L’approdo di Shaun Tan: una favola visionaria di migranti e speranza

L’approdo di Shaun Tan: una favola visionaria di migranti e speranza

L’approdo di Shaun Tan è un libro magico, capace di catapultarci in un viaggio surreale verso una terra promessa ricca di simbolismi e strane creature. Privo di dialoghi o didascalie vive attraverso illustrazioni cinematografiche che testimoniano l’epopea di un uomo alla ricerca di nuove opportunità per la propria famiglia.

Un origami, un piccolo uccellino di carta piegata.
Un orologio che segna le le 10 e 10.
Un cappello, appeso a un chiodo alla parete.
Una pentola con un cucchiaio di legno, ancora sporco di cibo, accanto.
Un disegno di bambina, attaccato al muro con una puntina da disegno.
Una teiera scheggiata, dal cui beccuccio si alza ancora vapore caldo.
Una tazza colma, anch’essa scheggiata; accanto, sul tavolo, i biglietti per una nave.
Una valigia, aperta e piena di panni ben piegati.
Una foto, una famiglia sorridente.

L’approdo  inizia così, con una pagina che già svela un tono malinconico e semplice, privo di artifici; lo stesso che accompagna il protagonista, costretto ad abbandonare moglie e figlia per andare in cerca di fortuna, in un vero e proprio viaggio della speranza. Ad attenderlo al termine di una lunga traversata in nave – splendidamente raccontata attraverso i volti carichi di storie non dette dei passeggeri e dal movimento lento e impercettibile delle nuvole – un paese straniero in cui tutto sembra folle, incomprensibile, alieno piena di scritte illeggibili e oggetti futuristici dall’uso incomprensibile. Una città che si distende a perdita d’occhio, dove tutto appare monumentale, dai palazzi alle immense statue che ritraggono creature mitologiche, e dove i gesti più semplici, come lavarsi o mangiare, sembrano distorti in un bizzarro gioco dell’assurdo. Un paese in cui animaletti incredibili e inquietanti sono i compagni di gioco per bambini e adulti e la lingua è rappresentata da ghirigori e geroglifici senza senso.

Perduto, spaesato e disorientato da questa nuova realtà, il migrante protagonista del libro trova conforto e speranza, oltre che nel ricordo delle proprie donne, nell’umanità cosmopolita che affolla le strade della città: persone che condividono esperienze simili alla sua, che hanno perso tutto o che hanno abbandonato le proprie case perché questo non avvenisse; emigranti come lui, che trasmettono speranza e testimoniano che la vita può continuare, può ripartire in quel paese straniero. Un difficile percorso di integrazione ricco di momenti poetici e buffe esperienze.

Sul finire del volume lo schema della prima pagina si ripete, ma i soggetti appartengono a una nuova vita, a una nuova casa e al senso di abbandono e di miseria iniziale si sostituisce quello di una felice quotidianità. Un finale che suggerisce un andamento ciclico di una storia che non appartiene a un solo uomo, a una sola famiglia, ma a tutti coloro che sono costretti a cercare un nuovo inizio lontano dal proprio paese natale.

Lo stile grafico del volume colpisce fin dal primo impatto: L’approdo è supportato da un impianto narrativo visionario che codifica efficacemente in chiave favolistica il drammatico percorso di vita degli emigranti, infondendo un senso di meraviglia nel lettore e rendendo le tematiche adulte accessibili anche ai bambini.

Le pagine sono avvolte in un completo silenzio, quasi rispettoso nei confronti delle vite disegnate su di esse; eppure da questo silenzio sembra sentire emergere con forza suoni e rumori: l’incedere della nave, la frenesia della città, gli sbuffi di vapore, la cacofonia della fabbrica, il parlato meticcio della varia umanità che popola queste pagine.

Il disegno è ha un impianto fotorealistico, dove non esplicitamente basato su scatti d’epoca, e velato di toni di grigio e ocra, restituendo appunto l’impressione di osservare un vecchio album di foto. Shaun Tan mostra cura particolare per le inquadrature, in un costante esercizio di regia quasi cinematografica, con la virtuale macchia da presa che gira attorno ai personaggi e cambia spesso punto di vista, orchestrando sequenze cariche di emozioni, di significati. Una tecnica che potrebbe apparire fredda o meccanica, ma che invece si dimostra adatta al tono, ai tempi, all’anima del racconto, anche grazie all’inserimento del fantastico, dell’irreale e del grottesco, ritratto con la stessa precisione e accuratezza.

Il merito evidente di questo fumetto è la sua capacità di rivolgersi a lettori di tutte le età, meritandosi pienamente l’etichetta di “favola adulta”, non perché su di un impianto favolistico indirizzato ai bambini sono applicati stili e riferimenti indirizzati anche ai lettori d’età maggiore, ma per il messaggio, le stratificazioni stilistiche e le scelte narrative.
Il tema centrale si presta naturalmente a essere percepito a più livelli: l’abbandono di una situazione nota per una sconosciuta è infatti una situazione che, trasposta, è caratteristica di ogni età e ogni esperienza, sia che si tratti di una nuova scuola, di un nuovo lavoro o di una nuova relazione sentimentale. Non meno importante per l’economia del racconto, e per questa capacità di rivolgersi a un’ampia varietà di lettori, sono la forma e le soluzioni ideate per veicolare il messaggio.

Il nuovo mondo che accoglie il protagonista è immaginifico e fantastico, un contesto quasi magico che appare ideale per stimolare la fantasia dei bambini, con distese immense di palazzi che sembrano creare una foresta incantata, animaletti da compagnia che sembrano usciti dallo zoo di un altro pianeta, oggetti d’uso quotidiano completamente alterati e irriconoscibili che generano situazioni divertenti e curiose. Il lettore adulto è facilmente portato all’immedesimazione con il protagonista, padre di famiglia, e alla comparazione con l’attualità e la società. Infine, non è da sottovalutare l’aspetto grafico scelto dall’autore, quella patina che invecchia le vignette e le fa apparire come vecchie foto ingiallite, oppure un film muto proveniente dall’alba della cinematografia, che sembra fatto apposta per risvegliare i ricordi reali di chi è più avanti con l’età, e certe esperienze le ha vissute sulla pelle o le conosce dai racconti dei propri genitori, parenti, amici.

L’approdo naturalmente porta a riflettere sul tema dell’immigrazione, sull’immagine che viene restituita dalla società o dall’informazione, attraverso il punto di vista dell’emigrante, colui che in Italia un tempo, neanche troppo remoto, era il meridionale mentre oggi è l’extracomunitario o il rom.
L’approdo non è certo il primo né l’ultimo fumetto a sensibilizzare su questo fenomeno, né l’unico a cercare di avvicinare il lettore al punto di vista del migrante. Se solitamente questo processo avviene in maniera “forzata”, costringendo il lettore a immedesimarsi in una persona con un bagaglio culturale, economico o religioso differente dal proprio, ne L’approdo questa chiave narrativa viene ribaltata: il protagonista, l’emigrante, non è più l’altro, non è diverso da noi, non si percepisce come uno straniero, ma potrebbe essere proprio il lettore, perché proveniente da una città come la sua, veste come lui ed è attorniato di elementi a lui familiari, mentre il mondo che va a scoprire è effettivamente nuovo e incomprensibile sia per chi è protagonista della vicenda raccontata sia per chi la sta leggendo.

Sono molte le peculiarità di questo volume, che lo hanno portato a raccogliere consensi e interesse in tutto il mondo, dal premio Fauve D’Or ad Angouléme all’elezione del libro dell’anno 2007 per il New York Times.

Abbiamo parlato di:
L’approdo
Shaun Tan
Traduzione di
Tunué, 2016
124 pagine, cartonato, colori – 24,90 €
ISBN:

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