Bob 84 – La vendetta è mia: alla riscoperta del noir all’italiana

Bob 84 – La vendetta è mia: alla riscoperta del noir all’italiana

Vincenzo Filosa e Paolo Bacilieri ci riportano nel lato oscuro dei nostri anni '80 con una storia fosca e ipercitazionista.

bob84 copertinaC’è stato un tempo in cui le edicole grondavano fumetti di genere, testate dalle alterne fortune con nomi evocativi e copertine esplicite, intese a gettare una luce di proibito, di scandaloso sull’albetto, come se fosse un qualcosa che – qualunque fosse l’età del lettore – andasse fruito di nascosto.  Ed è proprio ai quei tempi che Vincenzo Filosa e Paolo Bacilieri fanno riferimento in questo lavoro: il loro viaggio nel tempo inizia già prima di aprire il fumetto, con quel formato piccolo, 13×18, brossurato, lo stesso di molti “giornaletti” di una volta. Sfogliandolo poi, almeno a una primissima impressione, sembra davvero uscito dallo scaffale più laterale di una vecchia edicola, con le tavole ripartite su due o quattro vignette al massimo, il lettering grande e l’uso dei retini “punteggiati”, tutti marchi di fabbrica dei fumetti italiani per adulti degli anni ‘70 e ‘80.

Bob84 – La vendetta è mia dichiara fin dal titolo il suo desiderio di omaggiare un periodo socio-culturale ben definito, l’Italia dei fumetti noir, dei film poliziotteschi, la Milano da bere che però sotto sotto spara, la Roma del grande cinema, che nasconde mille scheletri tra le sue antichità. Un’atmosfera che c’invade fin dalle prime pagine, grazie alle meticolose ricostruzioni di Bacilieri e alla mania ipercitazionista di Filosa. 
Due generazioni diverse, quella del disegnatore e dello sceneggiatore di questo lavoro: Bacilieri classe ’64, uno che quell’epoca l’ha vissuta, annusata, masticata, sguazzando tra l’underground, collaborazioni con Bonelli e le partecipazioni in riviste importanti come Corto Maltese e Comic Art; Filosa invece, che negli anni ’80 era ancora un bambino, guarda a quell’epoca con una sorta di nostalgia morbosa, come fosse un tempo ideale non vissuto, quasi un Salgari innamorato di un Oriente esotico in cui non aveva mai viaggiato.
Forse anche per questo Filosa sceglie di abbandonare le matite per lasciare spazio a chi quella realtà ha potuto assorbirla per il semplice fatto che c’era; il suo rapporto con Bacilieri appare dunque come quello di un allievo che si gode l’esecuzione del maestro, divertendosi però a sua volta a stimolarlo, a titillarlo con le sue suggestioni da enfant terrible.

bob84 interni 2La trama è pienamente ascrivibile al racconto di genere: un malinconico ispettore di Polizia è ossessionato da un killer che anni prima ha ucciso un suo collega, e mentre indaga su alcune morti legate al mondo dello spettacolo gli sembra di riconoscere nel modus operandi degli omicidi la mano di quel nemico mai dimenticato. Davvero, muovendo l’occhio tra una vignetta e l’altra sembra quasi di essere di fronte a un film sgranato sullo stile di Milano calibro 9, ma, in più, un lettore mediamente nerd, o anche solo appartenente alla generazione dei millennials, non può evitare di lasciarsi distrarre dall’infinità di citazioni, rimandi e omaggi disseminati nell’albo. Il poliziotto protagonista ad esempio ha sia il nome che i connotati di Lino Ventura, attore italo-francese indimenticabile protagonista di molti noir e gangster movie; tra i personaggi minori troviamo nomi familiari come Manara o Petrilli (omaggio al al martoriato amico dello Zanardi di Andrea Pazienza); il killer Bob ama canticchiare Sabato Pomeriggio di Claudio Baglioni (anche se lo fa in modo appena anacronistico, dal momento che la prima scena in cui lo vediamo è ambientata nel 1974 mentre il brano uscì nel 1975); nella parte ambientata a Cinecittà ecco invece spuntare il regista Lucio Fauci, simpatica storpiatura di Lucio Fulci, intento a girare uno dei suo cult movie, per la precisione I guerrieri dell’anno 2072. Accanto a questi macro-riferimenti ci sono poi citazioni più di nicchia, come l’omaggio a CT, il realmente esistito “matto” della Milano anni ’80, vero precursore degli improbabili complottisti odierni, oppure quello ad Andrea Mingardi – qui ritratto nelle vesti di un tizio losco – mentre accenna i primi versi di Pus, la sua demenziale presa in giro del movimento punk incisa nel 1978.
Questo universo di riferimenti non rallenta però il ritmo della storia, che anzi scorre incalzante. Filosa si rivela davvero a suo agio nei cliché del genere arrivando perfino a prendersi qualche libertà, come l’ambientazione giapponese dell’ultima parte – dove la storia trova una conclusione forse un po’ frettolosa, ma volutamente non definitiva – che dà modo all’autore di dare sfogo e sfoggio della sua ben nota ossessione per il mondo, la cultura e il fumetto nipponico.

Impeccabile lo stile di Bacilieri, che strizza spesso e volentieri l’occhio al tratto “magnusiano”, ricostruendo in modo dettagliato ma allo stesso tempo senza eccessivi fronzoli sia le ambientazioni esterne, le ben riconoscibili strade di Milano e Roma, sia quelle interne – i bar, i commissariati, i teatri di posa – tutte pervase di quell’aria meravigliosamente fumosa e maledetta tipica del noir. Notevole anche la cura adottata da Bacilieri nel delineare i volti, sia i ritratti noti come appunto quello di Lino Ventura, o quello buffo di Sean Connery (che nella finzione diventa Sean Flannery) sia quelli creati apposta per l’occasione, come Catanzaro, il poliziotto “compagno” di Ventura, cinico e donnaiolo, o lo stesso killer Bob, fascinoso e spietato. Tutte facce incredibilmente espressive, che riescono a seconda delle situazioni ad apparire dolenti, buffe, enigmatiche, quasi a rendere superflua la battuta. Anche Bacilieri, come Filosa, nell’omaggiare il passato a volte “sgarra” alla regola, quasi a voler smascherare il gioco al rimando. Ad esempio pur utilizzando il classico formato della tavola “a doppia striscia” tipico dei fumetti noir italiani anni ’70 (quello per cui in ogni pagina sono presenti solo due strisce composte da una o massimo due vignette, come accade ancora oggi nel Diabolik mensile, per intenderci) a volte rompe quel rigido schematismo, disegnando vignette lunghe due tavole, o addirittura in un caso, una vignetta che invade solo per metà la tavola successiva. Graficamente notevolissimi e “moderni” anche i due momenti in cui Bacilieri riesce a raccontare più conversazioni contemporanee suddividendo la pagina in quattro vignette ciascuna con la porzione di volto di un personaggio diverso, a formare un viso combinato, una specie di “patchwork” di volti diversi a tutta pagina. 

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Bob84 – La vendetta è mia è un albo estremamente interessante: non la solita operazione nostalgia con intenti più commerciali che squisitamente sentimentali, ma un piccolo e sincero tentativo di rilanciare un genere sommerso che conserva ancora oggi tutte le potenzialità per tornare sotto nuove e sorprendenti vesti. L’opera segna anche il fortunato incontro tra due artisti, una collaborazione che può raccontare e dire ancora molto. Del resto, il finale aperto e alcuni annunci diramati da Filosa sui suoi account social lasciano sperare che le vicende di Ventura e dello spietato Bob siano solo all’inizio.

Abbiamo parlato di:
Bob 84 – La vendetta è mia
Vincenzo Filosa, Paolo Bacilieri
Panini Comics, 2021
160 pagine, brossurato, bianco e nero – 12,00 €
ISBN: 9788828701354

 

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