La banda Stern: anteprima e intervista a Enoch e Stassi

La banda Stern: anteprima e intervista a Enoch e Stassi

In uscita per Rizzoli/Lizard, La banda Stern racconta il ruolo delle bande paramilitari terroristiche ebraiche nella Palestina degli anni tra 1940 al 1948. Opera ambiziosa e tutt'altro che facile, scritta da Luca Enoch e disegnata da Claudio Stassi.

Nel 1940 Avraham Stern fondò l’IZL in Israele, un gruppo armato di matrice sionista che dopo la sua morte si trasformò nel Lehi, conosciuto anche con il nome di Banda Stern. “Militi ignoti senza uniforme”, così si autodefinivano i suoi seguaci, uniti nel nome di uno Stato ebraico, il “sogno di una nazione” che presto si trasformò in un incubo scaturito da un perverso, devastante contagio ideologico – non troppo lontano dal fanatismo. Terroristi per gli avversari, patrioti per pochi sostenitori, gli uomini della Banda Stern si accanirono contro gli stranieri oppressori – gli inglesi del regime mandatario – e avvolsero la Palestina in un cerchio di fuoco, fatto di minacce, assassinii, rapine a mano armata, massacri e ordigni esplosivi come quelli che rasero al suolo l’Ambasciata britannica a Roma.
Quegli anni di sangue ritornano prepotentemente nelle pagine di La Banda Stern, scritto dall’abile penna di Luca Enoch e disegnato con un tratto forte e preciso da Claudio Stassi.
Per non dimenticare le radici dell’odio che corrode e divide una terra martoriata da secoli di lotta, protagonista di una delle situazioni più controverse della nostra Storia. (da lizard.rcslibri.corriere.it)

INTERVISTA A LUCA ENOCH

 A cura di Alberto Casiraghi

Luca Enoch (Milano, 1962) è uno dei principali autori italiani, scrive e disegna le sue storie dove a far da padrone sono le donne, protagoniste forti, autonome, affascinanti. I suoi inizi risalgono al 1990, quando vince il concorso bandito dal Convegno Internazionale del Fumetto e del Fantastico di Prato. Nell’anno successivo debutta sul numero 10 di “Fumo di China” con “Eliah”. Nel 1992 parte la sua collaborazione con l’Intrepido, dove crea il suo personaggio più rappresentativo, Sprayliz, personaggio che continuerà sotto forma di monografico pocket per Star Comics. La collaborazione con Sergio Bonelli editore inizia con alcune storie di Legs Weaver; nel 1999, sempre per l’editore milanese, debutta la miniserie a cadenza semestrale Gea, scritta e disegnata da lui. Terminate le avventure di Gea, nel 2008 le succede Lilith, tutt’ora in corso. Sempre per Bonelli Editore scrive, assieme a Stefano Vietti per i disegni di Giuseppe Matteoni, il Romanzo a fumetti Dragonero, destinata nel 2013 a diventare una serie mensile. Ha lavorato anche per il mercato francese, con la saga Morgana (Les Humanoides Associès) scritta assieme a Mario Alberti.
Enoch è un autore sempre attento alla politica e agli elementi critici della società attuale. Il suo blog, molto attivo, è lucaenoch.ilcannocchiale.it.

 
Parliamo de La banda Stern, in uscita per Rizzoli/Lizard.
È una storia che parla delle bande paramilitari terroristiche ebraiche nella Palestina del mandato britannico, negli anni che vanno dal 1940 al 1948, gli anni precedenti allo stato di Israele. Anche questo è un periodo di transizione estremamente interessante e pochissimo frequentato se non da certe produzioni cinematografiche, come Exodus di Otto Preminger che però è un po’ all’acqua di rose, ma che soprattutto sostiene delle falsità storiche assolute. Recentemente ho visto un altro film meno sbilanciato verso le posizioni sioniste che si intitola O’ Jerusalem.
Il fumetto, in parole povere, è la ricostruzione storica di quella che gli Inglesi chiamavano la Banda Stern (il cui vero nome era Lehi) dal nome del fondatore Avraham Stern, tra le più estremiste di tutte le organizzazioni paramilitari che operavano in quell’epoca in quel pezzo di terra, più a destra dell’Irgun che già era nato da una scissione dell’Haganah, la forza di difesa dei coloni sionisti. Questo gruppo terrorista è interessantissimo perché venne continuamente sconfitto dagli inglesi, che ne uccisero il leader, e scompare e riappare negli anni come un fiume carsico. È curioso sapere che queste figure di terroristi sono poi diventate parte integrante e pilastri del nuovo stato di Israele. Dico terroristi perché quella era gente che metteva bombe e ammazzava. Certo, possiamo trovare tutte le scusanti ideologiche possibili, ma se ragioniamo così a quel punto varrebbero per chiunque.
Un argomento delicato e controverso, come ogni cosa che riguarda Israele.

Potrei ironicamente dire che hai scelto un tema leggero.
Sì, e vediamo un po’ come va a finire! Alla Rizzoli è piaciuto subito. Era un progetto che avevo in cantiere da molto tempo e sarà pubblicato in co-edizione tra Rizzoli-Lizard per l’Italia e Norma Editorial per la Spagna. Sono abbastanza fiducioso che una storia di questo genere possa interessare anche altri Paesi.

Perché scegliere di raccontare fatti avvenuti in Israele così tanti anni fa?
La spinta a realizzare storie di questo genere deriva dal gusto di andare a scovare cose che nessuno racconta. Ma prima di tutto viene la mia curiosità: non conosco una tale vicenda o fatto storico, ne ho solo sentito parlare e mi chiedo come si è arrivati a quel punto. Allora comincia un lavoro di ricerca, di approfondimento e di documentazione storiografica. Spero nel mio piccolo che questo libro, e tutto il lavoro che sta dietro, sia utile perché il più ampio numero di persone venga alla conoscenza di fatti che in realtà coinvolgono e influenzano tutti.

Hai calcolato il rischio che una storia del genere tocchi qualche nervo scoperto?
Per forza, anche se, come ho spiegato, lo scopo del fumetto non è creare uno scandalo.
È certo che nella grande comunità ebraica statunitense, molto conservatrice e a destra, e in Israele molti considerano queste figure dei patrioti e degli eroi, ma per me erano dei terroristi, anche se non mettevano bombe in mezzo alla gente come faceva l’Irgun. I membri del Lehi – tra cui c’era anche Shamir, futuro Primo Ministro israeliano – compivano quelli che oggi si definiscono “omicidi mirati”, cioè andavano a uccidere gli Inglesi o i collaborazionisti ebrei che magari militavano nella polizia palestinese. L’unica volta in cui uccisero indiscriminatamente dei civili fu durante l’assalto al villaggio arabo di Deir Yassin. Insomma era una banda di assassini, alla fine, con una determinazione e una tenacia agghiacciante, ma assassini rimangono.

Questa intervista è la riproposta di uno stralcio di quella già pubblicata qua: www.lospaziobianco.it/Luca-Enoch-avventure-nel-fantastico-storia

 

 

INTERVISTA A CLAUDIO STASSI

A cura di Ettore Gabrielli e Valerio Stivé

Claudio Stassi (Palermo, 1978) vive e lavora a Barcellona. Ha collaborato con editori italini ed esteri: Casterman, DArgaud, Eura, Black Velvet, Rizzoli, Becco Giallo. Tra i suoi fumetti, “Per questo mi chiamo Giovanni”, adattamento a fumetti del romanzo di Luigi Garlando, “Brancaccio – Storie di mafia quotidiana” su testi di Giovanni Di Gregorio. Lavora per Sergio Bonelli Editore su Dampyr e per Il Giornalino delle Edizioni San Paolo per il quale disegna le avventure di Bau e Woof sceneggiate da Fabrizio Lo Bianco. Insegna alla Scuola del Fumetto di Barcellona. Il suo blog è stassiclaudio.blogspot.it.

Come avete lavorato tu e Luca Enoch? Quanto stretta è stata la collaborazione?
Con Luca mi sono trovato benissimo. Ricordo che dopo aver letto la sceneggiatura completa avevo un’idea abbastanza chiara di come disegnare i personaggi e subito dopo ho cominciato a lavorare sugli storyboard che a blocchi di dieci gli mandavo per l’approvazione e per portarli a compimento. Sono stato liberissimo di interpretare tutto quanto e in più di un’occasione i consigli di Luca sono stati fondamentali per raccontare meglio una sequenza o un semplice dialogo.

Com’è stato seguire la sceneggiatura di un autore esperto come lui? Ti ha semplificato il lavoro o complicato perché esigente?
Come dicevo, Luca è stato dettagliato nella sceneggiatura ma ero assolutamente libero di elaborarla come volevo, sia per la regia che per il taglio narrativo. Spesso in sceneggiatura c’erano delle note che facevano riferimento alla documentazione che mi aveva inviato e questo mi agevolava moltissimo nella scena da disegnare. Oltre alla documentazione di Luca ho comprato due libri che mi sono serviti  per le foto d’epoca: Jerusalem pubblicato da Grund e Jerusalem in original photographs 1850-1920 publicato da Stacey International.

Conoscevi la vicenda narrata dal fumetto o ti sei informato appositamente? Quanto è stato necessario “entrare” nell’atmosfera storica dei fatti narrati a livello di interpretazione grafica?
Non conoscevo l’evento storico né avevo mai sentito parlare della Banda Stern, me ne parlò Luca un giorno per telefono e la storia mi colpì moltissimo. Quando cominciammo a ragionare sul racconto da realizzare Luca mi spedì un paio di film da vedere, Exodus e O’ Jerusalem, cercai su internet la storia del gruppo armato e dei rappresentanti principali che in un secondo momento hanno intrapreso ruoli di primo piano nella politica Israeliana. Sapevo benissimo che era un tema “scomodo”, che probabilmente avremmo avuto difficoltà anche a trovare un editore, ma abbiamo deciso di andare avanti e provarci. In fondo non sono nuovo per temi scomodi, penso che “Brancaccio, storie di una mafia quotidiana” e “Per questo mi chiamo Giovanni” parlino per me.
Adesso lo sta pubblicando Rizzoli-Lizard e per questo ringrazio Simone Romani che ha creduto subito nel progetto. A Marzo uscirà in Spagna per Norma Editorial con i quali ho un rapporto di lavoro molto stretto.

Quanta importanza hai dato al materiale fotografico per ricreare l’atmosfera dell’epoca? Che tipo di documentazione hai usato? Gli sfondi sono molto realistici.
Do molta importanza alla documentazione. Come ti accennavo prima, Luca mi ha aiutato tantissimo a trovare le foto giuste, ricordo che un giorno stavo cercando una foto di un giornale dell’epoca per una scena dove appunto in quotidiano doveva vedersi in primo piano. Chiesi a Luca se aveva qualche foto e dopo pochi minuti mi arrivarono un paio di mail con una decina di link dove scaricare foto di giornali Palestinesi del 1930 e in un paio di questi si parlava anche della Banda Stern. La documentazione è fondamentale per libri come questi e Luca è un drago a trovarla.

Quali sono i tuoi riferimenti e ispirazioni? Tra queste pagine vedo molto l’insegnamento della tradizione popolare italiana – addirittura Ferdinando Tacconi in certe smorfie – ma anche molto di attuale, come Gipi nei voli più giovani.
Hai citato due dei miei autori preferiti e il paragone mi lusinga e ti ringrazio. In realtà non ho un riferimento particolare, cerco negli autori che amo in particolare di coglierne elementi grafici e narrativi che potrebbero dare più spessore e concretezza al mio lavoro, magari non sempre ci riesco ma sono contento quando qualcuno ne intravede qualcosa. Grazie.

La classica gabbia delle tavole bonelliane è stata un limite per te? A volte sembra che tu voglia dare più movimento di quello concesso dallo spazio a tua disposizione.
I
o lavoro benissimo nella gabbia bonelliana. In questi giorni esce una mia storia sul Dylandogone (su testi di Giovanni Gualdoni) e adesso sto lavorando ad un Dampyr su testi di Giovanni Di Gregorio (torniamo a lavorare assieme dopo Brancaccio) e sinceramente mi trovo a mio agio.
È ovvio che a volte per esigenza narrativa hai bisogno di “sfondare” la tavola e dare al lettore quel bel ceffone che gli serve per ascoltare quel punto fondamentale alla storia ed ecco che rompere la classica gabbia a tre strisce, da alla tavola una forma nuova, completa e vibrante.

Il segno può essere usato “solo” per illustrare gli eventi ma anche per dar loro una connotazione, veicolare un messaggio, il punto di vista del disegnatore. Quanto del tuo lato emotivo hai riversato in questo lavoro?
O
gni volta che faccio un lavoro io metto un pezzo di me in quello che faccio. Vedi, fare un fumetto implica dedicare almeno uno o due anni alla realizzazione di quella storia. Ogni volta che stai lavorando a qualcosa, gli eventi che forgiano la tua vita inesorabilmente cambiano il tuo modo di essere, di vedere le cose e di esprimerle. In questo percorso è quasi spontaneo imprimere te stesso sulle tue pagine, come dicevi tu nella domanda il “segno” è l’elemento veicolare, ma è anche la rappresentazione grafica del tuo DNA, di quello che tu sei oggi, ma anche di quello che sarai domani. Il disegno descrive chi sei. Col disegno non puoi mentire e non puoi nasconderti. Ti metti al suo servizio e dai quello che sei, e a volte questo fa male… a volte molto male.

 

ANTEPRIMA DE LA BANDA STERN

 

POSTFAZIONE AL VOLUME: I “BUCHI” DELLA STORIA, di Luca Enoch

Grazie alla disponibilità dell’editore e degli autori, vi presentiamo anche la postfazione al volume a firma Luca Enoch.

Ci sono dei buchi nella Storia o, perlomeno, nella conoscenza che noi pensiamo di avere della Storia. Periodi poco conosciuti, misconosciuti o del tutto ignorati. E questo non per mancanza di fonti storiografiche o testimonianze dirette. Sono periodi che non ci interessano, che riteniamo non ci riguardino tanto sono lontani da noi nel tempo e nello spazio; periodi  che ci imbarazzano, magari relativi a episodi poco edificanti del nostro passato nazionale, e dei quali accettiamo di buon grado la versione ufficiale, spesso auto assolutoria; periodi che ci spaventano o di cui ci vergogniamo e da cui ci teniamo ben lontani, senza alcun desiderio di approfondimento.

Non so a quale categoria appartenga la vicenda che ho voluto raccontare in queste pagine, ma di certo si trattava di un buco bello grosso nella mia conoscenza della Storia.

Cosa c’era prima di Israele? Qual era la realtà storica della Palestina, prima e durante la Seconda guerra mondiale, che vide il genocidio degli ebrei europei? Fino al 1917 la regione si confondeva nel calderone dell’Impero Ottomano, senza una specifica identità. Come si è trasformata nel Paese che focalizza su di sé, quasi quotidianamente, l’attenzione mondiale da più di mezzo secolo?

La Storia che ho scoperto, tentando di colmare le mie lacune, è fatta di immigrazione, drammi personali e collettivi, scoppi di violenza, scontri culturali, lotta diplomatica… e lotta armata. Una lotta senza quartiere, che spesso assunse la spaventosa forma del terrorismo come lo conosciamo oggi, con le bombe nei luoghi pubblici e gli “omicidi mirati” contro avversari e collaborazionisti.

La Storia della Palestina durante gli anni del Mandato Britannico, istituzione che permise al Regno Unito di governare la regione per quasi trent’anni, fu anche la storia dei gruppi clandestini paramilitari sionisti, quali l’Haganah, l’Irgun e il Lehi.

La vicenda del Lehi o – come veniva chiamato dagli inglesi – la “banda Stern” mi ha colpito particolarmente; un gruppo molto ridotto, che non riuscì mai a contare più di poche centinaia di membri, estremamente violento, fondato e guidato per un paio di anni da un carismatico individuo con atteggiamenti messianici, e che vide tra le sue file anche un futuro Primo Ministro israeliano. Un gruppo che non godette mai di grande popolarità nella comunità ebraica in Palestina, visto addirittura come una comune banda armata e non certo come un eroico drappello di patrioti. Osteggiato e persino perseguitato dagli altri gruppi dissidenti, con pochi mezzi e nessun santo in paradiso, questo esiguo manipolo di radicali riuscì comunque a mettere a segno un paio di colpi di forte impatto e di risonanza internazionale. Colpi a vuoto, c’è da dire, nonostante il clamore mediatico e la violenza perpetrata. A dispetto della determinazione con cui i suoi membri mettevano in atto la propria strategia, il Lehi non riuscì mai a portare il dibattito politico o gli eventi bellici nella direzione desiderata. Isolato, senza contatti con le autorità ebraiche, completamente all’oscuro dei piani elaborati dai futuri quadri israeliani, il Lehi lottò e seminò morte illudendosi di aver un peso effettivo nel caotico processo che portò alla nascita dello Stato di Israele.

Per sbrogliare l’ingarbugliata matassa delle tormentate vicende di questo gruppo armato, mi sono servito di un artificio letterario: il protagonista, che comincia la propria attività clandestina come giovane entusiasta e la termina con un assassinio a sangue freddo, è ricalcato sulla figura di un personaggio realmente esistito, Yehoshua Cohen, l’esecutore materiale dell’attentato contro il mediatore dell’ONU, il conte Folke Bernadotte. Allo stesso tempo, è un amalgama dei vari e anonimi membri del Lehi che, nel corso di un decennio, compirono gli attentati e gli omicidi raccontati in questo libro.

Avner, il nome di battaglia fittizio che ho dato al personaggio di Cohen, diventa così una sorta di guida che prende per mano il lettore e lo conduce lungo la discontinua vita del gruppo clandestino sionista. Gli altri personaggi sono quasi tutti realmente esistiti e hanno effettivamente detto le cose e compiuto gli atti raccontati in questo graphic novel. Quando le fonti storiche dirette sono venute meno o mi sono sembrate insufficienti, ho fatto ricorso a una moderata dose di fantasia, sempre sostenendola con una solida struttura storiografica.

Per esempio, è certo che l’omicidio di Eliahu Giladi (Shaul) da parte del Lehi sia stato avvallato da Yitzhak Shamir in persona (egli stesso se ne assume la piena responsabilità nell’autobiografia Summing Up), ma la sua presenza durante l’esecuzione è stata una mia personale scelta narrativa a cui sono giunto scremando le diverse versioni, più o meno romanzate, che circolano attorno all’episodio. Quando ho scelto di piegare la verità storica all’esigenza del racconto l’ho fatto solo a beneficio della fluidità e della completezza del racconto, sempre che io ci sia riuscito.

Bibliografia parziale (tratta dal volume):
HELLER, JOSEPH, The Stern Gang. Ideology, Politics and Terror 1940-1949, Frank Cass, London, 1995.
PAPPE, ILAN, La pulizia etnica della Palestina, Fazi Editore, 2008.
SHAMIR, YITZHAK,  Summig Up. An autobiography, Weidenfeld and Nicolson, London, 1994.
BEN-YEHUDA, NACHMAN, Political Assassinations by Jews. A rhetorical device for justice, State University of New York Press, 1993.
MARTON, KATI, A Death in Jerusalem, Arcade Publishing, New York, 1996.
BELL, J. BOWYER, Terror out of Zion. The Fight for Israeli Independence, Transaction  Publishers, 1996.
AVNER, Memorie di un terrorista, Arnoldo Mondadori Editore, 1967.

Abbiamo parlato di:
La banda Stern
Luca Enoch, Claudio Stassi
Rizzoli/Lizard, 2012
136 pagine, brossurato, bianco e nero – 16,00€
ISBN: 17055734

1 Commento

1 Commento

  1. raffaele pani

    31 Ottobre 2012 a 14:33

    Il fatto che anche gli Ebrei siano ricorsi al terrorismo, come per decenni hanno fatto i Palestinesi, non assolve nessuno. Enoch conduce da anni dal suo blog una battaglia personale contro Israele, battaglia spesso ben argomentata e condivisibile ma sempre totalmente parziale nel sottacere colpe, violenze e corruzioni dei dirigenti Palestinesi e dei vari paesi Arabi coinvolti. Così finisce per dare un’informazione corretta nei contenuti ma fondamentalmente zoppa. Qualcosa di simile a quello che fa Giampaolo Pansa con i suoi libri sulla resistenza, anche quelli ben documentati, ma che danno voce ad una sola campana dimenticando il contesto degli avvenimenti di cui parlano e quindi, di fatto, travisando la storia.

    Anche altri autori che hanno affrontato la questione Israelo/Palestinese l’hanno fatto con questo tipo di atteggiamento, quello di chi non vuole dare una visione completa della realtà ma solo portare argomenti alla propria parte.Tutto il contrario del grande Magnus che nello Sconosciuto mostrò la sua pietà sia per le vittime Palestinesi che per quelle del terrorismo Palestinese.

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