi permetto un commiato particolare per Heath Ledger, morto poco dopo le riprese per overdose di farmaci e che vedremo per l’ultima volta nelle sale in The Imaginarium of Doctor Parnassus, il nuovo film di Terry Gilliam. In sala, mentre scorrevano i titoli di coda, pensando alla sua morte mentre ero totalmente estasiato al suo Joker e non riuscendo ancora a scindere l’attore dal personaggio, mi sono venute in mente le famose parole di Philip K. Dick: “Io sono vivo, voi siete morti”. Non so se siano pertinenti, ma le lascio qui in ogni caso. Arrivederci Heath.

Riferimenti:
Sito ufficiale: thedarkknight.warnerbros.com
Scheda del film su IMDB: www.imdb.com/title/tt0468569
Scheda del film su Wikipedia: en.wikipedia.org/wiki/The_Dark_Knight_(film)

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