Ad inaugurare la nuova veste di Schizzo Presenta, del Centro Fumetto “Andrea Pazienza” troviamo Davide Reviati, ed il suo Drug Lion.
Puoi farci un breve sunto di “Vita Morte e Miracoli di Davide Reviati?”
Sono nato a Ravenna, dove ancora abito e sopravvivo, ma ho origini emiliane, parmensi precisamente.
Ho sempre disegnato, sin da piccolo riempivo di storielle tutti i quaderni a quadretti (i miei preferiti) della mamma, facendola inferocire… Poi, quando alla maturità ho strappato il diploma di perito elettrotecnico grazie alla caricatura fatta alla commissione d’esame, è stato chiaro che sarei finito a fare altro che non impianti elettrici…Ho studiato, o meglio ho frequentato… no, manco questa, sì insomma mi sono iscritto all’Accademia di Belle Artiche ho mollato dopo un anno per il c.f.p. Albe Steiner. Finiti gli studi vi sono rientrato ad insegnare tecnica del fumetto e dell’illustrazione.
Lì è cominciato tutto: ho conosciuto altri disegnatori, scrittori, registi coi quali ho fondato il gruppo VACA (vari cervelli associati).Insieme abbiamo realizzato molte cose: pubblicazioni, mostre, eventi, convegni, lungometraggi…
In quegli anni esce il mio primo libro illustrato: l’hospidale dé pazzi incurabili (Essegi) di Thomaso Garzoni, ristampa anastatica dell’edizione del 1589. Da allora ho continuato a lavorar (senza fanatismo, per carità): fumetti, illustrazioni e pittura, antiquo amo’r. Tra le altre è stata importante la collaborazione con Francesco Coniglio e la rivista Blue, fino alla pubblicazione di Drug Lion~i sogni e le stelle (Mare Nero e Vaca) nel 2002, che raccoglie una ventina di storie del leone bohemién creato nel ’93.Mi sembra un Bignami esaustivo e pure un poco pedante.Sotto con la prossima.
Drug Lion ci viene presentato come il tuo “alter-ego”. È così? Quanto di Davide Reviati c’é nel personaggio?
Molto, naturalmente. Come in Agfa, l’aquila nera, altro protagonista delle storie leonine.
In Drug c’é forse l’incanto, l’ingenuità, l’ostinazione ideologica e ideale della giovinezza, l’infantilismo, la fanciullezza protratta troppo a lungo con testardaggine e falsa coscienza…
Agfa è l’opposto: incarna il cinismo. Disincantato e allergico ad ogni ombra retorica, non è prigioniero di sé o di nient’altro che non gli procuri piacere: è la libertà.
In lui, in definitiva, c’é il coraggio delle azioni, non solo: in Agfa c’é la cattiveria… così come in Larry, l’umido batrace, c’é tutta la mia scintillante stupidità.
Insomma da una parte i sogni e le illusioni, con la loro carica eversiva e utopistica, dall’altra la lucida coscienza, amara e spietata, del mondo e della realtà. Il tutto non senza incrinature, ovviamente…
Da dove nascono le storie che racconti?Dovrei dirti che nascono dall’osservazione della realtà, dalle esperienze e dalla fantasia, ma non è così. Credo davvero che tutto nasca dalla mia colite spastica e dalla mia ipocondria cronica. Che poi tutto ciò sia il frutto del rapporto con la madre, questi sono altri cazzi, come si dice a Cambridge: del complesso di Edipo ne parleremo n’ata vota…
Il tuo tratto sembra nascere dall’incontro di diversi stili, la linea sottile e ricca, capace di assumere un tratto classico, così come di donare un aspetto più particolare e bizzarro alle tavole.Chi sono i tuoi ispiratori per il disegno?
Che bella questa dimanda, mi piace un sacco quando si arriva a questo punto. Ora comincio a dire e potrei non smettere più: dovrei quotidianamente aggiornare questo elenco per non dimenticare qualcuno.
Picasso su tutti. La freschezza del suo più sbadato scarabocchio, la libertà assoluta e il veemente erotismo che trasudano da ogni segno: Picasso è l’avventura, và-mo’-là.
Un altro giorno parleremo di Lorenzo Lotto e Raffaello, di El Greco e Goya, poi di grandi illustratori come Sergio Tofano, Duilio Cambellotti e Giuseppe Porcheddu, Piero Bernardini e Filiberto Scarpelli, Rackham, Steinberg e via così.
Ma non ti ho ancora detto del più grande disegnatore di fumetti western che ha segnato la mia adolescenza: Gino D’Antonio. Ho quasi finito, ma devo almeno citare Segar e Herriman, Feininger e Cliff Sterret, Taliaferro e Gottfreddson. Il loro segno, come quello di Jacovitti, mi ha influenzato per la claustrofobica teatralità della messa in scena. Un’ultima parola per il Bosch moderno: Carlos Nine.
Emmo’ aggio finite, per oggi…
Mi stupisce quasi non aver trovato tra gli artisti citati un “certo” Pazienza, non tanto peril tratto che è troppo personale per assomigliare a qualcuno, quanto per la voglia di libertà nel disegno e nelle storie. La stessa sensazione di saper rompere i confini della vignetta…
Chettidicevo? Avrei bisogno di aggiornare l’elenco quotidianamente, ché la memoria comincia a vacillar e si corre il rischio di tralasciar nomi o numi importanti come il grande Paz, ma non solo: dove avevo la testa per non dirti nulla di Munch o di Kokoschka ma anche Giuseppe Novello? E non farmi pensar a chi sto obliando anche ora…E comunque, come sai, l’editore di “a” si abla “Centro Fumetto A. Pazienza”e credimi se ti dico che tutto ciò stuzzica in modo malizioso il mio orgoglio di leone.
Che progetti hai per il futuro? Ci saranno altre collaborazioni per il Centro?
Credo che dopo quest’esperienza fatta assieme, Michele Ginevra ne avrà abbastanza di me, almeno per un po’… Se ne riparlerà quando si sarà riavuto dagli incubi notturni sulle mie apparizioni improvvise…Spero si riprenda alla svelta ché ho già da proporgli qualcos’altro, ma non diciamoglielo subito, mi raccomando.
Intanto sto preparando altre storie, feline e non, tra le quali una in particolare mi sta prendendo parecchio, ma non vorrei parlarne troppo: per non annoiare in primis, poi per non bruciare quella tensione ispirativa così fragile e indispensabile alla genesi di ogni lavoro: le parole sono importanti e pericolose… e io non sono Roland Barthes.
Posso dirti di Bambini, azione di teatro, pittura e luce, che ho creato con Elena Bucci, attrice e regista del progetto e Claudio Ballestracci, artista e scenografo. Abbiamo debuttato l’estate scorsa al 33 festival Santarcangelo dei Teatri, dove è andata molto bene: uno straordinario riscontro di pubblico ci ha convinti a portare avanti la cosa. Ci sono già in previsione delle repliche in giro per l’Italia (non troppo lontano, spero: sono un essere stanziale).
Insomma: pittura e storie a fumetti, sono un abitudinario.
Buone abitudini, direi…