Il viaggio dell’eroe è stato da sempre identificato come quel percorso spirituale, psicologico e fisico di formazione della coscienza e di cambiamento interiore del protagonista principale delle differenti storie che leggiamo o che guardiamo sullo schermo cinematografico. Molto spesso questo viaggio è fisico, palpabile, mentre altre si presenta come viaggio spirituale, interiore, compiuto in vista della prova finale e dello svolgimento della vicenda. Altre volte, addirittura, tali concezioni vanno a coincidere, finendo per rappresentare una variante molto profonda e strutturata dell’impianto diegetico.
Avatar – La leggenda di Aang si indirizza proprio verso la configurazione stratificata del viaggio dell’eroe, presentandosi come un percorso di formazione spirituale in primis e conseguentemente fisica del giovane Aang, l’ultimo dominatore dell’aria e nuova reincarnazione dell’Avatar, il dominatore di tutti gli elementi e il ponte tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti.
Mentre nel corso delle ultime decadi l’animazione americana ha mostrato una fortissima inclinazione verso approcci grafici sempre più sintetici e particolari e verso una narrazione che punta fortemente al surreale e al demenziale, l’universo narrativo di Avatar – La leggenda di Aang (Avatar The Last Airbender) creato da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko per Nickelodeon, proseguito con il suo sequel La Leggenda di Korra, ha una vocazione più “classica” dal punto di vista grafico e dell’impostazione narrativa, senza per questo essere meno originale o moderno.
La serie animata ha riscosso un enorme successo di critica, mescolando differenti rimandi e sensazioni, dallo stile grafico a quello contenutistico, passando per gli svariati riferimenti concettuali e religiosi, fino all’aspetto coreografico e puramente tecnico. Avatar – The Last Airbender è così un microcosmo popolato da creature affascinanti, personaggi caratterizzati in modo eccezionale, sfondi realistici e colpi di scena intervallati da momenti di pura comicità. È un universo narrativo complesso, sfaccettato, in un equilibrio perfettamente funzionante, che non scivola mai nel citazionismo fine a se stesso e che non suona mai come mera imitazione.
A rendere ancora più evidente quanto la somma di tutte queste parti sia la forza e la bellezza di questa serie animata, arriva il fallimentare film di M. Night Shyamalan. Avendo scelto di sfilare molte delle diverse caratteristiche della serie animata, non ultima quella della leggerezza e dell’ironia di cui è spesso capace, la pellicola risulta pretenziosa e piuttosto fredda, con personaggi molto più monodimensionali di quelli disegnati. E la trama da sola sì, rischia di apparire come un mero rimaneggiamento di cose già viste e mal digerite.
Dalla serie animata sono stati tratti degli adattamenti a fumetti che vanno a coprire lo spazio vuoto lasciato dalla conclusione delle vicende televisive. La trilogia di comics, che si pone come sequel ufficiale delle vicende di Aang e dei suoi compagni è stata disegnata dal team di artisti Gurihiru (l’ultimo volume, Imbalance, da Peter Wartman), mentre è stata sceneggiata dai creatori della serie principale e da Gene Luen Yang, con la successiva introduzione di Faith Erin Hicks. In Italia il primo volume delle graphic novel che racchiude i primi tre capitoli, La promessa, è appena stato edito da Tunué.
La storia si concentra sul destino che interessa le diverse nazioni dopo la fine dell’assoggettamento della Nazione del Fuoco sugli altri popoli, a seguito della salita al trono di Zuko. Quest’ultimo sembra essere in preda ai dubbi e alla paura di diventare l’uomo malvagio e spietato come erano suo padre e gli altri sovrani prima di lui. Nonostante le rassicurazioni di Aang che non crede che il suo amico sia in grado di replicare le barbarie del passato, Zuko si fa promettere dall’Avatar di essere fermato a qualunque costo nel caso lo scoprisse intraprendere quella strada. Lo sconvolto Aang accetta con riluttanza ma anche con la consapevolezza di dover agire in quanto detentore dell’equilibrio del mondo. La politica adottata da Zuko si presenta come rivoluzionaria per la Nazione del Fuoco, abolendo ogni dominio sulle altre nazioni, anche se ciò rischia di minare l’ordine imposto.
La promessa mostra un’evoluzione, seppur limitata e limitante, del carattere di alcuni personaggi e le scelte che la consapevolezza del potere e delle sue conseguenze possono comportare.
I disegni e i colori di Gurihiru – nome sotto cui si celano due autori giapponesi, Chifuyu Sasaki, illustrazioni, e Naoko Kawano, colori – cercano la mimesi con quelli animati, avvicinandosi di molto all’effetto di sfogliare un “anime comics”, uno di quei fumetti realizzati mettendo insieme non nuovi disegni, ma fotogrammi del cartone originale. Non a caso le primissime pagine ripropongono alcuni passaggi della sigla/intro della serie. Ad avvicinare il senso di dinamicità tipico di una serie che, ricordiamolo, è soprattutto un’avventura con molta azione, contribuiscono un montaggio e una composizione delle tavole molto vicini ai canoni del comic book supereroistico, con molte vignette verticali e l’uso frequente di riquadri obliqui anziché i soli rettangoli.
E se il tutto è perfettamente in sintonia con l’effetto “sequel” dell’operazione, fa anche un poco storcere il naso. Il disegno, lo stile e i colori sono curatissimi, ma in questo tentativo di mimesi risultano quasi rifiutare il nuovo media. Pensando agli approcci originali che la serie ha messo in campo anche nell’uso della regia e delle caratteristiche del media originale, l’animazione, suona come una mancata occasione aver scelto di non applicare la stessa filosofia a un medium differente, il fumetto, magari sfruttandone le diverse possibilità, invece di proporre un lavoro, al di fuori dei contenuti, sicuramente dignitoso, ma poco ispirato.
Abbiamo parlato di:
Avatar – La Promessa
Gene Luen Yang, Gurihiru
Traduzione di Annalisa Zignani
249 pagine, cartonato, colori – 16,90 €
ISBN: 9788867904037