

Mi trovavo ad Amburgo, in Erasmus, dopo due anni di studi a Bologna. Sandro nasce come lavoro conclusivo dei miei studi lì. Questa prima versione era stata realizzata in cinque mesi, e si intitolava “Il 26esimo compleanno della tua vita” (tracce di questo titolo si possono trovare anche nel fumetto).
Adesso hai più di 26 anni. Ha significato qualcosa il “26esimo compleanno”, per te?
In realtà no. All’epoca ero ossessionata dal “tempo che passa”. Questo evento lo vedevo come un momento di passaggio importante. Ma è passato e non c’è stata nessuna svolta. Così come non c’è stata a 27… 28 anni… ma forse ai 30…
Sono passati parecchi anni dal tuo diploma, “Sandro” vede la luce solo ora. Come mai?
Dopo il diploma ci sono stati alcuni avvenimenti un po’, come dire, “demotivanti”. Prima che accettassero di pubblicare Sandro ho fatto altre cose, sia dal punto di vista lavorativo che introspettivo. Ho pubblicato in diverse antologie, anche in Italia, tipo Work, di Delebile e altre autoproduzioni.
Hai pubblicato anche in Germania?
Sì, ho portato avanti diversi progetti, come ad esempio un lavoro che ho realizzato al termine di un workshop a Berlino, “Unsere treuen Askaris“. Tratta di soldati coloniali d’inizio Novecento e per realizzarlo avevo dunque urgenze e esigenze narrative diverse dal solito; un argomento molto delicato, di cui non sapevo praticamente nulla. Ho iniziato guardando e copiando delle foto di Walther Dobbertin, un fotografo tedesco. Cose impressionanti. Alcune, palesemente costruite. E’ stato un po’ strano, perché ho ricevuto apprezzamenti per questo lavoro e anche un’altra proposta. Veramente strano perché non è affatto il mio stile.

Sì, ho provato anche a proporlo ad Amburgo, ma non li ho convinti. Il testo non era abbastanza maturo. Ma ci riproverò, il discorso con la Germania resta “aperto”.
Il tuo stile, in Sandro, un po’ risente di alcuni stilemi tipicamente tedeschi, e anche i paesaggi sembrano molto teutonici l’avevi notato?
Sì, lo dicevamo anche all’incontro. Forse l’uso della matita è influenzato dai corsi di Anke Feuchtenberger ad Amburgo, lei usa molto la matita. I paesaggi… in realtà non l’avevo notato. Però è vero, i caseggiati, gli alberi in effetti, è simile a dove abito. Ci sono ancora delle scritte in tedesco, che non abbiamo tolto.
Parlando di spazi, l’attenzione è parecchia: gli interni sono curatissimi e molto realistici.
Molti degli oggetti che ho messo sono cose che ho, sono cose mie. Questo è il mio bagno ad Amburgo (mi mostra una vignetta). E anche l’immagine del cane con il cappellino e la torta è un’immagine che ho trovato (mi mostra la foto del cane col cappellino).
Cosa pensi ti abbia più influenzato di più la “scuola tedesca”?
Credo che i corsi di Anke Feuchtenberger mi abbiano insegnato a pormi delle domande quasi da psicanalisi e ad approfondire sempre. Sono molto introspettivi. Lei ha uno stile cupo, usa molto la matita.

Li ho contattati io e sono rimasti estremamente entusiasti. Sembrava quasi come se non aspettassero altro che ricevere un lavoro come il mio.
Durante l’incontro di presentazione svoltosi al Napoli Comicon, Gabriele Munafò (Eris Edizioni) ha dichiarato che alla Eris si sono subito innamorati: “una visione forte, unica e intimista. Un modo di sondare la realtà sempre teso verso l’onirico e il surreale”.
Sì, è rimasto comunque un lato “onirico”, ma in realtà la versione originale, quella di 5 anni fa, era molto più incomprensibile. Con gli editori ho lavorato molto per rendere il testo meno ambiguo, più chiaro (avevo già iniziato con Canicola), e mi rendo contro che questa è la strada giusta, quella che voglio percorrere anche in futuro.
Sandro è un progetto in cui hai sempre creduto. Cosa provi ora che è pubblicato?
Gioia. Quando ho ricevuto la comunicazione dalla Eris ho fatto letteralmente i salti di gioia. Adesso mi sento autorizzata ad andare avanti.
Autorizzata, addirittura?
Sì. Nel fumetto investi spesso tanto tempo e guadagni poco. E’ una questione di passione e fiducia, e su quest’ultima c’è sempre da lavorare.

In realtà l’avevo già disegnato ad Amburgo. Non era ancora “Sandro” però era comunque una “presenza sbagliata”. All’inizio il protagonista sospetta che questo Mickey Mouse sia lì a fargli dispetti, ma poi si scopre che è solo un po’ goffo e il obiettivo era quello di fare cose carine.
Già aveva in sé qualcosa del “Sandro” che conosciamo tra le pagine del fumetto. Un personaggio naif, ma a tratti un po’ inquietante.
Un Mickey Mouse cicciotto. Un dispensatore d’affetto, ma ingombrante e possessivo.
Nella storia, troviamo parecchi personaggi strani, buffi, ma anche sinistri ed onirici.
Sì, i personaggi “integrati”. Volevo inserire le scene “oniriche” e ho creato questi personaggi. Mi sono ispirata un po’ a David OReally. Ho guardato The External World. Non che i miei personaggi somiglino molto ai suoi, però è stato sicuramente fonte d’ispirazione.
Ci sono toni cupi, atmosfere oniriche e surreali, ma anche molta ironia, in questo tuo “Sandro”.
L’ironia è fondamentale. La vita è una cosa tragica, ma ci deve essere un’ironia di fondo per sopravvivere.
Il finale. Hai detto alcune cose, durante l’incontro, molto interessanti. Come ad esempio che nel finale è
Non è un finale forte, me ne rendo conto. Però appunto, è come io la vedo. Non è che non c’è soluzione, non c’è una soluzione diretta. Non trovo necessario che ci sia un finale chiaro, perché è così nella vita.
Domande di rito: che stai facendo ora che Sandro è “pubblico”? Che progetti di fare?
Sento in effetti il vuoto e cerco un progetto nuovo. Ultimamente mi sono occupata di animazioni, gif. Vorrei occuparmi principalmente d’illustrazione, ma è difficile mettere su un portfolio.
Ok abbiamo finito, grazie mille della disponibilità e complimenti.
Grazie a voi.


