Edizioni BD pubblica in Italia per la collana J-Pop la prima serie del manga sul jazz di Shinichi Ishizuka e, mentre in Giappone è in corso di pubblicazione la terza e ultima serie sequel (Blue Giant Explorer, che ha fatto seguito a Blue Giant Supreme), scopriamo perché Blue Giant è un manga da leggere, a prescindere che amiate o meno il jazz.
È impossibile nascondere una certa dose di diffidenza nell’approcciare un’opera che fa della musica, e in particolare del jazz, il nocciolo del racconto. L’ambito musicale non può certo prescindere dalla sfera uditiva per coinvolgere il suo pubblico e quando è tramandato in forma scritta è solo con l’intento saggistico di dare contorno storico e riferimenti culturali ad appassionati desiderosi di approfondire. Come se il cinema rinunciasse alle immagini, per intenderci. Quando ho preso in mano il primo numero di Blue Giant la mia curiosità era innanzitutto quella di scoprire come Ishizuka avesse aggirato questo ostacolo, la sua ricetta per rendere interessante e appassionante un’idea suo malgrado zoppa. E se di ricetta parliamo certo gli ingredienti essenziali non possono che essere stati il coraggio e un’ammirazione a tratti religiosa per il jazz e le sue leggende. Una passione capace di convincere il suo responsabile di redazione ad assecondare tale impresa: esilaranti, a riguardo, i dietro le quinte a lui dedicati presenti in coda a ogni volume.
«Dalla carta non escono i suoni… lo sai?»
«Certo… Ma se li sbatti i libri fanno rumore»
La storia di Blue Giant ruota attorno al liceale Dai Miyamoto che, innamoratosi del jazz per caso dopo aver assistito a un concerto, decide di iniziare a suonare il sassofono esercitandosi da solo sulla riva del fiume Hirose con l’obiettivo di diventare il più grande jazzista del mondo. Nella sua semplicità, che non è tanto ingenuità quanto piuttosto purezza d’animo, Dai Miyamoto approccia il jazz alla maniera in cui, in Slam Dunk, Hanamichi Sakuragi approccia il basket, con la spavalderia e l’entusiasmo di un bambino (seppure Dai, nella sua ostentata sicurezza da neofita, non risulti mai infantile). Questa è la ragione che gli consente di affrontare le prime, inevitabili delusioni senza però pensare mai di rinunciare a perseguire il suo sogno. Ishizuka si rifà all’intreccio narrativo solitamente adottato negli spokon (i manga a tema sportivo) per catturare l’interesse del suo lettore. Non è un caso che Dai, per indossare i panni di aspirante musicista, si spogli prima di quelli da giocatore di basket del club scolastico.
E in fondo un sassofonista può essere, a buona ragione, definito un atleta avendo bisogno, oltre che di abnegazione e talento, anche di importanti doti fisiche: perché il sassofono è tra gli strumenti più faticosi, capace di mozzare il fiato a chi lo suona proprio come farebbe una maratona. Come Takehiko Inoue in Slam Dunk anche in Blue Giant Ishizuka gioca, almeno nei primi due volumi, a carte coperte facendo del suo manga un racconto, in stile slice of life, della quotidianità di uno studente, senza farsi mancare l’abituale risvolto romance con l’ingresso in scena della nuotatrice Miwa. Ovviamente sono solo distrazioni, quando c’è da tirare le redini del racconto si palesa in maniera evidente che ciò che interessa Ishizuka è il suo protagonista e il suo amore per il jazz. Il corollario di personaggi e luoghi che lo accompagnano non sono altro che tappe necessarie per il suo percorso di maturazione personale e artistico. Un percorso fatto di rinunce e sacrifici che sembrano essere paradigma necessario per chi sogna di fare strada nel Jazz.
Perché, e qui Ishizuka le carte le scopre immediatamente, scopriamo sin da subito che Dai diventerà un grande jazzista per mezzo di testimonianze in flashforward a quanti ne incrociano il cammino. Il Blue Giant del titolo è infatti proprio lui. Allora come tenere incollato alla pagina il lettore, come rapirne l’interesse e rendere fruibile una storia dal finale scritto? La risposta a questa domanda sta tutta nell’incredibile capacità di Ishizuka di trasporre nelle tavole l’energia della musica jazz. Quando Dai suona nei locali o per strada tutto quanto lo circonda viene come cancellato, sostituito da linee cinetiche date da un energico tratteggio che sembra voler ricreare il riverbero del suono. L’inquadratura cambia di vignetta in vignetta assecondando i movimenti di testa e corpo. L’incredibile conoscenza anatomica delle pose e delle smorfie facciali di un vero sassofonista conferiscono eleganza e realismo a un contesto, quello jazzistico, che mal si sarebbe sposato con il super deformed. Ed è sicuramente apprezzabile l’idea di far dialogare le due arti: quando i personaggi sono impegnati a suonare il disegno si fa più infatti più nervoso e grezzo, o per meglio dire “improvvisato”, proprio come lo sono le esibizioni di musica jazz. Ed è curioso, ma opportuno, far notare che la principale ispirazione per queste tavole sia stata il manga di corse motociclistiche Baribari Densetsu, il cui sapiente uso delle linee cinetiche ha fatto scuola permettendo a Shuichi Shigeno di dare l’idea del movimento e dell’alta velocità delle moto. Rappresentare graficamente il suono che esce da degli strumenti è in fondo una sfida come lo è trasmettere per mezzo di un immagine piatta l’idea di motociclette in movimento.
Nel primo volume dell’edizione italiana son presenti due bellissime tavole a “effetto griglia” con piccole vignette di identiche dimensioni in cui si alternano Dai impegnato a suonare il sax e i primi piani di diversi spettatori presenti. Uno stratagemma attraverso il quale il lettore è fatto partecipe dell’incredibile dimostrazione di bravura del protagonista, sancita dal ripetersi ininterrotto di espressioni di stupore che si trasformano in autentica gioia. In queste tavole, ma in fondo in tutta l’opera, è evidente il richiamo allo stile del maestro Naoki Urasawa sia nel ricorso alla cosiddetta “tavola cinematografica” in cui le vignette sono impiegate alla stregua di fotogrammi di una pellicola, sia per il modo di disegnare i suoi personaggi che pone particolare attenzione al realismo dei volti e delle espressioni in cui a dominare sono le linee curve.
Ma, a dispetto dell’opera di Urasawa in cui i personaggi non perseguono mai fini individualistici, nel suo percorso di crescita personale e artistica il Dai Miyamoto di Blue Giant si smarca dalla tendenza tutta giapponese a identificarsi con un gruppo e agire per il bene della collettività, anche a costo di enormi sacrifici, riscoprendo invece la propria individualità. Anche quando, abbandonata Sendai per Tokyo, incontra dei compagni con cui suonare in gruppo, Dai se ne serve comunque come stimolo per fare esperienza, con la malcelata intenzione di emergere e autoaffermarsi. I Jass (questo il nome della band che formerà insieme a Shunji Tamada, batteria, e Yukinori Sawabe, piano) devono il loro crescente successo proprio a questa rivalità interna che li spinge a migliorarsi per stare al passo dei compagni cosi da non sfigurare nelle esibizioni live. Una competizione spietata (testimoniata dalle mani sanguinolente e callose del batterista Shunji, l’anello debole del gruppo) che però è necessaria per permettergli di salire alla ribalta e guadagnare una chance di suonare nei club che contano (il “So Blue” del manga è probabilmente modellato sul famoso “Blue Note” di Tokyo).
Blue Giant è infatti cronaca di questo mondo in cui emergere, anche a fronte di un enorme talento, non è affatto scontato e necessita di una lunga gavetta fatta di serate in locali di bassa lega con un pubblico composto spesso da pochi annoiati spettatori. E, d’altronde, il coraggio di Ishizuka sta anche nell’aver scelto di raccontare il jazz calandolo nella contemporaneità piuttosto che ambientarlo nella sua epoca d’oro quando le leggende che hanno fatto la storia di questo genere erano ancora vive. Un coraggio che tradisce una componente sicuramente autobiografica: Dai e il suo amore per il jazz sono il riflesso del sentimento del suo autore, che aveva esordito nel mondo dei manga con Vertical, una storia legata all’altra sua grande passione, l’arrampicata. L’entusiasmo del protagonista è il veicolo di un messaggio chiaro e reiterato: “il jazz non ha mai smesso di essere cool”. Ambientare la storia ai giorni nostri significa coinvolgere una generazione di giovani lettori ad approfondire la conoscenza di un universo musicale troppo spesso ritenuto non alla portata di tutti. Come rivelato dallo stesso autore in un’intervista concessa a Tokion, ciò che lo ha convinto a realizzare manga è stata proprio la spinta a voler condividere con gli altri le proprie passioni. La scintilla è scattata quando un suo amico gli rivelò di aver deciso di volare negli Stati Uniti per studiare archeologia dopo aver letto Master Keaton di Urasawa: l’idea che si potesse ispirare qualcuno cambiandogli la vita semplicemente realizzando un manga lo colpì e lo motivò al punto da intraprendere quella strada. E come accadde per Slam Dunk, che portò il basket alla ribalta tra i giovani in Giappone, così speriamo accada per Blue Giant e il jazz nelle scuole del Sol Levante.
Abbiamo parlato di:
Blue Giant Voll. 1,2
Shinichi Ishizuka
Traduzione di Fabiano Bertello
Edizioni BD, 2022
424 pagine, brossurato, nero/bicromia – 15,00 €
ISBN: 9788834909645