Cani smarriti: l’inizio della poetica di Jeff Lemire

Cani smarriti: l’inizio della poetica di Jeff Lemire

Panini Comics propone sotto l’etichetta 9L una nuova edizione di “Cani smarriti”, opera prima di Jeff Lemire che nel 2005 presentò al mondo del fumetto statunitense i tratti salienti della poetica dell’autore canadese, sviluppati poi nel corso della sua carriera tra indie e mainstream.

Nel 2005 Jeff Lemire si manteneva facendo il cuoco in un bar di Toronto fino alle ore piccole della notte e disegnando di giorno, con il sogno di diventare un fumettista. Per la terza volta, decide di partecipare al premio Xeric istituito da Peter Laird – co-creatore delle Tartarughe Ninja – che premiava cinque autori con una somma in denaro che permettesse loro di stampare e distribuire la loro opera prima a fumetti.

Il fumettista canadese invia le tavole di Lost Dogs –  un fumetto “ruvido e grezzo” come viene definito nella prefazione al volume da Timothy Callahan – disegnato su un album per schizzi gigante con pesanti ed enormi pennellate, che però già contiene in embrione i germogli di quella che oggi chiamiamo la cifra artistica lemiriana. E con quel fumetto vince uno dei premi.

Cani smarriti è un noir, a cominciare dal colore predominante nelle sue pagine, un nero che fa da sfondo alle tavole, saturando gli spazi bianchi che separano le vignette e strabordando in esse.
Il nero anche delle linee che definiscono personaggi e ambienti, spesse e a volte abbozzate, sicuramente acerbe e ancora immature ma che colpiscono l’occhio che vi si sofferma.
Il nero dei contorni altrettanto spessi dei balloon e del lettering in essi contenuto, che si racconta essere praticamente illeggibile nella prima edizione autoprodotta in 700 copie da Lemire con i soldi dello Xeric.

Gli unici altri due colori che troviamo sono il bianco, inteso come assenza del nero, e il rosso, per il sangue che scorre tra le pagine e per il maglione a strisce del protagonista della storia.

Cani smarriti è un noir anche nel genere narrativo, un racconto brutale e rabbioso che si dipana tra omicidio e violenza, che non lascia spazio alla speranza e senza giustizia anche nella conclusione.
Ma è anche una storia sulla famiglia, sul senso che può dare a un’esistenza farne parte, su quanto sia grande la differenza tra comunità e alveo familiare, quanto possano essere contrapposti questi due elementi sociali.
Sono questi i temi che negli ultimi quindici anni hanno improntato la poetica di Jeff Lemire, dipanandosi in tutte le sue opere, da quelle indipendenti a quelle per l’etichetta Vertigo, fino ai suoi lavori mainstream per Marvel e DC Comics e allo splendido supereroistico Black Hammer.

Elementi che però sono già evidenti in questo esordio, seppur ancora grezzi e appena sbozzati, a tratti non completamente messi a fuoco; però già capaci di reggere l’intera narrazione, di porsi quali snodi principali della trama e di donare al racconto una circolarità, magari solo intuita all’epoca dal giovane fumettista, ma che non di meno ne esalta le caratteristiche di uno stile autoriale appena nato, non consapevole, eppur già personale e originale.

Un discorso analogo vale per la parte grafica. Se il segno è certamente immaturo, troppo spesso e a momenti incerto, al contempo in esso è già presente la natura peculiare della grammatica lemiriana del disegno. I nasi squadrati, l’attenzione per gli occhi e gli sguardi, espressivi seppur disegnati in maniera minimalista, la predilezione per i primissimi piani sono tutte caratteristiche che si ritrovano tra le pagine di Cani smarriti.

Anche lo storytelling è già sorprendentemente efficace, con una struttura compositiva delle tavole variabile ma che si giustappone al testo per aggiungerne significati e raccontare qualcosa di più. Non sempre c’è consapevolezza, talvolta prevalgono caos e confusione – più nella resa dei volti che nella disposizione delle vignette a dir la verità – ma il talento di Lemire è ancor più evidente per tale motivo.

Tre anni dopo Cani smarriti, nel 2008, arriva Essex County, l’opera che ha consacrato l’autore canadese e lo ha fatto conoscere al grande pubblico.  Se la si confronta con questo volume, è impressionante l’evoluzione e la maturazione compiuta da Lemire in così poco tempo. Eppure è proprio grazie alla lettura di Cani smarriti che si può apprezzare ancora di più il cammino dell’autore, perché è qui che risiede il punto di partenza di una carriera sempre coerente nei suoi elementi fondamentali.

Abbiamo parlato di:
Cani smarriti
Jeff Lemire
Traduzione di Leonardo Rizzi
Panini Comics 9L, 2019
104 pagine, cartonato, tricromia – 16,00 €
ISBN: 9788891246257

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