“Un giorno ci chiameranno: “un gruppo di martiri segnati dalla maledizione” o “gente che ha fatto una strana azione”… “ma quello che abbiamo dentro il nostro cuore rimane pur sempre un sentimento puro.”
(Caporale Daisuke Shibusawa)
Fin da quando mi ricordo di aver studiato la storia a scuola, ho sempre provato interesse per la seconda guerra mondiale. Erano tante le cose che m’incuriosivano ma prima fra tutte c’era il fenomeno dei Kamikaze e cioè gli attacchi suicidi condotti dai giovani piloti giapponesi, su aerei imbottiti di esplosivo, contro la flotta alleata. Credo di non essere stato l’unico a pensare: “Ma questi sono tutti scemi…” o “sono una manica di folli, di esaltati…”. E ho continuato a pensarlo fino a quando non mi è capitato tra le mani questo fumetto meraviglioso.
Ali d’argento mi ha aiutato a comprendere di più le motivazioni di questi giovani soldati giapponesi. Perché leggendo quest’opera non traspare mai odio, violenza, disperazione ma solo amore, sentimento. Sentimento verso i propri cari immenso e profondo, lo stesso provato per il proprio paese.
La storia del caporale Daisuke Shibusawa commuove; siamo alla fine della seconda guerra mondiale quando il caporale prende una decisione: “Madre: ho fatto un passo.” dice il valoroso caporale rivolgendosi alla donna. E il passo è quello di diventare un pilota della squadra speciale. Un Kamikaze.
Ma una volta partito per l’attacco suicida, il suo aereo ha un guasto che lo costringe a tornare indietro e a rinviare di qualche giorno il suo appuntamento con la morte, riflettendo così sulle motivazioni e le sensazioni che l’hanno spinto a questa scelta.
Ve lo dico subito, non è un fumetto che fa piangere, nonostante il vortice d’emozioni in cui l’autore ci trascina, ma è un fumetto che fa riflettere: sulla vita, sui sentimenti ma soprattutto sulla cultura di un popolo che molti anni fa era pronto a morire per il suo paese e che ai nostri occhi è sempre apparso come fautore di un’assurda esagerazione emotiva.
In realtà la grande “arma” vincente di questo racconto è proprio il fatto di coinvolgerci e farci capire quest’amore esagerato. L’episodio della moglie di un sergente Kamikaze, che si suicida assieme ai suoi figlioletti per liberare il marito dal loro peso è fortemente rappresentativo così come lo è il commento del protagonista alla tragica notizia che ha colpito il suo compagno di squadra: “Non è stato un suicidio, chiamala determinazione.”
Un Giappone abitato da un popolo intriso di doveri verso il proprio paese. Il senso del dovere che porta alla morte per amore di un paese ma anche per amore dei propri cari. Un gesto agghiacciante ma profondo, in cui si cela un profondo sentimento di libertà, in cui i piloti della squadra speciale, come il caporale Shibusawa, vedono il futuro del proprio paese. Un futuro che non potranno vedere, che non potranno raccontare, un paese che non potranno amare con le stesse intense emozioni con cui stanno vivendo gli ultimi giorni della loro vita.
E Ayumi Tachihara non vuole commentare i fatti, le scelte, i motivi di quello che era il popolo giapponese, ma vuole che sia il lettore a trarne le sue conclusioni. Attraverso un disegno realistico negli scenari e quasi abbozzato nei personaggi, l’autore ci riempie dei pensieri e delle emozioni di quest’ultimi, pensieri ed emozioni che crescono sempre di più quando la fine s’avvicina.
Ma in questi uomini c’è anche la speranza: molto significativa la sequenza in cui i serbatoi degli aerei, pronti a decollare verso la missione suicida, vengono riempiti per intero nonostante la consapevolezza di compiere un viaggio di sola andata.
Non so che sensazione proverete dopo aver letto questa perla del fumetto giapponese. Io posso solo dirvi che dopo averlo letto non ho più visto questa gente come pazza o martire. Ma solo come uomini capaci come noi di amare.
Curiosità
Il termine Kamikaze non compare mai nel fumetto e i piloti suicidi vengono sempre definiti con il termine Squadre speciali, ovvero le Tokko (Tokubetsu Kohgeki Tai).
Nel fumetto l’autore fa riferimento ad alcuni fatti storici come quello nell’isola di Okinawa dove, davanti a un contingente americano, tutte le donne si suicidarono per timore d’essere violentate.
Nel fumetto si cita anche una vecchia credenza giapponese secondo cui tutti gli americani hanno gli occhi blu e quindi sono sensibili al colore del mare.
Edizione Consigliata
Nonostante sia un’edizione nel classico formato manga di fine anni ’90, il volume si avvale di un’introduzione di Davide Castellazzi e una postfazione di Gianluca Bevere e di Keiko Sakisaka nome d’arte della fumettista Keiko Ichiguchi.
Altre edizioni
Oltre quella consigliata, nessuna. Ma il fumetto si trova su internet anche a un prezzo contenuto.