“Sono in balia della feccia del pianeta, della peggio gente, e passo tra di loro la maggior parte del mio tempo, dò relazione alle merde, permetto a chiunque di importunarmi, basta che abbia la roba… e un tempo, ero così schizzinoso…”
(Pompeo)
Pompeo è una cronaca di una morte annunciata: quella del suo autore.
Bello, fragile, geniale, artista dal talento illimitato e narratore di un’intera generazione, Andrea Pazienza fu soprattutto un autore vero, che si raccontava con una naturalezza disarmante e che riusciva a catturare l’essenza del periodo in cui viveva; ma era anche un uomo tormentato, schiavo di un male che avrebbe posto la parola fine alla sua vita a soli 32 anni. Troppo presto, soprattuto se pensiamo alla sua vasta produzione artistica che, oltre ai fumetti, comprende illustrazioni, disegni pubblicitari, cover di dischi, collaborazioni a sceneggiature cinematografiche e quant’altro ha contribuito a farne un artista di culto amatissimo da tutti. Fermatevi a riflettere su cosa avrebbe potuto fare un simile talento se la sua sua vita non avesse avuto così breve durata; ma alla fine il giovane autore pugliese ci ha lasciato davvero tanto, e quello che possiamo fare e solo stupirci di fronte a tanta grazia artistica.
Pompeo (vero e proprio alter ego di Andrea Pazienza) è un diario che il suo autore condivide col pubblico; nelle sue pagine è narrata la sua disperazione, la sua angoscia, il suo fallimento di uomo immerso in un triste stato d’animo, avvolto in un girone infernale che sembra non avere uscita, se non nella droga: la rincorsa ossessiva della dose rappresenta per quest’uomo l’unico modo per non pensare al suo passato e l’unico modo di sopravvivere al presente. Un presente oscuro, in cui Pompeo si muove come un’ombra in mezzo all’oscurità accentuata da Andrea Pazienza con un tratto tormentato; i neri netti si alternano a quelli realizzati con un pennarello quasi scarico, la figura di Pompeo viene delineata talvolta con un tratto pulito, quasi elegante, talvolta con una serie di fitti tratti che sembrano sporcare volutamente l’anima del protagonista, rendendo il racconto un’odissea densa d’inquietudine.
Un’inquietudine che è facile immaginare; un racconto che va avanti senza un canovaccio preciso e che si delinea artisticamente su fogli di carta arrangiati (carta da fotocopia, album di scuola a quadretti) come a sottolineare maggiormente il malessere del suo autore che attraverso Pompeo si confida con il suo pubblico, lo rende partecipe del suo umore, del suo fallimento, che si contrappone a una voglia di riscatto in cui non sembra credere nemmeno lui. E nel farlo, Pazienza riduce al minimo i dialoghi e abbonda in pensieri che nascono direttamente dal suo inconscio; frasi che sembrano non avere un senso, a volte del tutto slegate dal racconto. Ma Pompeo non è un semplice racconto, non è una semplice autobiografia, non è una cronologia dei fatti; Pompeo è un’opera che riesce a tirar fuori tutte le potenzialità espressive del fumetto e ad esprimere la carica emotiva, narrativa e artistica di un autore che non disegnava semplicemente storie ma che raccontava la vita (spesso la sua vita) con un’istintività disarmante, cogliendone l’essenza bella e oscura, raccontando con naturalezza l’amore e la morte, con quella geniale ironia che l’ha sempre contraddistinto.
“Così finisce l’ultima puntata di Pompeo e, presumo, anche un lungo capitolo della mia vita… In questi anni ho scoperto di non essere un genio. Perché sì, lo confesso, da ragazzo ci speravo. Invece no, sono un fesso qualsiasi. Però, c’é sempre un però, é vero, sono un disegnatore eclettico. Un disegnatore ecletto-sfaticato. Poi ho scoperto di non essere attendibile, e di non essere tante altre cose…”
Scriveva Andrea Pazienza nella pagina successiva all’ultima tavola di Pompeo.
Falsa modestia: credo che il buon Paz sapesse di essere un genio. Non si può realizzare un’opera come Pompeo senza esserlo.
Curiosità
Pompeo fu realizzato in gran parte e volutamente su fogli quadrettati, tanto che lo stesso Pazienza chiese all’editore di non togliere righe e quadretti in fase di stampa.
Nell’opera Pazienza racconta la sua esperienza come insegnante alla scuola di fumetto e arti grafiche Zio Feininger nel 1983, in cui insegnò al fianco di altri grandi colleghi come Magnus, Lorenzo Mattotti e Silvio Cadelo.
Pazienza aveva 31 anni quando portò a termine l’opera.
Edizione consigliata
Ottima edizione: cartonata, ottima stampa su carta di qualità e con qualche studio in appendice al volume. Introduzione di Vincenzo Mollica, postfazioni di Marina Comandini (moglie di Pazienza) e Moreno Miorelli
Altre edizioni
Tutte valide le altre edizioni: a cominciare dall’edizione critica di Baldini Castoldi & Dalai realizzata nel 2000, fino a quella più recente del 2020 a opera della Coconino-Fandango Libri, uscita con il titolo Gli ultimi giorni di Pompeo.
L’opera può essere anche recuperata nell’edizione brossurata realizzata dagli Editori del Grifo nella collana La Nuova Mongolfiera negli anni ‘80.