Luc Besson e le rovine di Valerian
Il colossale flop al botteghino di Valerian e la città dei mille pianeti, che proprio in questi giorni sbarca nel nostro paese, ha lasciato al regista Luc Besson e alla sua EuropaCorp non solo la certezza di avere gestito malamente l'intera operazione, con una campagna pubblicitaria mai pienamente decollata, ma di avere cresciuto in seno un progetto che sta portando già in questi giorni la società a ridefinire totalmente le proprie strategie.
Secondo quanto riportato nei giorni scorsi da Variety in un lungo e interessante articolo di Elsa Keslassy, la società ha perso oltre il 40% delle sue azioni dal mese di luglio in seguito alla débâcle al botteghino subita dalla pellicola interpretata da Dane DeHaan e Cara Delevingne, e, prima della riunione degli azionisti che si svolgerà il prossimo 27 settembre, il gruppo dirigente si sarebbe concentrato sulla riduzione delle spese generali e su un taglio molto forte dei progetti cinematografici in produzione.
L'alto budget di Valerian, che si aggira intorno ai 180 milioni di dollari (anche se molte fonti hanno sostenuto si tratti di una cifra più alta ndr), dovrebbe portare EuropaCorp a tagliare la produzione di film in lingua inglese, portandola a due o tre film all'anno, rispetto ai cinque o sei precedenti, con budget modesti tra i 25 e i 35 milioni di dollari. Lo studio continuerà invece a realizzare dai due ai tre film francesi all'anno e probabilmente amplierà la sua attività televisiva negli Stati Uniti, che è stata molto redditizia con serie basate su franchising come Taken.
Variety aggiunge che, in una recente riunione all'interno della sede di Parigi di EuropaCorp, che una fonte citata dalla rivista ha definito “caotica”, è stato confermato che non ci sarebbero stati licenziamenti di massa. Un portavoce della società, interpellato in merito a possibili licenziamenti, ha detto semplicemente che non c'era nessun piano di questo tipo, riconoscendo soltanto quelle che ha definito “partenze volontarie che erano state pianificate per un po'“, incluso il vice capo delle vendite, e “contratti a breve termine che non sono stati rinnovati“.
Come noto dalle precedenti puntate di questa rubrica, EuropaCorp ha cercato nelle settimane antecedenti l'uscita di Valerian nelle sale USA, di limitare la propria esposizione finanziaria, riducendo la sua effettiva partecipazione a meno di 15 milioni di dollari, e coprendo circa il 90% del budget del film attraverso prevendite e investimenti azionari. Al tempo stesso, lo studio però era fortemente disperato per avere mancato l'obiettivo principale, ovvero costruire un nuovo franchise capace di rivaleggiare con quelli americani e al tempo stesso cercare di ripristinare la salute finanziaria dell'azienda.
Secondo Variety, è altamente probabile che nessuno di questi obiettivi sia raggiunto. Infatti, sebbene EuropaCorp abbia mitigato i propri rischi finanziari su Valerian, potrebbe perdere ancora circa 60 milioni di dollari, la maggior parte di questi derivati dalla P&A effettuata negli Stati Uniti. Valerian e la città dei mille pianeti ha incassato 221,5 milioni di dollari in tutto il mondo, mentre in Cina viene considerato un moderato successo, avendo incassato più di 60 milioni di dollari in poco più di 10 giorni. Questi profitti però andranno per la maggior parte alla Fundamental Films di Shanghai, che ha investito 50 milioni di dollari nel film, piuttosto che alla povera e disastrata EuropaCorp.
Essendo la seconda società azionista di EuropaCorp, con una partecipazione del 27,9%, Fundamental ha iniettato ben 67 milioni di dollari nell'azienda di Besson e, secondo molti, potrebbe in futuro finire per acquistare completamente la società di produzione del regista francese, anche se il recente cambio di politica del governo cinese nei confronti di questo tipo di operazioni potrebbe mettere fine alla cosa già prima di una sua effettiva concretizzazione.
Un potenziale offerente sarebbe invece Mediawan, società francese lanciata da Xavier Niel, Matthieu Pigasse e Pierre-Antoine Capton, con una capacità di investimento stimata attorno a 1,5 miliardi di euro (1,79 miliardi di dollari), che già la scorsa primavera fece una offerta per l'acquisto di EuropaCorp.
Wonder Woman
Al momento in cui scriviamo, la pellicola diretta da Patty Jenkins e interpretata da Gal Gadot ha incassato nel mondo 819 milioni di dollari, di cui 411 nei soli Stati Uniti. Un successo senza precedenti, che però non tutti vedono come tale.
Nei giorni scorsi, un articolo di Forbes ha infatti sottolineato come il lungometraggio sull'amazzone DC Comics, risultato come lo spartiacque per le pellicole sugli eroi della casa editrice realizzate dalla Warner, abbia in realtà avuto la peggiore performance al box office internazionale degli ultimi dieci anni.
E' stata una performance relativamente soft all'estero, guadagnando meno del 50% dei suoi 819 milioni di dollari in tutto il mondo dai territori stranieri (49,7% per essere precisi). In un business in cui i mercati d'oltremare rappresentano in genere circa i due terzi dei cinema totali, i numeri stranieri di Wonder Woman sembrano i sintomi di un tallone di Achille. Nel 2008 Iron Man ha guadagnato il 45,6% del suo totale mondiale dai mercati stranieri, e Hulk ha raggiunto il 48,8%. Ma questi due film sono arrivati in giorni in cui il concetto di film di supereroi al di fuori dei franchise di Superman, Batman e Spider-Man era ancora sconosciuto. La sola eccezione da allora è stato Green Lantern, uscito per la Warner Bros nel 2011, che è stato un flop ovunque sia uscito.
Negli anni la Marvel ha fatto un lavoro straordinario per espandere il mercato dei personaggi sconosciuti (e di quelli già stabiliti), e nel periodo 2012-2013 le sue pellicole guadagnavano oltre il 60% e talvolta il 70% delle loro entrate al di fuori del Nord America. Il top è stato raggiunto nel 2014 quando The Amazing Spider-Man 2 ha guadagnato il 71,4% dei suoi 709 milioni di dollari in tutto il mondo da mercati stranieri. A X-Men: Apocalypse (con Fox come licenziatario) corrisponde una quota del 71,4% all'estero nel 2016.
L'articolo di Rob Cain elenca poi tutta una serie di paesi in cui gli incassi di Wonder Woman sono risultati più bassi se comparati al suo principale rivale estivo, ovvero Spider-Man Homecoming di Marvel Studios e Sony. Tra questi ci sarebbero Italia, Francia, Regno Unito, Germania, Russia e altri ancora, risultando invece in avanti in paesi quali Australia, Taiwan e Brasile.
Parlando dei vari elementi che potrebbero avere causato questo problema, che comunque non va a intaccare il grande successo della pellicola, Cain sostiene che il distributore stesso del film, ovvero la Warner Bros., potrebbe avere generato queste percentuali basse, non effettuando una campagna marketing estera come si deve per l'adattamento dell'eroina DC Comics e invitando la stessa a ripensarla in occasione dell'uscita del sequel, fissato per il 2019.
Fox e Locksmith Animation
Twentieth Century Fox Film e Locksmith Animation hanno annunciato nei giorni scorsi una partnership di produzione pluriennale. Il primo progetto facente parte dell'accordo avrebbe già ottenuto luce verde e, dopo la sua uscita, le due società si aspettano di rilasciare un film ogni 12-18 mesi.
I film di animazione di Locksmith saranno distribuiti dalla Fox, mentre lo studio con base a Londra svilupperà e produrrà i progetti direttamente nella capitale britannica, con il partner di Double Negative che forniranno la produzione digitale. I progetti Locksmith saranno una sorta di secondo braccio animato in aggiunta a quelli già prodotti da Blue Sky Studios.