Babilon: la parabola proletaria di Danijel Zezelj

Babilon: la parabola proletaria di Danijel Zezelj

Danijel Zezelj torna finalmente in Italia dopo qualche anno in cui si erano perse le sue tracce con un racconto morale ispirato al mito della Torre di Babele, impreziosito dalle sue pennellate evocative, capaci di trascendere il reale in favola.

Dopo qualche anno di assenza dalle fumetterie italiane torna Danjel Zezelj, autore dal tratto personale e raffinato che si alterna tra le sue storie da autore unico immerse in un bianco e nero che ne esalta il gusto scenico e le collaborazioni con gli editori USA come DC Comics, Vertigo e Image.

Babilon, come ci viene ampiamente spiegato dall’introduzione di David A. Beronä, fa parte del filone dei “wordless novel”, ovvero quei graphic novel senza balloon di dialogo e, per questo, capaci di rivolgersi universalmente a ogni lettore senza l’ostacolo della lingua. Non è la prima volta che l’autore si cimenta con il fumetto muto, ma non sfugge il gioco metaletterario di intitolare questo volume Babilon, con riferimento diretto al mito biblico della torre di Babele e della sua distruzione dopo che Dio confuse le lingue degli abitanti di Babilonia rendendo impossibile comprendersi  tra loro e terminarne la costruzione.

E alla torre rimanda direttamente la storia nella quale i sogni di grandezza di un magnate statunitense e l’ambizione di creare il palazzo più alto del mondo incrociano la strada con l’arte di un maestro intagliatore a cui viene affidato l’incarico di costruire una giostra di legno da collocare sulla cima dell’opera. A causa dei lavori però un intero quartiere viene raso al suolo, i residenti sfollati, l’identità sociale che caratterizzava un piccolo pezzo della città disgregata e dispersa.

L’imponente figura della torre è un chiaro elemento metaforico, esplicito fin dal titolo. La ricerca della gloria materiale a danno della società, una moderna sfida “agli dei”, l’incapacità di chi sta in alto di comprendere chi sta in basso. Zezelj nella sua opera incarna la disfatta di Babilonia in maniera più velata, meno catastrofica di quella biblica e legata più al raggiungimento di una pace interiore e dell’autodeterminazione piuttosto che nel soddisfacimento di un bisogno di vendetta o distruzione.

La morale sociale di Zezelj è semplice e lineare, un ricorso facile alla leva dei buoni sentimenti popolari che si scontrano contro lo strapotere dei ricchi, dei potenti. Una morale proletaria, potremmo dire, che nella sua semplicità e immediatezza ha il suo punto debole ma anche la sua forza: un messaggio scontato e abusato, ma al contempo un archetipo moderno sul quale riversare la potenza iconica dei disegni dell’autore.

Lo stile di Zezelj emerge con forza grazie al suo segno così materiale, capace di restituire l’impressione dell’inchiostro raschiato dalla pagina, del pennello strusciato sul foglio, di lasciare come un fantasma la sensazione del movimento fisico dell’atto di disegnare.

Le figure affiorano dalle vignette grazie al contrasto tra bianco e nero, lasciando poco spazio alla linea vera e propria che appare quasi un’intrusa: quello che colpisce e che definisce al meglio l’arte di Zezelji è lo scontro tra ombre e luci, dai personaggi alla profondità, dai palazzi ai paesaggi. Questo crea un universo in cui tutto sembra vivere di contrasti, niente risulta definito in maniera accomodante da contorni e confini ma tutto scivola verso un reale ammantato di onirico, una fitta penombra che evoca, suggerisce, nasconde.

La valenza di questo stile è fortemente iconica, come lo sono le scelte di inquadratura e di posa dei personaggi, elemento che si specchia nel racconto, nella morale semplice, esplicita e addirittura ingenua, come detto, se letta con occhi cinici.
Ma il cinismo appartiene al reale, al mondo che possiamo toccare, definire, inquadrare: laddove invece l’autore riesce a confondere, a trasfigurare la realtà, a renderla eterea ed eterna, trascina il lettore in un mondo altro nel quale è più arduo essere obiettivi e rifuggire a un tono quasi favolistico, magico, sospeso in un dove che vive nei luoghi dell’immaginario tanto da essere geograficamente definito e al contempo universale, e in un quando certo vicino al presente ma che di fatto non appartiene a nessun tempo preciso, e forse a tutti.

La costruzione della tavola nei racconti di Zezelj è molto libera e varia, ma si possono riconoscere alcuni elementi costanti e caratterizzanti.

Da un lato c’è il ricorso a vignette grandi, imponenti, con inquadrature dal basso e prospettive che puntano alla profondità, nelle quali spesso emerge anche il gusto dell’autore per le architetture di stampo gotico, oscuro e magnifico al tempo stesso; vignette che rallentano la lettura, puntano a fermare il respiro del lettore attraverso l’ostentazione dell’imponenza, restituendo la sensazione di un universo fantastico nel quale gli uomini sono degli intrusi, contrapposte ad altre nelle quali i personaggi sono il fulcro dell’attenzione, in pose al servizio dell’obiettivo dell’autore.

Dall’altro lato invece ci sono tavole fitte di piccole vignette quadrate che racchiudono dettagli, a volte piccoli, a volte incomprensibili se presi a parte senza considerare il contesto: le dita che accarezzano il legno, lo scalpello che intarsia un particolare, le curve di una scultura che solo alla fine si possono collocare all’interno del risultato finale.

Queste vignette donano ritmo alla tavola, forzando il salto da una all’altra, senza per questo diminuire sensibilmente il tempo di lettura in quanto necessitano di attenzione per coglierne il senso; in questo modo riescono a raccontare un periodo temporale anche molto lungo in un tempo di lettura comunque contenuto ma non affrettato.

In Babilon queste tavole riescono a mettere in scena il miracolo della creazione artistica e, anche se si tratta di figure intagliate nel legno, la fisicità del tratto che traspare nelle tavole dal segno delle pennellate d’inchiostro trasformano questi momenti in una trasposizione della creazione delle tavole stesse, dando l’impressione di assistere quasi in diretta alla loro realizzazione e funzionando così anche da gancio per coinvolgere maggiormente il lettore, chiamandolo in causa, rendendolo partecipe a più livelli del racconto.

Abbiamo parlato di:
Babilon
Danijel Zezelj
Traduzione di Valerio Stivé
Eris Edizioni, 2017
120 pagine, cartonato, bianco e nero – 17,00 €
ISBN: 9788898644445

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