Anubi allo SPINE Temporary Small Press Bookstore di Bari

Anubi allo SPINE Temporary Small Press Bookstore di Bari

SPINE Temporary Small Press Bookstore a Bari chiude le sue presentazioni con Anubi, pubblicato da Simone Angelini e Marco Taddei per GRRRz Comic Artbooks.

L’esperienza dello SPINE Temporary Small Press Bookstore – aperto in Piazza Mercantile a Bari dal 6 dicembre al 5 gennaio – si è conclusa con la presentazione di quello che in molti hanno definito “il fumetto dell’anno”, almeno stando al risultato delle votazioni della XL Top Fumetti 2015, che ha visto trionfare Anubi su una selezione di quindici titoli in gara.

Anubi_SPINE_foto 1

Scritto da Marco Taddei e disegnato da Simone Angelini, entrambi abruzzesi, e pubblicato per GRRRz Comic Artbooks, di Anubi si è ampiamente parlato durante un’affollata presentazione che ha visto i due autori districarsi fra domande strettamente inerenti al loro lavoro e altre incentrate sui temi più spinosi affrontati nel volume.

Si è cominciato con una spiegazione sulla genesi del fumetto e successivamente sul perché sia stato scelto proprio il dio sciacallo Anubi come protagonista di questa storia.

Anubi_dio caneSimone Angelini ha spiegato che «il personaggio è nato durante una fiera a Roma, dove ci presentavamo con un esperimento di scrittura e disegno estemporanei, realizzato nella maniera più spartana possibile, su foglietti  minuscoli di carta dove Marco scriveva a macchina brevissimi racconti di una o due righe, mentre io li illustravo sul momento. Da una frase di Marco, che era “Anubi era molto felice di essere il dio cane”, ho disegnato questo cane nero, con l’occhio sellato e legato a una catena, un cane con una fisionomia molto più vicina a quella di uno sciacallo rispetto a come lo vedete oggi. Abbiamo notato che questo foglio veniva puntualmente “rubato” ogni volta che lo andavamo a ridisegnare, e abbiamo pensato di poter puntare su questo personaggio, sulla sue fattezze e sulla sua intrinseca blasfemia. Da quel punto Marco si è messo a tavolino a scrivere».

«Una  volta trovato il personaggio abbiamo facilmente approfondito tutto quello che c’era da approfondire», ha proseguito Marco Taddei. «Siamo stati fortunati perché eravamo in una specie di stato di grazia, per cui abbiamo delineato il protagonista e tutto il parterre di personaggi nel giro di una o due nottate. La storia e i personaggi sono usciti da sé come in un grande flusso. E così questo libro tanto voluminoso ospita una fauna ricchissima, perché per noi era importante creare una specie di habitat in cui inserire il piccolo Anubi scorticato vivo da questi personaggi che gli ruotano attorno».

Anubi_SPINE_Foto 2

È stato a questo punto interessante esaminare nel dettaglio la copertina del volume, che appare come una sorta di appendice o se vogliamo di legenda del fumetto, dato che sia nei rivolti, che nel verso troviamo quasi tutti i personaggi presenti nella storia. Aperte le alette e mostrata in tutta la sua estensione al pubblico, Taddei ha dedicato alcuni minuti a ciascuna figura in essa presente: «La copertina stessa ricrea una specie di piccolo paesaggio urbano, in cui vediamo Anubi uscire dal bar come se uscisse dal libro e si presentasse al lettore dallo scaffale di una libreria, mentre sul retro c’è un siparietto di personaggi che riassume più o meno tutti quelli che emergono nel corso della storia. Sono gli abitanti di un paese normalissimo, claustrofobico e chiuso tra le acque vive del mare e quelle morte della diga, dal quale emergono delle venature di follia».

«La città di Anubi è, tra l’altro, l’unione delle nostre città di provenienza, Vasto e Pescara», ha precisato Angelini. «In Anubi la parte storica della città – quella dei vicoli, della casa del protagonista, il convento delle suore, il bar – è ripresa da alcune zone specifiche di Vasto».

Anubi_coverAl perché sia stato scelto proprio il dio sciacallo del pantheon egizio come protagonista di questo libro, ha risposto Taddei: «Anubi è un romanzo sulla sconfitta. Però abbiamo pensato che dovesse essere un romanzo epocale sulla sconfitta. E allora abbiamo ragionato sul fatto che per un essere umano non c’è niente di più umiliante del fallimento, ma per un dio come Anubi la sconfitta dev’essere qualcosa che cuoce, qualcosa che lo fa entrare in contatto con gli uomini. E siccome il nostro doveva essere un libro delirante, doloroso e tagliente sulla sconfitta, sulla perdita, sul cadere e non rialzarsi, abbiamo deciso di trovare un elemento che era stato all’apice e che adesso era in basso, in modo tragico. Per questo abbiamo scelto una divinità e abbiamo giocato sul fatto che Anubi fosse un dio sciacallo… Forse ci stuzzicava l’idea di indurre tutti a pronunciare e scrivere una bestemmia!».

È stato fatto rilevare agli autori che, per via dei chiari riferimenti alla loro sfera personale ed esperienziale, alcuni critici hanno paragonato Anubi allo Zanardi di Andrea Pazienza, e gli si è domandato come abbiano reagito a un simile paragone. «Prendiamo il paragone come una lusinga, una carezza bella dolce che ci fa piacere», ha detto Taddei. «Come ogni fumettista, immagino anche noi abbiamo come punto di riferimento Pazienza e le ispirazioni bolognesi di quel tempo. Come macro-temi forse ci siamo vicini, lo spirito di Anubi è però diverso: è meno spigoloso di Zanardi e Gli ultimi giorni di Pompeo, e ha una bella dose di humour nero. È più grottesco e quindi abbordabile in modo diverso rispetto alle storie di zanardiana memoria».

Anubi_personaggi

Sempre a proposito dei riferimenti alla realtà quotidiana degli autori, Taddei ha aggiunto che tutti i personaggi presenti nel libro – un volume corposo, corale, in cui tutti sono protagonisti e pochi sono definibili come semplici comprimari – esistono o sono realmente esistiti. Da Burroughs, che è stato uno scrittore e notissimo esponente della Beat Generation, al clown nazista, dalle suore ai tossichetti, da Travis all’uomo col cancro in faccia che si è scoperto essere una sorta di trauma infantile per l’autore.

Con un inciso sulle tre suore, Angelini ha fatto notare che «sono state rappresentate come dei corvacci, che con questi lunghi becchi ricordano il muso di Anubi e a lui sono in un certo senso imparentate esteticamente. Sembrano quasi il suo negativo: hanno il volto bianco e l’abito nero, mentre Anubi è completamente nero e indossa una maglietta bianca». E ha poi proseguito sempre in riferimento agli elementi autobiografici del libro e a come hanno lavorato insieme sulla storia: «La forza di Anubi è la parte scritta da Marco, che ci ha messo dentro tutto il suo trascorso. Però una cosa che gli ha dato ancora più spessore è il fatto che non mi abbia mai spiegato determinati aspetti della sceneggiatura, e questo mi ha permesso di rielaborare il mio vissuto e di trasformare il fumetto in qualcosa di più ricco. E forse questo permette a chi lo legge di avere una personale chiave di interpretazione all’interno delle pagine del romanzo».

Anubi_Campari«Riflettevo su questo pensando alla parte di Anubi dedicata al Natale, in cui il protagonista si trova in casa con i suoi genitori e trova sotto l’albero un regalo con un bigliettino dove c’è scritto “per Filippo”», ha continuato. «Ripensandoci, da quel punto in poi ho raccontato la storia come se questo Filippo fosse Anubi, mentre poi Marco mi ha spiegato he Filippo non ha un’identità precisa, ma non è di sicuro Anubi. Come è avvenuto in questo caso, successivamente non ci siamo spiegati altri particolari del racconto e questo forse ci ha dato la possibilità di svilupparlo in modo più corposo».

Entrambi gli autori hanno poi spiegato nel dettaglio come è avvenuta la suddivisione dei compiti durante la lavorazione del fumetto.

«Tra di noi c’è stata una specie di ping pong, ma prima di questo c’è stata la fase di scrittura, che è un passaggio abbastanza complesso e strano perché non ha vere e proprie regole. È una specie di mescola tra la continua attenzione a ciò che devi scrivere, un continuo pensiero a risolvere certi enigmi della sceneggiatura, certi nodi che non tornano», ha detto Marco Taddei.

Anubi_Horus«Però c’è un momento in cui ti rendi conto che il testo è terminato e hai una specie di fulminazione: la storia è finita e si può iniziare a lavorare a tutto il resto. Ciò non vuol dire che ciò che è stato scritto fino a quel momento è intoccabile, anzi! Simone sa bene che quando ci si appresta a tradurre il testo in immagini ci si trova davanti a una serie di concrete problematiche inimmaginabili prima. In quel momento si passa a un adattamento fra testo e disegni: aggiungere o eliminare vignette, battute, cambiare scene, spostare un troncone da una parte all’altra, alleggerire una scena, approfondire un punto, dare o togliere spazio a un personaggio, flippare un’immagine (questa è una cosa che cambia moltissimo sul piano dell’impatto e della sensazione che una tavola trasmette), eliminare o inserire elementi, switchare le vignette… Sono tutte cose che arrivano dopo, mentre la fase di scrittura è sempre un po’ prometeica, magmatica, sempre pronta a essere ripresa. Ad esempio, quando abbiamo iniziato a lavorarci due anni fa, Anubi contava molte più pagine delle 320 attuali, e aveva molti più personaggi e situazioni ancora più bizzarre al suo interno. Poi abbiamo capito qual era la vera anima di questo libro, e pian piano il personaggio di Anubi è emerso e con lui tutto l’habitat in cui a sua volta è immerso. È stato un processo assolutamente naturale».

«Anubi ha avuto una gestazione molto particolare», ha proseguito Simone Angelini. «Abbiamo iniziato a pensarci dopo la pubblicazione di Storie brevi senza pietà e abbiamo sospeso il lavoro per scrivere Altre storie brevi senza pietà, per poi riprenderlo dopo quasi un anno. Questo è forse stato necessario perché Marco ed io abbiamo potuto, attraverso Storie brevi, trovare la forma giusta per coniugare il suo modo di raccontare e il mio di disegnare. Quindi forse ci è servito anche fermarci e ritornarci dopo un anno e rielaborarlo dopo così tanto tempo».

Anubi_2

Per quanto Anubi sia un fumetto allegorico della società e dei mali che la affliggono, e per questo intriso di grande ironia e divertimento, affronta dei temi a tratti ostici da comprendere ma anche fortemente attuali, come quello della religione. In proposito Taddei ha commentato: «È una cosa che ci hanno fatto notare in tanti. Personalmente non mi pongo il problema della religione e non ho niente contro la religione, anche se tutto il fumetto è una specie una piccola bestemmia camminante. Posso solo sperare che si trovi una dimensione umana all’interno di questa sfera d’interesse. Anubi è una divinità ancestrale più che pagana, che viene messa in primo piano, per strada, e in questo dio che si fa stradaiolo molti ci hanno visto una similitudine squinternata con Gesù. Certo, tra i personaggi del fumetto ci sono le già citate tre suore sadiche e spietate, e questo ha creato non pochi scompensi ad alcuni benpensanti…»

In Anubi il tema della critica alla religione non è tuttavia così marcato come si potrebbe pensare. Anzi, quando nel finale si assiste allo sprofondare della città su se stessa dopo che Anubi – sulla cui schiena la città era cresciuta – l’ha lasciata, cacciato dai suoi abitanti, si avverte la necessità dell’uomo di rimanere legato alla propria dimensione mistica nonostante la forte spinta alla laicizzazione. Sembra quasi che l’uomo non sopravviva a se stesso senza una divinità a cui aggrapparsi a contro cui scagliarsi nei momenti di difficoltà.

Anubi_tav 5Inoltre è evidente il riferimento cristologico che avvicina Anubi alla figura di Gesù nel momento in cui i loro percorsi appaiono come l’uno l’inverso dell’altro. Anubi, quando in cui il suo culto viene meno, e in un certo qual modo muore, inizia sulla Terra il proprio percorso di espiazione scendendo sempre più in basso nella scala sociale, mentre Cristo con la morte e la resurrezione torna alla dimensione divina.

Alla luce di tali osservazioni, Marco Taddei ha precisato: «Il fatto che Anubi sia completamente inerme e si difenda dalla realtà solo con la t-shirt bianca, leggerissima, che indossa è la parte più importante del libro. Che sia metafora di qualcosa non è così fondamentale, né noi abbiamo voglia di definire chi sia Anubi in realtà, cosa simboleggi, a quali riferimenti filosofici o religiosi attinga. La vera metafora è che Anubi è uno di noi, ci rappresenta nel momento in cui prima di scontrarci con la realtà ci sentiamo degli dei in grado di padroneggiare la nostra vita e il nostro futuro, salvo poi scontrarci con il reale e veder venire meno i nostri progetti e frustrate le nostre potenzialità. In quel momento il dio diventa un uomo che non può far altro che spaccarsi la schiena per tirare avanti».

Anubi_MikiA Simone Angelini è poi stata rivolta una domanda più specificatamente relativa ai suoi disegni. La tridimensionalità dei personaggi e della città, rispetto alla bidimensionalità di Anubi e la gabbia rigida in cui sono divise le tavole accentuano la sensazione di prigionia entro cui il protagonista si muove. Gli è stato quindi domandato con quale criterio abbia applicato queste regole ai disegni. «Quando abbiamo iniziato a pensare ad Anubi è ho disegnato le prime tavole, avevo da poco visitato la mostra di Jason, che quell’anno era ospite al BilBOlBul. Era un autore he seguivo, ma da quella mostra – fatta da grandissimi ambienti bianchi con pochi oggetti posati sul pavimento che si riferivano alle storie presenti nei libri – ho tratto spunto, ispirandomi a quella sensazione di disperazione data dal vuoto, che però era raccontata con un tratto più morbido e vicino al cartone animato», ha detto l’autore. «Forse da quel momento è nata la voglia di usare in Anubi un tratto più pulito. Poi ne ho parlato con Marco e ho capito che forse era meglio dare una struttura più ossea al racconto rispetto alle prime tavole che erano molto più dense e ricche di dettagli. La tavola schematica con una gabbia rigida l’abbiamo ereditata da Storie brevi e Altre storie brevi, ed è un po’ il mio modo di fare fumetto. Credo che a oggi sia il solo modo in cui voglio e riesco a fare fumetto».

Ha poi proseguito: «In Anubi la gabbia così schematica è effettivamente pensata per dare la sensazione del personaggio chiuso nella città senza possibilità di fuga, ma è anche fatta per dettare il ritmo della narrazione. Il nostro intento era creare sì un fumetto corposo, carico nei testi e ricco di riferimenti e citazioni, ma anche facilmente leggibile. Tramite la gabbia volevamo avvicinarci alla stessa fruibilità data dall’animazione, quindi una successione di vignette che in alcuni casi sono ripetute nella pagina, per creare una certa atmosfera. Ma la gabbia ci ha permesso anche di sfruttare questa rigidità nel modo opposto, e io anziché sentirmi a mia volta prigioniero, mi sono sentito molto libero nel disegno. Poi, in certe tavole, la gabbia viene anche aperta per assecondare particolari passaggi narrativi».

Anubi_tav 2

A conclusione della lunga presentazione, è stata rivolta un’ultima domanda a cui con grande ironia ha risposto Taddei: se Anubi si presentasse a casa vostra, scrivereste sui muri “Anubi vattene!” o gli offrireste un Campari?

«Dipende da quanto si trattiene: al terzo giorno… il dio cane puzza!»

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *