Il Castello delle stelle creato da Alex Alice è un luogo confortevole e comodo per gli amanti dell’avventura che riescano a proiettarsi in un mondo di energie e aspirazioni adolescenziali.
L’intreccio prende le mosse nella Francia del 1868 (nel mondo reale saremmo alla vigilia della guerra franco prussiana che determinerà la caduta di Napoleone III) e si dipana fra città, cielo, monti e spazio; fra laboratori, castelli, stazioni ferroviarie, mongolfiere e veicoli spaziali. La congerie di ambienti rende naturale la commistione di art-noveau e paesaggismo ottocentesco che riempie le pagine e che l’autore francese rende viva e delicata con un tratto morbido e un cromatismo delicato realizzato ad acquarello, che arricchisce le immagini di innumerabili sfumature.
Ci si sente a casa, scorrendo le tavole del racconto: i volti e i corpi che la popolano, gli oggetti, le azioni e le situazioni hanno il sapore di ricordi, al punto che la sensazione dominante è quella di un ritorno.
Più precisamente, leggere Il castello delle stelle è stato come attraversare senza fretta un territorio già visitato, tornare in un luogo amato senza l’ansia di rischiare di perdersi dettagli o momenti importanti. L’esperienza risultante è un ibrido fra prima e seconda lettura: rassicurati dal capitolo iniziale, ci abbandoniamo al flusso del racconto prendendoci il lusso della lentezza, che spesso ci neghiamo al primo approccio spinti dal desiderio di scoprire che cosa sta per accadere.
Alice asseconda questa sorta di “lettura morbida” prendendoci per mano, circuendo il nostro sguardo con un pittoricismo e una precisione di dettaglio che ci attraggono verso il cuore dell’avventura fin dalla prima tavola. Si badi bene che non parliamo di realismo o naturalismo, al contrario: siamo di fronte alla resa visuale precisa di un immaginario specifico, peraltro dichiarato a grandi lettere sulla stessa quarta di copertina: Jules Verne, Hayao Miyazaki e, aggiungiamo, soprattutto Hideaki Anno, che già realizzò un ibrido virtuoso e appassionante fra i temi e gli stili dei due autori nell’anime Nadia – Il mistero della pietra azzurra.
Vale la pena notare che, come i due maestri nipponici, anche Alice dà un ruolo particolarmente importante alle figure femminili: tutto parte infatti dalle ricerche sull’etere di Claire, dai cui sviluppi verrà realizzato un motore capace di muovere aeromobili nello spazio. A progettare il velivolo (Fig. 2) su commissione dell’Imperatore Ludwig è suo marito Archibald, costretto a portare con sé in Baviera il figlio Seraphin, ma il personaggio che nel corso della vicenda cresce e si trasforma è un’altra donna, Sophie, che da semplice ragazza di servizio diventa astronoma e ingegnere.
Ci ritroviamo in un mondo pervaso da grandi passioni e grandi misteri; dove gli esseri umani sono mossi dal desiderio di libertà e dalla volontà di potenza e sul cui sfondo si affacciano civiltà antiche e progredite a un livello per noi inconcepibile.
È un mondo dove appare semplice separare i buoni dai cattivi, dove l’elegante mezzo di esplorazione spaziale si muta in prototipo per bombardieri, ma nonostante ciò si pensa che in fondo basta impedire il monopolio tecnologico per frenare la tentazione bellica – illusione velleitaria se mai ce ne fu una1 .
È un mondo nel quale il pensiero mitico cerca di liberarsi dall’abbraccio della modernità incalzante: l’aeromobile commissionato da Ludwig di Baviera ha forma di cigno, perché l’Imperatore pensa se stesso come Lohengrin – e qui Alice mette a frutto la propria passione per quella mitologia germanica, che già portò sulla tavola con il suo Siegfried – e vari sono gli accenni alla Tavola Rotonda, soprattutto alla purezza e semplicità di Perceval/Parsifal, che trovò il Graal perché in lui la fede era più forte della ragione.
È un mondo intessuto nella luce, nel quale come lettori ci aggiriamo sgranando gli occhi per ammirare la composizione delle tavole, che varia continuamente per assecondare il ritmo puntuale del racconto, dando spazio a panorami che possiedono il livello di definizione propria delle fiabe o a una molteplicità di vignette diseguali, che allargano e restringono il campo visivo fino al dettaglio dei volti, sempre mirando a portare alla superficie i sentimenti dei personaggi.
E infatti gli sguardi sono il singolo elemento che più contribuisce alla forza emozionale del racconto, più ancora delle grandi visioni offerte dal viaggio verso e attraverso la Luna, più ancora degli eleganti edifici, della miriade di meccanismi e dello stesso aeromobile a forma di cigno. Questo perché proprio attraverso gli sguardi dei personaggi fluiscono la meraviglia e le emozioni, la vita stessa che percorre l’avventura tutta.
Dallo sguardo di Claire, che nella tavola iniziale saluta figlio e marito prima di decollare in cerca dell’etere (Fig. 4), fino a quello di Sophie, che nell’ultima tavola indica la prossima meta – perché sì, la saga continua oltre questo arco narrativo e in Francia sono usciti i primi albi dell’arco successivo, Les Chevaliers de Mars.
La conclusione dell’albo è quindi l’invito a un’altra avventura che è immediato interpretare, prendendo a prestito le parole che Sophie rivolge ad Archibald in un momento decisivo, come una fuga dal mondo, dal presente e dalla Storia.
Chiudiamo segnalando che il volume è introdotto da un’intervista di Thomas Harston ad Alex Alice e da alcuni disegni preparatori e che chi volesse godere ancora meglio delle immagini può fare un pensiero all’edizione francese in Grand Format, ca. 38×29 (l’edizione Mondadori è ca. 20×27).
Riferimenti:
Il sito dedicato all’opera;
Il blog di Alex Alice;
La pagina dedicata all’opera sul sito dell’editore francese Rue de Sèvres.
Abbiamo parlato di:
Il castello delle stelle – 1869: la conquista dello spazio
Alex Alice
Traduzione di: Camilla Diez
Mondadori, 2017
165 pagine, colori, cartonato – 24,00 €
ISBN: 978880468371
A memoria, contiamo solo il caso del fisico Klaus Fuchs, che passò all’URSS i progetti per la bomba atomica e di quella all’idrogeno, coronato da successo ↩