In occasione dell'uscita dell'atteso numero 2, che potete già preordinare qui, pubblichiamo una serie di pillole dedicate a Čapek: rivista aperiodica di fumetti, reportage, interviste, stranezze e vita campestre. Nata da un'associazione editoriale a delinquere tra cinque note realtà indipendenti, con storie diverse, che decidono di incontrarsi e fecondarsi: Strade Bianche, l'ultima reincarnazione della storica Stampa Alternativa di Marcello Baraghini; la rivista underground “Puck!” fondata dal fumettista Hurricane; la rivista e casa editrice di reportage narrativo CTRL magazine; il collettivo maceratese Uomini Nudi Che Corrono; e il festival di autoproduzioni AFA – Autoproduzioni Fichissime Andergraund.
La puntata di oggi è dedicata a come è nato il nome della rivista, e a uno dei più grandi furti della storia editoriale, dalle campagne maremmane alla Repubblica Ceca.
Lo strano caso del Dott. Baraghini e di Mr. Capek!
Dovete immaginarvi la redazione della rivista che ora si chiama Čapek, e allora era senza nome, nel cuore della Maremma. In una notte buia e non tempestosa. Dopo cena. Nel covo di Marcello Baraghini, mitico fondatore di Stampa Alternativa, primo direttore responsabile di Cannibale, ideatore dei libri Millelire, e di molte altre cose.
Sono già scorsi diversi litri di una bevanda miracolosa, definita da Baraghini come “vino del contadino”.
Il primo numero della rivista è pronto. Manca solo il nome della testata.
È dicembre, manca poco a Natale, fuori fa freddo, dentro il covo piovono i nomi più improbabili. Inframezzati da silenzi sempre più prolungati. La bevanda miracolosa continua ad essere consumata.
La situazione è quella di un concitato stallo.
Fino a che Baraghini si dirige nella stanza accanto. E ne riesce con un ponderoso volume in mano. Sulla copertina ci sono solo due lettere: la J e la C con l'accento antiflesso, Č.
Quindi: una copertina di un beige leggero con due lettere nere stampigliate sopra: “JČ”.
Le labbra di tutta la redazione si staccano dai bicchieri e iniziano a pendere dalle labbra di Baraghini; che inizia il suo racconto:
«Andò così. Era la fine del 1989, il Muro era caduto da poco. E io ero al mercato di Porta Portese, con un tappetino, sopra cui c'erano le copie dei primissimi libri Millelire. L'idea era chiara, libri di estrema qualità, poveri nella forma, che costavano come un caffè. Ma qualcosa non funzionava, il progetto non decollava. Lo confesso, la svolta che mi portò a vendere milioni di copie, negli anni successivi, e ha cambiare il volto dell'editoria italiana, fu anche merito di Čapek. Cioè di questo libro”
Quello che Baraghini, appunto, brandisce di fronte alla redazione della rivista senza nome, che oggi si chiama Čapek.«Lo trovai in una bancarella poco distante dalla mia postazione. Conoscevo il venditore, e riuscii a portarmi a casa il volumone per dieci mila lire. Lo aprii. E capii che avevo trovato quello che neanche sapevo di cercare».
Pausa significativa.
«Avevo trovato un grafico. Il migliore. Era morto da 44 anni…ma questo non costituiva un problema».
Il volume conservato gelosamente in casa Baraghini, infatti, raccoglie centinaia di disegni e progetti grafici di Josef Čapek (JČ): un quasi-sconosciuto, fratello del poco più conosciuto Karel Capek, scrittore e drammaturgo, colui che nel 1920 coniò per primo la parola robot (dal ceco robota, lavori forzati).
Due fratelli irregolari, non allineati, pacifisti, nati alla fine dell'Ottocento nell'attuale Repubblica Ceca. Karel morì nel 1938 a Praga. Josef venne deportato nel campo di concentramento di Bergen Belsen, per via della sua ostilità verso Hitler, che non nascose mai.
«Le grafiche di Josef Čapek erano potenti, affilate ma anche molto lievi. Perfette. Mi sono saltate addosso dalle pagine di quel libro. E sono diventate le copertine dei primi Millelire. Le ho rubate da quel volume. Ma senza nascondere nulla. Se andate a prendere uno dei primi Millelire, e cercate nel colophon, vedrete che la grafica era firmata “Capek”, che ero io, che riprendevo quelle grafiche, le rubavo alla luce del sole, per dargli nuova vita».
Fu così che la redazione riunita nel cuore della Maremma trovò il nome per la nascente rivista. Čapek. I bicchieri furono più volte vuotati e riempiti. La bevanda miracolosa annaffiò il lieto evento. Come profetizzato da Baraghini, nessun mal di testa il giorno dopo: è roba buona.
Čapek 2: doppio numero, doppio rancio
https://www.lospaziobianco.it/capek-come-realizzare-una-rivista-di-fumetti-e-vivere-felici/