L'universo supereroistico Valiant è il terzo per dimensioni e importanza del fumetto statunitense, dietro a quelli DC Comics e Marvel Comics (in rigoroso ordine alfabetico); una casa editrice che negli anni ha dimostrato compattezza, contenendo una proliferazione di titoli e personaggi entro dimensioni a misura di lettore, e affidandosi ad autori di livello come Matt Kindt, Jeff Lemire, Peter Milligan, Jody Houser e Robert Venditti tra gli altri, oltre che a buoni disegnatori, seguendo un valido approccio realistico al supereroismo.
A differenza di DC e Marvel però la Valiant non era ancora riuscita a dar seguito ai tanti progetti che da anni coltiva nel campo degli adattamenti cinematografici. Nell'ottica della creazione di un franchise di pellicole allargato all'universo (un franchise tutt'altro che certo, visto il passaggio alla Paramount del film basato su Harbinger) non è un caso che la scelta del primo progetto sia caduta proprio su Bloodshot, un ex-soldato senza memoria potenziato da tante piccole microscopiche macchine impiantate nel suo sangue capaci di rigenerare il suo corpo istantaneamente e di dotarlo di forza e resistenza sovrumana. Look iconico, personaggio interessante e potenzialmente molto sfaccettato, dalla storia editoriale importante: nato a cavallo tra il 1992 e il 1993 dalla mente di Kevin VanHook, Don Perlin e Bob Layton, con la sua prima serie Bloodshoot raggiunse vendite importanti in breve tempo, rendendo il personaggio uno dei più popolari della casa editrice insieme a X-O Manowar.
Proprio per questo X-O Manowar e Bloodshot sono stati i primi protagonisti del rilancio Valiant del 2012: Bloodshot venne prima revitalizzato da Duane Swierczynski e poi, nel 2015, da Jeff Lemire e Mico Suyan, con alcune serie e miniserie di alto livello artistico e narrativo, capaci di unire approfondimento psicologico e azione.
Ma, pur considerando questo bagaglio di storie e spunti, il personaggio da solo difficilmente riuscirebbe a reggere il peso delle grandi ambizioni di Valiant e DMG Entertainment (società di produzione multimediale proprietaria di Valiant, nota per aver partecipato alla produzione di Iron Man 3). Non stupisce quindi l'aver voluto puntare su un attore iconico per il cinema d'azione contemporaneo come Vin Diesel, capace di portare attenzione a un film a prescindere dal film stesso.
Purtroppo, l'uscita inizialmente prevista per i primi mesi del 2020 si è scontrata con l'emergenza Covid-19 che ha sospeso la distribuzione di molte altre pellicole e il blocco della produzione della grande maggioranza dei film ancora in lavorazione.
Con la prospettiva futura di un probabile affollamento di pellicole forti, molto forti, destinate a uscire tutte a breve distanza l'una dalle altre. Per evitare un fallimento annunciato, è stato quindi deciso di dirottare Bloodshot sui servizi di streaming a pagamento (in Italia, su Chili).
Questo pone molti dubbi su quali potranno essere i risultati economici ma soprattutto di visibilità della pellicola, che rischiano di affossare sul nascere l'universo cinematografico Valiant. Ma al di là di queste considerazioni, c'è da parlare del film in sé, un film che forse a causa delle aspettative di cui sopra si dimostra poco coraggioso e privo di guizzi, quasi come se nella realizzazione non fosse ben chiaro quale fosse lo spirito da dare all'adattamento, se prettamente serioso – “alla Nolan” – o se più vicino al tono scanzonato del Marvel Cinematic Universe.
In realtà uno dei difetti più grandi del film è l'essersi bruciati la carta più interessante fin dal trailer, che di fatto svela con troppa superficialità il principale colpo di scena della storia, ovvero che il protagonista viene privato della memoria e riprogrammato ogni volta con un obiettivo diverso verso cui indirizzare la sua vendetta personale.
Colpo di scena peraltro sfruttato quasi meglio nel trailer che nel film, nel quale questo inganno ai danni del protagonista viene mostrato solo due volte, lasciando a qualche spiegazione e ricordo riaffiorato il compito di rendere l'idea della reiterazione di questo inganno, e gestito con poco ritmo e scarsa drammatizzazione. Le parti migliori sono sicuramente le scene d'azione, non tanto perché si distinguono per inventiva o per messa in scena – nonostante alcuni rallenty un po' troppo ostentati – ma perché comunque discretamente movimentate e molto fisiche. Gli effetti speciali allo stesso modo sono funzionali e, per quanto nello scontro finale diano in qualche scena un'impressione pupazzosa dei personaggi, restano ampiamente sufficienti anche se mai veramente spettacolari.
Come protagonista, Vin Diesel si mostra in gran forma per i suoi 52 anni, tirato anche più che nella saga di Fast & Furious, e offre una interpretazione convincente e impegnata per quel che permette la storia, complice sicuramente una caratterizzazione che ricade perfettamente nel cliché delle sue altre interpretazioni, giusto un poco meno tamarro che nella suddetta saga o in XXX e meno oscuro rispetto ai panni di Riddick. Se Guy Pearce nei panni del Dr. Emil Harting fornisce una discreta prova come villain che tira le fila delle menzogne, il resto del cast è sicuramente sotto al livello minimo di credibilità, dalla coppia di potenziati Sam Heughan (unica caratteristica: un po' stronzetto) e Alex Hernandez (che vince come “personaggio senza motivazione, caratterizzazione o interesse alcuno”), passando per la bella Eiza Gonzalez – che senza alcuna sorpresa per lo spettatore passa dalla parte dell'eroe – fino alla coppia di nerd-informatici-hacker che rappresentano la sagra del cliché del genere.
Se il personaggio si presta bene a essere un film di prova per la tenuta dell'universo Valiant al cinema, visto che non necessita di alcun legame con altri personaggi e che si presenta come un action fantascientifico con un impianto semplice e diretto, il prodotto non è certo dei migliori risultando in gran parte poco incisivo e dallo svolgimento privo di sorprese e di intensità, con un protagonista che, una volta liberatosi del condizionamento mentale, non appare mai veramente in difficoltà e che ha poco spazio per dare sostanza al dramma di una vita di ricordi costruiti in laboratorio.
Un'opera quindi che di certo ha azzeccato la star, per quanto sia difficile pensare a un Vin Diesel che eventualmente porti avanti il personaggio per molti anni se tutto dovesse andare per il meglio, sempre che l'universo cinematografico Valiant dovesse proseguire, ma che non brilla certo né per coraggio né per intensità a fronte di un personaggio che su carta è stato approfondito in maniera molto più interessante, puntando molto sull'empatia della sua figura tragica, costretta a essere un'arma contro il proprio volere.
Il nuovo trailer di Bloodshot