Partiamo con un dato di fatto: non si può iniziare la lettura de I figli di El Topo vol #1 – Caino prima di avere visto la pellicola culto El Topo1 di cui questo volume, primo di una trilogia edita per l’Italia da Panini Comics, è seguito e continuazione.
Questa affermazione che di per sé può essere vista come limite e critica dell’opera, perde il suo connotato negativo grazie al nome del poliedrico personaggio coinvolto: Alejandro Jodorowsky.
Perché per l’artista cileno quale sia il mezzo narrativo ha poca importanza, ciò che conta è raccontare storie che diffondano sui lettori il “potere terapeutico dell’immaginazione”. È quest’ultimo uno dei fondamenti della Psicomagia da lui creata, teoria che è un filo rosso che attraversa l’intera sua produzione.
“Il fallimento non esiste, è soltanto un altro sentiero da percorrere” è la frase con cui Jodorowsky chiude l’introduzione di questo volume. E dunque, nel momento in cui l’autore non riesce a tradurre in film la sceneggiatura del seguito di El Topo ecco che, nel 2014, decide di trasformarla in un fumetto. Catalizzatore di tutto ciò è l’incontro con José Ladrönn, talentuoso disegnatore messicano, avvenuto quando a quest’ultimo sono stati commissionati i disegni dell’Incal finale.
El Topo
Facciamo un passo indietro. Nel 1970 arriva nelle sale El Topo (“la talpa” in lingua messicana), pellicola scritta, diretta e interpretata da Jodorowsky, che ne ha curato anche i costumi e la colonna sonora. Il film, nel giro di qualche tempo, diventa un cult movie grazie a una serie di proiezioni notturne in un cinema porno di New York, l’unica sala che aveva acconsentito a proiettarlo una volta finita la programmazione quotidiana.
In breve e riduttivamente, il film racconta la parabola di El Topo che, per diventare il più grande pistolero vivente, deve sconfiggere quattro maestri pistoleri sfidandoli a duello e riuscendo a prevalere su ognuno di loro grazie all’imbroglio o alla buona sorte.
L’intera storia è popolata da strani personaggi e vicende a tratti surreali, intrisa di un forte simbolismo religioso di matrice cristiana e di filosofia orientale, e come molte delle opere scritte da Jodorowsky, tanto nei fumetti quanto nella letteratura e nel teatro, ruota attorno alla ricerca del senso della propria esistenza da parte del protagonista.
La pellicola, in una sorta di circolarità narrativa interna, si chiude con la morte di El Topo e con il suo primo figlio che, indossati i vestiti che il padre aveva all’inizio del film, si allontana dalla sua tomba insieme al fratellastro e alla di lui madre, di fatto lasciando i giochi aperti per un seguito.
I figli di El Topo
Jodorowsky ha in mente sin da subito di dare un seguito alla sua pellicola, ma gli anni passano e, nonostante varie promesse da studios e produttori e dopo una serie di false partenze, l’artista naturalizzato francese decide, a oltre tre decenni di distanza dal film, di trasformare l’intera sceneggiatura in un fumetto.
L’idea originariamente discussa con Ladrönn è di creare non una vera e propria opera di arte sequenziale quanto piuttosto uno storyboard dipinto, una sorta di art book che contenga immagini dei personaggi e degli ambienti che avrebbero dovuto popolare il film.
Da lì il progetto si è evoluto fino ad assumere la forma definitiva di un “graphic film”2, un fumetto con tavole strutturate su una griglia di tre strisce, disegnate in stile realistico e che regalassero ai lettori la sensazione di trovarsi di fronte a uno schermo cinematografico.
L’effetto può dirsi pienamente riuscito. I disegni di Ladrönn, autore che dagli esordi di stampo puramente kirbyano ha evoluto il suo stile fino a una soglia di realismo assoluto, richiamano immediatamente alla memoria le immagini del film El Topo, nei lineamenti dei personaggi, nei vestiti , negli ambienti. La stessa colorazione è fondamentale in questa operazione di collegamento alla pellicola originaria, con tonalità cromatiche tipiche di una pellicola degli anni ’70, fatta di colori desaturati e talvolta non rispondenti alla realtà (su tutto: il sangue nei film di quegli anni aveva una colorazione che virava molto più sull’arancione che sul rosso).
Da un punto di vista narrativo, Jodorowsky usa le prime pagine della storia per ricollegarsi al suo film, mutuandone alcune scene della parte conclusiva, per poi partire con il racconto delle vicende del primo dei figli di El Topo, quel Caino maledetto dal padre a essere invisibile a tutti che, in una sorta di contrappasso biblico, verso la fine del volume si mette in cammino per andare a proteggere il fratellastro Abel, futuro protagonista del secondo tomo della serie.
La storia è naturalmente ricca di simbolismo, magia e religiosità, con una accentuata messa alla berlina da parte di Jodorowsky non tanto delle religioni mondiali, quanto dei loro simboli e rappresentanti terreni.
A tratti l’ermetismo e il simbolismo dell’autore rendono la vicenda surreale e la relativa lettura assume quasi contorni lisergici, ma al contempo la chiarezza espositiva e narrativa tanto del testo quanto del disegno invitano a proseguire l’esperienza e nel finale lasciano il lettore ansioso di leggere il secondo volume, attualmente in lavorazione.
La riflessione che viene fuori una volta conclusa la lettura è quasi una speranza per chi scrive. Visto il risultato di questo primo volume de I figli di El Topo e visto l’ottimo lavoro realizzato da Jodorowsky e Ladrönn su L’Incal finale, sarebbe bello vedere trasformato in fumetto da parte dei due autori il progetto di Jodorowsky – datato 1975 e mai diventato realtà – di portare sul grande schermo il romanzo fantascientifico Dune di Frank Herbert, con Ladrönn al lavoro sugli storyboards disegnati allora da Moebius.
Abbiamo parlato di:
I figli di El Topo vol #1 – Caino
Alejandro Jodorowsky, José Ladrönn
Panini Comics, 2016
64 pagine, cartonato, colori – 14,90 €
ISBN: 9788891221537
in alternativa si può leggere la scheda wikipedia del film, la cui visione resta comunque caldamente consigliata ↩
https://smokyland.blogspot.it/2016/05/ladronn-jodorowsky-e-il-ritorno-di-el.html ↩