Topolino libretto: 70 anni di storia a fumetti
Come molti appassionati disneyani, questa mattina, prima di andare a lavoro, mi sono diretto in edicola per acquistare Topolino #3306, presentato per l’occasione in una veste da festa. Oltre al numero, la cui splendida copertina di Giorgio Cavazzano reinterpreta quella del mitico numero 1 del libretto, con le storie e pieno di testimonianze di vari giornalisti1, c’era abbinato anche un altro albetto con la stessa foliazione pieno di redazionali sulla storia della rivista2. Curato dalla redazione con la collaborazione di Luca Boschi, sembra proporre un testo più snello e meno pesante rispetto a quelli che ultimamente ha proposto lo stesso Boschi su varie riviste disneyane e non.
Questo albetto, 10 anni di Topolino, ha riscosso immediatamente la mia attenzione, così ho iniziato a leggerlo prima del numero stesso, confermando la decisione di proporre per questo particolare compleanno la mia versione della voce Topolino (fumetto) sulla it.wiki:
Topolino giornale
Il successo di Topolino, ideato da Walt Disney e Ub Iwerks e che aveva esordito poco più di 90 anni fa, è tale che nel 1932 viene assegnato a Disney uno speciale Oscar per la creazione del personaggio. La notizia ha ampio risalto sui principali giornali di tutto il mondo, inclusa l’Italia. IL crescente interesse sul personaggio spinge quindi Giuseppe Nerbini, edicolante ed editore fiorentino, a dedicare un intero giornale illustrato al nuovo “eroe dei ragazzi“.
Così, nel Natale del 1932 fa il suo ingresso nelle edicole italiane una nuova pubblicazione, dal titolo Topolino, anticipando di appena un mese la prima pubblicazione americana, il Mickey Mouse Magazine edito da Herman Kamen nel formato digest che più tardi sarebbe stato ripreso proprio dalla versione “libretto” della testata italiana. La rivista di Kamen, però, veniva distribuita solo nei grandi magazzini o nelle sale che proiettavano i film: la diffusione avviene solo a partire dal 1935.
Nel frattempo in Italia, sulla falsa riga del celebre Corriere dei Piccoli, anche Topolino si presenta ai lettori con periodicità settimanale e si apre con una breve storia in cui le didascalie sono scritte in rima e realizzata da Giove Toppi, che in qualche modo possiamo considerare come il precursore della scuola disney italiana.
Sul settimanale della Nerbini trovano spazio soprattutto le strisce e le tavole realizzate da Floyd Gottfredson, mentre il primo episodio in assoluto del Topolino dei fumetti, realizzato dai suoi creatori con la collaborazione di Win Smith e la cui prima striscia viene pubblicata sui quotidiani statunitensi il 13 gennaio del 1930, verrà proposto da Nerbini solo nel 1934, sul Supplemento al giornale, con il titolo di Le audaci imprese di Topolino nell’isola misteriosa. L’edizione italiana ha, però, una particolarità rispetto all’originale: si avvale infatti dell’opera di Giorgio Scudellari, illustratore di origine cilena, che corregge alcuni errori e incongruenze presenti nell’originale.
Il primo numero, invece, propone ai lettori italiani Le grandi avventure di Topolino e Topolina nel West, tratte dalle tavole domenicali The Lair of Wolf Barker e scritte da Ted Osborne per i disegni di Floyd Gottfredson e le chine di Al Taliaferro e Ted Thwaites. In queste storie vengono anche introdotte delle didascalie in rima, scritte dal primo direttore della rivista, Paolo Lorenzini, il nipote del più famoso favolista italiano, Collodi, e viene anche assegnato il nome definitivo alla spalla di Topolino, ovvero quel Pippo un po’ lunatico e un po’ svampito che sui libri della Salani veniva ancora chiamato Medoro. La differenza di nome, però, non è solo italiana: anche negli USA Pippo ebbe due nomi: Dippy tha Dawg agli esordi, per poi diventare Dippy the Goof e finalmente Goofy.
Purtroppo Nerbini non si era assicurato correttamente i diritti di pubblicazione: quando aveva varato la sua rivista, infatti, si era rivolto al Consorzio Cinematografico E.I.A., il distributore dei cortometraggi di Topolino, quando in realtà i diritti per le riviste erano stati dati in mano al giornalista Guglielmo Emanuel dallo stesso Disney. Per cui, per alcuni numeri, la testata passò da Topolino a Topo Lino, per poi riprendere il nome d’esordio con il n.7.
Il formato orizzontale
La storica testata che presentava in un unico numero delle lunghe saghe avventurose, gli Albi di Topolino, venne varata proprio da Nerbini. Il primo formato della rivista è quello orizzontale, che consentiva di presentare le strisce in maniera fedele all’edizione originale, senza dover rimontare le vignette.
La collana fa il suo esordio con Topolino contro Wolp, oggi considerato una sorta di Gronchi Rosa, di cui sembra ci siano in giro appena dieci, forse quindici esemplari in tutto.
Questa rivista, comunque, fece storia e non solo Mondadori, ma anche altri editori amatoriali, su tutti la Comic Art, spesso riproponendo le storie classiche di Topolino, scelsero proprio questo formato orizzontale.
L’era Mondadori
Il numero 137 del Topolino giornale, dell’11 Agosto 1935, segna il passaggio di consegne da Nerbini alla Mondadori. L’editore milanese non cambia la linea editoriale di Nerbini e anzi, battendo la strada già tracciata, rinforza le edizioni dedicate a Topolino e al resto della banda Disney.
Prima fra tutte è la collana Nel regno di Topolino, il primo comic book per formato al mondo dedicato al personaggio di Disney, nato ancor prima dei veri e propri comic book all’americana. Presentava le storie quotidiane e settimanali in un unico albo e rimontate nel tipico formato di albi come Four Colors o Walt Disney’s Comics and Stories, con una copertina di fattura italiana, per la precisione opera di Antonio Rubino.
Sempre Rubino era l’artefice della grafica di un’altra collana Mondadori, che esordiva il 28 marzo del 1935, appena cinque mesi prima del passaggio di consegne: I tre porcellini, ispirata all’omonimo corto animato del 27 maggio 1933, e che servì all’editore come trampolino di lancio per avvicinarsi ai diritti del personaggio principale della scuderia Disney.
In quegli stessi anni, però, le iniziative con Topolino protagonista erano molte: soprattutto gli editori Frassinelli di Torino e Salani di Firenze gli dedicarono alcuni libri: in particolare quest’ultimo vara la versione italiana, in cinque volumi, della raccolta Big Little Books. Ogni volume, di circa 300 pagine, raccoglie dei racconti che alternano alle pagine di solo testo altre di sole illustrazioni tratte dai fumetti.
La crisi sotto la guerra
Il rapporto tra Walt Disney e Arnoldo Mondadori è molto stretto (durerà oltre trent’anni), improntato sulla fiducia e il rispetto reciproco, e soprattutto è molto proficuo per entrambi. Con l’avvento del fascismo, però, iniziano i primi problemi. Dal 1938, infatti, il Ministero della Cultura Popolare impone alla stampa una serie di dure restrizioni, prima fra tutte quella di non editare più i protagonisti del fumetto popolare americano. Il solo Topolino è risparmiato, e così il suo logo e il suo personaggio possono continuare ad esistere nelle edicole italiane, ma in piena seconda guerra mondiale, a partire dal n.476 del 27 gennaio 1942, anche il settimanale è costretto a cedere alle restrizioni.
Lo sostituisce Tuffolino, un ragazzetto dalle medesime caratteristiche fisiche, disegnato dal grande illustratore Pierlorenzo De Vita, che sarebbe poi diventato uno dei disegnatori di punta del nuovo Topolino. La crisi, e la momentanea sostituzione, però, non evita la sospensione della testata, che avviene con il n.564 del 21 dicembre del 1943, per poi riprendere a guerra conclusa il 15 dicembre del 1945.
E finalmente il Topolino libretto
La storia e la fortuna della testata non è da ascriversi al formato giornale, che ha il merito di aver fatto conoscere e diffondere nel nostro paese i personaggi Disney, ma al formato libretto, ben più maneggevole del primo.
Alla fine degli anni Quaranta, infatti, i giornali a fumetti che pubblicavano storie a puntate di non più di due tavole per episodio era irrimediabilmente in crisi, e così lo stesso Topolino, le cui vendite erano di gran lunga calate rispetto al periodo d’oro. Mondadori, però, non poteva rinunciare alla rivista da edicola per non perdere i ricchi diritti delle pubblicazioni da libreria, così decise un doloroso ma necessario cambio di formato e periodicità.
A quel tempo (siamo nell’ottobre del 1948), infatti, l’editore dava alle stampe la Selezione dal Reader’s Digest, e utilizzava appositamente una nuovissima e costosissima macchina, che restava inutilizzata nei lunghi periodi di attesa tra un numero e l’altro. Inevitabile, quindi, l’idea di utilizzare la macchina anche per produrre il nuovo Topolino, che ne ricalcherà, così, il formato (12,5 × 18 centimetri) e tutti i successivi cambiamenti (aumenti di pochi centimetri nelle dimensioni, il passaggio dalla spillatura alla brossura, cambi nel tipo di carta impiegata).
L’aprile del 1949 è così un nuovo, importante punto di inizio: ampiamente pubblicizzato sugli ultimi due numeri del giornale, il 737 e il 738, tornava nelle edicole, con un nuovo numero 1, Topolino, questa volta un mensile di 100 pagine di storie esclusivamente disneyane, al prezzo di 60 lire, anziché le 15 lire l’uno per ogni numero del precedente settimanale.
La formula, però, quando venne annunciata, fece storcere il naso ai vecchi appassionati, e anche all’allora direttore, Mario Gentilini, che però realizzò un bellissimo primo numero. Il sommario d’esordio del libretto, infatti, conteneva l’ultima puntata di Topolino e il cobra bianco, di Guido Martina e Angelo Bioletto; quindi Eta Beta l’uomo del 2000, la storia di esordio di Eta Beta, scritta da Bill Walsh per i disegni di Floyd Gottfredson; quindi ben tre storie di Carl Barks: Paperino milionario al verde, con il cugino Bambo (uno dei primi nomi italiani di Gladstone Gander prima del definitivo Gastone), Pluto salva la nave, realizzata con Nick George e Jack Hanna, e la fondamentale Paperino e il segreto del vecchio castello, ovvero la seconda apparizione barksiana di Paperon de Paperoni, che risulta ancora vagamente tratteggiato.
Il sommario viene poi completato da Le storie dello zio Remo – Coniglietto e l’arcobaleno d’oro, di George Stallings e Dick Moores, con protagonisti i personaggi animati del film I racconti dello zio Tom; Buci e le pulizie di primavera, di Don Gunn, con protagonista la coccinella Buci (Bucky Bug), che aveva esordito in Italia sul primo numero del Topolino giornale; Il piccolo Lupo Mannaro e Capuccetto Rosso, di Carl Buettner, dove il protagonista (ovvero il piccolo Lupo Mannaro) altri non è che Lupetto, il figlio di Ezechiele Lupo, l’avversario dei Tre Porcellini nell’omonimo cortometraggio; tutta una serie di rubriche, scritte principalmente da Guido Martina, a quel tempo, in pratica, unico sceneggiatore Disney a lavorare per Mondadori.
Infine la copertina: l’immagine di apertura era un Topolino in alta uniforme tratto dal Walt Disney’s Comics and Stories del giugno 1941, presumibilmente in cima alla parata dei personaggi disney al gran completo, con Minni in quarta di copertina, tratta, questa volta, da Four Color Comics e opera di Ken Hultgren; in alto a sinistra, poi, sotto l’indicazione del mese e dell’anno, c’era la dicitura Vol. I. All’inizio della sua avventura, infatti, il libretto era pensato come una raccolta di sei numeri, chiamati fascicoli, e con numerazione delle pagine continua da un numero a un altro, realizzando, così, alla fine di un semestre, una sorta di volume disneyano, più o meno nello stile dei journal anglosassoni, ovvero le riviste che pubblicavano gli articoli scientifici e che successivamente divenne standard anche in ambiti più popolari.
Storie italiane
Il Topolino libretto si caratterizza, come già dal suo esordio, per presentare un sommario ricco di storie d’oltreoceano di maestri come Gottfredson e Barks, ma anche per la realizzazione di storie completamente concepite e realizzate nel nostro paese. A queste si affiancano anche le copertine realizzate in maniera originale o, in alcuni casi, come ricalchi di copertine e illustrazioni di altri artisti, da disegnatori come Ambrogio Vergani, Michele Rubino e lo stessi Mario Gentilini, direttore della testata. La prima storia italiana, dopo la conclusione del Cobra bianco è una delle Grandi Parodie Disney tipica della scuola italiana: sul numero 7, per i testi di Martina e i disegni di Bioletto, inizia L’Inferno di Topolino, in cui viene fatto interpretare ai personaggi Disney l’Inferno dantesco.
Martina e Bioletto, comunque, sono solo gli apripista di una scuola che vedrà nelle sue fila artisti del calibro di Ennio Missaglia, Abramo Barosso, Luciano Bottaro, Romano Scarpa, e molti altri, e che porterà l’Italia a diventare il maggior produttore di storie disneyane al mondo.
Nella lunga storia editoriale della testata si potranno trovare diversi modelli stilistici. Da quello di Martina, seguito da Missaglia, Barosso, Dalmasso, caratterizzato da dialoghi crudi e atmosfere da noir, a quello di Carlo Chendi, che pur riprendendo in parte lo spietato Paperone martiniano e il suo sfaticato nipote Paperino, inizia ad approfondire i personaggi sulla falsariga del lavoro di Barks, inserendo, più spesso di Martina, delle situazioni comiche e leggere nelle sue storie.
I grandi maestri del disegno, invece, contano pilastri come Giovan Battista Carpi, che ha influenzato una gran mole di giovani artisti, Luciano Bottaro, che ha fuso nel suo personalissimo stile gli insegnamenti di Gottfredson, Braks e Biletto, Romano Scarpa, che grazie anche al suo doppio ruolo di scrittore e disegnatore ha dato un po’ di respiro allo stressatissimo Martina, per arrivare ai più giovani Giorgio Cavazzano, che oggi oltre a poche storie complete ci regala sempre delle splendide copertine, sia su Topolino sia sui Grandi Classici Disney, e Massimo De Vita, figlio di Perlorenzo: tutti insieme questi artisti hanno creato una scuola che ha influenzato giovani leve come Alessandro e Lorenzo Pastrovicchio, Giorgio Di Vita, Alessandro Barbucci, Fabio Celoni, Casty giusto per citarne alcuni.
Se siete arrivati a leggere fino a qui, non posso fare altro che ringraziarvi: ci sarebbe da scrivere ancora molto e molto altro in una storia lunga settant’anni e lo stesso articolo che qui ho ripreso non era che una parte molto piccola e riassuntiva di questa storia. Le fonti di quanto narrato, non avendole segnate in maniera puntuale all’epoca della sua scrittura, sono state molto probabilmente il volumone Speciale Topolino 2000, dedicato al 2000.mo numero del libretto, e il sito del Papersera, che ha un ricco apparato storico.
Per cui non mi resta che concludere con un Buon compleanno, Topolino!
Personalmente penso che al massimo in due leggano ancora Topolino, Vincenzo Mollica e Marco Iafrate, che peraltro cura i contenuti di Paper Fantasy ↩
L’idea generale della proposta, ad ogni modo, sembra richiamare alle direzioni di Mario Gentilini e Paolo Cavaglione per cui molto vicina ai lettori che erano bambini tra i 20 e i 30 anni fa, all’incirca oggi genitori degli attuali potenziali lettori di Topolino. E’ indubbiamente una mossa editoriale rischiosa che però potrebbe pagare, coinvolgendo i bambini attraverso i genitori. ↩